Sulle potenti e delicate note

Con passo ritmico, cadenzato, senza eccessi e cedimenti in Il maestro e l’infanta (Milano, Neri Pozza, 2021, pagine 272, euro 18) Alberto Riva racconta prima ancora che un’epoca con le sue mille sfaccettature e contraddizioni, i suoi protagonisti, tanto emblematici quanto non abbastanza conosciuti.
Maria Barbara di Braganza, regina di Spagna al fianco di Ferdinando
Scarlatti aveva 35 anni e una certa tendenza al silenzio quando raggiunse la corte di Portogallo e Algarve, compose in pochi giorni una serenata per la regina Marianna d’Asburgo; «ha annotato quella melodia mentre soggiornava (...) in una locanda ligure, spesso della melodia il risultato finale non serberà traccia, come fa la farfalla con la crisalide. Eppure tutto è nato dalla crisalide e quando il maestro… la sente sotto la punta del pennino, la ferma». Così compone Scarlatti, che in pochi anni offusca la notorietà di suo padre Alessandro. Uomo mite e tormentato, sobrio e ribelle, marito premuroso ma infedele suo malgrado.
Maria Barbara, invece da bambina taciturna e schiva, «così sfuggente dietro quell’inutile e sgraziato sorriso» e felice solo con il suo pappagallo dal nome stravagante, Renato De Souza, appollaiato sulla sua spalla, si trasforma in regnante decisa e perentoria, amante dell’arte e della cultura, in conflitto celato con una suocera ingombrante come Elisabetta Farnese. Riva compone il libro con una precisione quasi geometrica, alterna le sequenze descrittive a quelle riflessive e dialogiche come se utilizzasse degli assi cartesiani. Scava con precisione nella psicologia di tutti i personaggi, anche quelli che entrano come da quinte immaginarie e con disinvoltura conquistano la scena. Da Carlo Broschi in arte Farinelli, che con lucida passione e voce soave riesce a far sì che Filippo
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