Pilato

L’autorità che uccide

 L’autorità che uccide L’autorità che uccide  QUO-075
02 aprile 2021

La vita di Pilato si riassume in un gesto, tanto impresso nella nostra coscienza da essere entrato nel linguaggio comune: lavarsene le mani. Non importa se del procuratore di Giudea si possa sul piano storico conoscere di più. Non un libro di storia, infatti, ha conservato il suo nome, ma quelli che chiamiamo Vangeli. In essi ci raggiunge una buona notizia, la proclamazione di un nuovo inizio. È di questo inizio che Pilato si lava le mani. Paradossalmente, lasciando che uno dei più innocui e marginali degli uomini da lui condannati trasformi la sua irresponsabilità in un’assunzione di responsabilità senza precedenti. A differenza di Pilato, infatti, Gesù fa tutto ciò che può: senza più parole agisce, imprimendo alla realtà intera una svolta.

Per questo la politica centra: è scritto sopra la croce. Qui si tratta di chi sia re, di cosa sia potere. E noi, se vogliamo non si attenui l’impatto di tanta bellezza sul nostro mondo in crisi, occorre che non spiritualizziamo troppo ciò che la Settimana Santa ci consente di rivivere. Quando ci pare di essere allo sbando e vediamo i nostri Paesi mancare di veri leader, non dimentichiamo Pilato e portiamo lo sguardo su Gesù. Dal suo trono, la croce, cogliamo allora chi sia un leader, quale potere ci manchi. E quanto costi la dedizione a questa terra, alla nostra complicata umanità.

Molta stanchezza, molta sfiducia verso la politica nascono oggi dalla constatazione, che ha profonde radici emotive, che manchi qualcuno cui credere. Che occorra agire, rompere, cambiare e farlo in fretta, efficacemente, mossi da determinazione o, perché no, da una certa dose di ambizione. I primi discepoli hanno seguito per questo Gesù, attratti o chiamati da colui che stupiva tutti per l’autorità con cui faceva nuove le cose di sempre. «Mai un uomo ha parlato così» dicono nel quarto vangelo i soldati che tornano senza essere stati capaci di mettergli addosso le mani. Eppure, anche il sistema democratico ha paura dell’identificazione del popolo in qualcuno. Ogni sistema, ogni establishment, in realtà, ha in orrore ciò che destabilizza l’ordine costituito. Pilato è perfetto per l’establishment: il modello di uomo che preferisce alla verità l’ordine, alla vita il controllo, al cambiamento la conservazione. I governi, le curie, gli equilibri internazionali si reggono sul grigiore di tanti Ponzio Pilato, cui è riconosciuto quel basso profilo che garantisce stabilità e compromesso.

Le sabbie mobili in cui si arena anche l’Italia migliore — la dinamicità della società civile, la politica di chi si rimbocca le maniche e pensa fra la gente, così come nella Chiesa il lavoro pastorale più audace e creativo — manifestano il timore che abbiamo del nuovo. Non quello sbandierato, ma quello che dalla realtà stessa viene a noi. Pilato ha visto Gesù, lo ha avuto di fronte e ha capito. Ha vacillato, ritirandosi. Noi soffriamo ugualmente di un logorio permanente, di interlocutori che sul più bello svaniscono, di intuizioni senza seguito, di decisioni dimenticate e doveri rimbalzati, di progettualità arenate. È tipico dell’autorità che uccide: disporre di potere viene a coincidere col non dover più rispondere di sé e delle proprie azioni. Questo è Pilato: chi conquista una posizione appare sciolto dal vincolo di rendere conto, può abdicare impunemente al compito assunto, può imputare ad altri il nulla di fatto, può smentire oggi quanto affermato ieri. Potere diviene sinonimo di privilegio e l’irresponsabilità il volto della stessa democrazia. Al limite, con qualche travestimento: burocrazia invece di responsabilità e appigli normativi a negare, almeno in superficie, l’arbitrio della forza.

La Settimana santa è per noi incontro con la vera forza. E per questo risurrezione. Sperimentiamo che modifica il mondo chi lo ama, non chi se ne lava le mani. Contemplare la sovranità di Gesù davanti a Pilato ci sprona ad assumere il nostro compito, a non delegare le piccole o grandi responsabilità che ci toccano, ad andare fino in fondo quando i compromessi non sono un modo di ospitare anche l’esigenza del fratello, ma strategie per far salva la pelle. Senza volerlo, i cristiani diventano leader ogni volta che la vita del Risorto opera attraverso di loro, vincendo le paure che portano ad abdicare e a mancare la propria stessa vita.

di Sergio Massironi