Filippo II
e i primi missionari agostiniani

L’agostiniano Andrés de Urdaneta scopritore della principale rotta fra Messico e Filippine
07 aprile 2021

Domenica 14 marzo, Papa Francesco, in occasione del 500° anniversario dell’ingresso nelle Filippine dei primi missionari (1521-2021), ha celebrato la messa di ringraziamento nella basilica vaticana di San Pietro. Con lui ha concelebrato il cardinale Luis Antonio G. Tagle, filippino, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. Era presente la comunità filippina. Il porporato, rivolgendosi al Santo Padre ha detto tra l’altro: «Le portiamo qui l’amore filiale dei filippini delle 7.641 isole del nostro Paese. Ci sono più di dieci milioni di migranti filippini che vivono in quasi cento Paesi del mondo. Sono uniti a noi questa mattina».

La Conferenza episcopale delle Filippine, dopo un periodo novennale di preparazione, ha indetto l’anno speciale celebrativo che si concluderà il 22 aprile 2022, in coincidenza con il secondo Congresso missionario nazionale a Cebu City. La Chiesa nelle Filippine conta oggi più di ottanta milioni di cattolici, su una popolazione che supera cento milioni di abitanti. Per numero di cattolici è il terzo Paese al mondo, dopo il Brasile e il Messico.

L’esploratore spagnolo Ruy López de Villalobos, durante la spedizione che lo portò in quelle terre tra il 1542 e il 1546, assegnò il nome di “Filipinas” a due isole, Leyte e Samar, in onore dell’allora principe Filippo, successivamente re Filippo ii di Spagna dal 1556 al 1598. Il nome fu poi esteso a tutto l’arcipelago. La presenza agostiniana iniziò il 16 marzo 1521 con alcuni missionari eremitani spagnoli i quali presero parte all’esplorazione diretta da Ferdinando Magellano, navigatore portoghese al servizio della Spagna. La Domenica di Pasqua di quello stesso anno, il 31 marzo, ci fu la prima messa in terra filippina, e il successivo 14 aprile il primo battesimo nell’isola di Cebu. Il giorno di Pasqua, Magellano aveva fatto innalzare una Croce dinanzi alla quale i “re” delle isole avrebbero dovuto professare fedeltà e riverenza. Ma un re si rifiutò e per tale motivo il suo villaggio fu dato alle fiamme. Tale grave atto di violenza provocò una rivolta dei nativi nella quale Magellano fu ucciso. L’equipaggio e i missionari a stento riuscirono a salvarsi.

Il 24 settembre 1559 Filippo ii indirizzava una lettera al frate agostiniano Andrés de Urdaneta, il quale era stato capitano al tempo di suo padre Carlo, chiedendogli di far parte dell’esplorazione per scoprire “le isole del Ponente”. Scriveva nella lettera: «Poiché mi è stato riferito che conoscete quelle terre, come anche ciò che si riferisce alla navigazione in quei mari, e siete un buon cosmografo, sarebbe molto importante che voi foste su quelle navi, sia per ciò che concerne la stessa navigazione e sia per il servizio a nostro Signore». Filippo ii si rivolse anche al provinciale degli agostiniani in Messico, Alonso de la Veracruz, chiedendogli di inviare con Urdaneta altri agostiniani affinché iniziassero la cristianizzazione delle isole che sarebbero state scoperte. Nel Messico i religiosi agostiniani erano in buon numero. Tutto era iniziato nel 1527 con la delibera del Capitolo provinciale della Provincia di Castiglia di inviare missionari nel Messico, Nuova Spagna. Dopo un’intensa preparazione, sette religiosi si imbarcarono a Siviglia il 3 marzo 1533 e giunsero a Veracruz in Messico il 2 maggio successivo. Il cronista assicura che tutti e sette possedevano «grande dote di animo, e quasi tutti erano di provata santità». Gli invii di missionari dalla Spagna in Messico si susseguirono in modo costante negli anni successivi, tanto che nel 1562 il missionario Stefano di Salazar informava il generale dell’ordine, Cristoforo da Padova, che gli agostiniani nella Nuova Spagna «erano circa trecento, con circa cinquanta monasteri».

Nel 1560 il nuovo provinciale agostiniano del Messico, Agostino de Coruña, succeduto a Alonso de la Veracruz, rispondeva al re, unitamente a Urdaneta, ringraziandolo della fiducia e comunicandogli che accettavano l’incarico. A capo della spedizione fu designato il capitano Miguel López de Legazpi, conterraneo e amico di Urdaneta, ma chi avrebbe dovuto «governare e dirigere il viaggio» — scriveva dal Messico il viceré Luis de Velasco a Filippo ii — doveva essere Urdaneta. In effetti fu quest’ultimo che ordinò di aumentare il numero delle navi previste dal progetto, portandole da due a sei. Quattro religiosi agostiniani, con l’Urdaneta come superiore, facevano parte della spedizione.

Il 20 novembre 1564 Urdaneta comunicava a Filippo ii : «La nostra partenza per le zone del Ponente avverrà, a Dio piacendo, domani. Mi accingo all’impresa con una grandissima fiducia che Dio nostro Signore e vostra Maestà saranno serviti molto bene in questo viaggio». La spedizione giunse all’isola di Cebu il 27 aprile 1565. Il 5 maggio dello stesso anno ebbe inizio la costruzione del primo convento, dedicato a Gesù Bambino in omaggio all’immagine che i missionari avevano trovato al loro arrivo e che nel 1521 era stata regalata dal cronista della spedizione di Magellano al re di Cebu e alla sua consorte. Nel viaggio di ritorno in Messico, pochi mesi dopo, Urdaneta tracciò la principale rotta marina tra le isole Filippine e Acapulco, conosciuta come “Rotta di Urdaneta”, che durante tre secoli le navi spagnole avrebbero seguito tra le due colonie.

Nel 1572 Giovanni Pacheco, rappresentante di Filippo ii nelle Filippine gli scriveva: «I religiosi dell’ordine di Sant’Agostino, che risiedono in cinque monasteri esistenti in queste isole, hanno lavorato alla conversione dei nativi con molto zelo, e nostro Signore è stato servito bene, poiché, mediante la predicazione del vangelo fatta da detti religiosi, moltissimi indios si sono convertiti». Nel 1573 il generale dell’ordine agostiniano, Taddeo Guidelli, costituiva in Provincia autonoma i religiosi presenti nelle Filippine.

Filippo ii apprezzò i progressi fatti nell’evangelizzazione per opera dei missionari, e quando il Consiglio di Stato gli suggerì di abbandonare per gravi motivi economici le Filippine, egli si oppose motivando la sua decisione con le parole «perché non si perdano i molti cristiani che vivono in quelle terre e il frutto che la fede ha prodotto».

Nel 1575 quaranta agostiniani s’imbarcarono a Siviglia per il lontano arcipelago sotto la guida di Diego de Herrera. Fu lui a chiedere a Filippo ii che, siccome la messe era molta per gli agostiniani, «venissero altri operai a lavorare con loro». Il cronista cita il testo di san Luca, 5, 7: «Et annuerunt sociis qui erant in alia navi, ut venirent et adiuvarent eos». Nel 1577 giunsero i primi francescani, nel 1581 i gesuiti, nel 1587 i domenicani e nel 1602 gli agostiniani recolletti.

Nel 1594 vi erano trentacinque conventi agostiniani distribuiti in varie isole. Insieme alle altre famiglie religiose che si erano aggiunte a loro nell’apostolato, portarono nelle Filippine il modulo di vita religiosa che avevano vissuto nelle loro province religiose. Il cronista annota: «Tutto quello che si dice sia stato fatto dai nostri padri — il metodo, le norme, la dottrina che si riferisce agli indios, sia nell’amministrazione dei santi sacramenti, sia nel governo degli indigeni — è stato introdotto anche nelle Filippine; e come tale lavoro fu impiantato, così è cresciuto e si conserva».

I missionari hanno avuto un ruolo di primo piano non soltanto nell’evangelizzazione dell’arcipelago, ma anche nella promozione umana, mediante la formazione umanistica e tecnica, con l’istituzione di scuole a ogni livello e università, come anche con la realizzazione un po’ ovunque di centri di assistenza.

di Gioele Schiavella