La lettera-testamento
12 aprile 1961: il primo viaggio nello spazio

Cara Valjuša, questa è storia

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06 aprile 2021

«Prenditi cura, per favore, delle nostre bambine, amale come io le amo»


Questa lettera fu scritta da Jurij Gagarin due giorni prima del volo nello spazio del 12 aprile 1961 a bordo della capsula Vostok 1. Lo scritto doveva essere consegnato alla moglie Valentina nel caso qualcosa fosse andato storto nel viaggio. In realtà la missione ebbe un esito positivo e, dopo un’ora e 48 minuti di volo, Gagarin ritornò sulla terra atterrando nella regione di Saratov a circa 850 chilometri a sud est di Mosca e la lettera non fu recapitata ai familiari. Tuttavia quello che era il suo testamento spirituale fu consegnato alla moglie sette anni dopo, il 27 marzo 1968, quando il pilota perse la vita in un incidente aereo mentre stava collaudando un piccolo caccia. In questa toccante lettera d’addio — tradotta dal russo da chi scrive — ci sono parole molto forti sull’impegno dell’uomo nella vita che vale la pena riprendere, proprio facendo memoria di quel primo viaggio dell’uomo nello spazio. (lucio coco)


Salve, mie care, ardentemente amate Valečka, Lenočka e Galočka! [sono i diminutivi di Valentina, la moglie, e Elena e Galina, le sue due figlie (ndt)]! Ho deciso di scrivervi alcune righe per parteciparvi e condividere insieme a voi la gioia e la felicità che mi sono toccate oggi. Oggi la Commissione governativa ha deciso di inviare me per primo nello spazio. Sai, cara Valjuša [altro diminutivo di Valentina (ndt)], quanto io sia felice, e vorrei che anche voi foste felici insieme a me. A una persona comune hanno affidato una così grande missione di Stato: tracciare la prima strada nello spazio! Si potrebbe sognare qualcosa di più? Sì, questa è storia; questa è una nuova era. Tra un giorno devo partire. Voi nel frattempo sarete impegnate nelle vostre attività. Sulle mie spalle pesa un grande compito. Avrei voluto prima stare un po’ con voi, parlare con te. Ma, purtroppo, voi siete lontano. Nondimeno io vi sento sempre accanto a me. Io ho completa fiducia nella tecnica. Essa non deve deludere. Ma può capitare che una persona cada in un luogo piano e si rompa l’osso del collo. Anche in questo caso può succedere qualcosa. Io stesso però non credo a questa eventualità. Tuttavia se dovesse succedere qualcosa, io prego voi e, in primo luogo, te Valjušca di non farti vincere dal dolore. Perché la vita è la vita e nessuno ha la garanzia che domani non lo investa una macchina. Prenditi cura, per favore, delle nostre bambine, amale come io le amo. Tirale su, ti prego, non come delle scansafatiche, come delle viziate, ma come delle persone vere a cui le asperità della vita non fanno paura. Cresci delle persone degne della nuova società comunista. In ogni caso, vivi la tua vita come la coscienza ti suggerisce, come ritieni necessario. Non ti impongo nessun obbligo, e non ho il diritto di farlo. La lettera sta risultando troppo triste. Non ci credo neppure io. Spero che tu non la veda mai. Io avrò vergogna di me stesso per questa debolezza passeggera. Ma se dovesse accadere qualcosa, dovresti sapere tutto fino alla fine. Io ho vissuto con onestà, con sincerità, a vantaggio della gente, anche se questo non è stato grande. Quando ero ancora piccolo, ho letto le parole di V.P. Čkalov [un pioniere dell’aviazione sovietica, ndt]: «Se devo esserci, devo essere il primo». Ecco anch’io cercherò di essere così e di esserlo fino alla fine. Vorrei, Valečka, dedicare questo volo alla gente della nuova società comunista, alla quale anche noi aderiamo, alla nostra grande Patria, alla nostra scienza. Spero, tra qualche giorno, di essere di nuovo insieme, felici. Valečka, per favore, non dimenticare i miei genitori; se ne avrai la possibilità, aiutali. Porgi loro da parte mia un grande saluto: che mi perdonino del fatto che non hanno mai saputo niente di tutto questo; non era bene per loro saperlo. Ecco, mi sembra che sia tutto. Arrivederci, mie care.

Fortissimamente vi abbraccio e bacio, con un saluto, vostro papà, Jura. 10-04-1961

di Jurij Gagarin

(traduzione dal russo di Lucio Coco).