Dalla lettera di Giovanni Paolo II a oggi

Arte, fede
e le forbici della censura

 Arte, fede  e le forbici della censura   QUO-078
07 aprile 2021

Il tema della censura per anni è stato centrale nel dibattito cinematografico ma adesso siamo arrivati ad una svolta. Il ministro Dario Franceschini ha annunciato la riforma del sistema italiano. D’ora in poi, come già avviene negli Stati Uniti, saranno gli operatori cinematografici (produttori e distributori) a stabilire la classificazione dei film. Lo Stato, ha detto Franceschini, non interverrà più sulla libertà degli artisti.

È un bellissimo traguardo. La censura cinematografica era nata già vecchia al momento del suo debutto. Il fatto artistico, diceva un magistrato dotato di ironia, è preterintenzionale e la creatività emerge quasi indipendentemente dalla volontà del singolo. Lo aveva scritto Giovanni Paolo ii nella lettera agli artisti del 4 aprile del 1999: «Nessuno meglio di voi artisti, geniali costruttori di bellezza, può intuire qualcosa del pàthos con cui Dio, all’alba della creazione, guardò all’opera delle sue mani. Una vibrazione di quel sentimento si è infinite volte riflessa negli sguardi con cui voi, come gli artisti di ogni tempo, avvinti dallo stupore per il potere arcano dei suoni e delle parole, dei colori e delle forme, avete ammirato l’opera del vostro estro, avvertendovi quasi l’eco di quel mistero della creazione a cui Dio, solo creatore di tutte le cose, ha voluto in qualche modo associarvi».

Intorno alla posizione della cultura cattolica sul tema della censura invece c’è sempre stata molta confusione, come se i credenti fossero interessati alla sua difesa. La storia invece è diversa. Eccola. Nel 1997, più di ventitré anni fa, l’Ente dello Spettacolo lanciò l’idea di un evento culturale dedicato al «Tertio Millennio». Sulla base di un progetto di Claudio Siniscalchi e con la competenza organizzativa di Marilia D’Addio (allora vicepresidente dell’Ente dello Spettacolo) nacque così il primo festival cinematografico organizzato insieme con il Vaticano. Lo scopo era quello di costruire un nuovo ponte di dialogo fra la cultura cattolica e la cultura laica. Memorabili furono alcuni incontri come quello fra il cardinal Poupard e il regista Bernardo Bertolucci. «Ci interessa il dialogo con le forze oneste della cultura laica sui grandi temi della vita reale. Non ci interessano gli steccati», dicevano in quegli anni gli organizzatori del festival. La storia del rapporto fra i cattolici e il mondo del cinema veramente deve essere ancora scritta. Ci limitiamo, in questa sede, a dire quale fu il contributo dato al dibattito sulla censura.

Negli stessi anni del festival «Tertio Millennio», l’Ente dello Spettacolo, insieme con il potente Sindacato dei Critici Cinematografici Italiani presieduto allora da Lino Miccichè (era considerato un autentico mangiapreti) diede vita ad un importante momento di riflessione culturale sull’abolizione della censura. L’obiettivo era esattamente quello che oggi è stato finalmente raggiunto dal ministro Franceschini: togliere allo Stato le forbici della censura e affidare l’intera responsabilità agli operatori del cinema. Parteciparono i vertici dell’Anica, la Confindustria del cinema e dell’audiovisivo, e alcune importanti associazioni di genitori cattolici. Il progetto venne poi ripreso, qualche anno dopo, dal ministro Giuliano Urbani.

Adesso, dopo più di vent’anni, siamo arrivati finalmente al varo della riforma. I cattolici hanno provocato e hanno incoraggiato questo dibattito. «L’evangelizzazione ha bisogno dell’arte — dicevano più di venti anni fa all’Ente dello spettacolo — Per troppo tempo gli intellettuali di fede invece sono stati investiti di un ruolo non proprio. Il mondo ha lasciato alle numerose associazioni religiose il compito oscuro e ingrato dei controllori. Per anni il sistema ha goduto così di un’insperata impunità e ai cattolici veniva lasciato il ruolo peggiore, quello dei censori. Come nel racconto delle due sorelle, Marta e Maria. La prima sceglie il compito scomodo dei lavori domestici. La seconda, invece, è ai piedi di Gesù per adorarlo. È successo lo stesso per il cinema. Dopo essere stata per secoli uno dei più generosi Mecenati dell’arte mondiale, la cultura cristiana, di fronte all’esplosione dei mass media, si è distratta e ha cominciato a rassettare le masserizie.

La comunità dei fedeli al contrario ha la necessità storica di condividere la forza luminosa della Rivelazione con la fantasia creativa degli artisti. La censura è un ostacolo alla comunione fra arte e fede. Pornografia, violenza ed iniquità d’altra parte rappresentano un danno sociale e culturale per tutti, non solo per la comunità dei credenti.

Il cattivo uso dei media danneggia l’intera comunità ed è quindi ora che sia la società laica a prendersi le proprie responsabilità contro coloro che deliberatamente delinquono contro il progresso e la civiltà. Solo così alla fede potrà essere finalmente restituito il “sorriso dell’arte”. Rileggere oggi quei documenti getta una nuova luce sulla storia dei cattolici nel cinema.

di Andrea Piersanti