L’arcivescovo Paul R. Gallagher alla conferenza organizzata dall’Unione europea e dalle Nazioni Unite

Per la Siria non servono aiuti immediati ma soluzioni
di lungo termine

FILE PHOTO: A general view of al-Hol displacement camp in Hasaka governorate, Syria April 2, 2019. ...
31 marzo 2021

Pubblichiamo una traduzione italiana dell’ intervento tenuto il 30 marzo dall’arcivescovo Paul R. Gallagher, segretario per le Relazioni con gli Stati, alla conferenza online «Supporting the future of Syria and the Region» organizzata dall’Unione europea e dalle Nazioni Unite.

Eccellenze,

Distinti delegati,

Oggi siamo qui, ancora una volta, per riaffermare il nostro impegno verso il popolo della Siria. Ogni anno riconosciamo il bisogno urgente di trovare soluzioni tempestive e realizzabili a questa drammatica situazione. Siamo tutti ben consapevoli che il popolo siriano ha bisogno del nostro sostegno se deve ricostruire. Sappiamo che per aiutarlo a ritrovare la fiducia nel suo Paese e nel suo futuro l’unico rimedio è costituito da segni visibili di speranza e di solidarietà. Sono l’unico antidoto alla stanchezza e alla disperazione. E tuttavia, siamo di nuovo qui. È stato difficile, quasi impossibile, andare avanti. Come possiamo dare alla gente ciò di cui ha disperatamente bisogno? È questa la domanda pressante dinanzi alla quale ci troviamo oggi.

In questi dieci anni di conflitto in Siria, la Chiesa cattolica ha dato particolare importanza alla sua risposta ai bisogni umanitari della popolazione. Più di ottanta istituzioni cattoliche intervengono in diversi settori in solidarietà con molteplici attori e istituzioni in Siria e nei paesi limitrofi, impiegando circa 6.000 professionisti e oltre 8.000 volontari, che si aggiungono alla rete di sacerdoti e religiosi presenti nei vari territori. Gli aiuti umanitari per la regione non possono continuare a essere destinati solo a far fronte ai bisogni immediati. Oggi più che mai occorre realizzare programmi a medio e lungo termine per la riabilitazione, la pacificazione e lo sviluppo. Tali programmi sono necessari per ricostruire il tessuto sociale del paese e avviare la sua ripresa economica.

In dieci anni di conflitto la rete ecclesiale ha impegnato quasi 2 miliardi di dollari americani, destinati a raggiungere circa 4,5 milioni di beneficiari l’anno (di cui circa la metà, più di 2 milioni, nella sola Siria). Tuttavia, dinanzi ai bisogni e alle sofferenze immensi del popolo siriano, tutti questi aiuti sono una mera “condotta” d’acqua nel deserto, come ha riferito il cardinale Mario Zenari, Nunzio Apostolico in Siria, durante il suo incontro con il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede il 15 ottobre dello scorso anno.

Al momento l’aiuto della comunità internazionale continua a essere urgente e necessario, ma non è una adeguata soluzione a lungo termine. Vogliamo costruire la pace in Siria? Allora dobbiamo iniziare a indirizzare significativi e adeguati “canali” di risorse verso la costruzione di ospedali, scuole, case, fabbriche e la ripresa dell’economia. Le soluzioni esistono, ma la pace in Siria non si raggiungerà senza ricostruzione e senza una scossa per riavviare l’economia. Dobbiamo trovare un cammino per andare avanti.

«La pace non chiede vincitori né vinti, ma fratelli e sorelle che, nonostante le incomprensioni e le ferite del passato, camminino dal conflitto all’unità» ha detto Papa Francesco all’inizio di marzo in occasione della sua visita in Iraq, durante l’incontro interreligioso presso la Piana di Ur (Discorso di Papa Francesco all’Incontro interreligioso presso la Piana di Ur, sabato 6 marzo 2021).

Vorrei concludere, ancora una volta, ribadendo le parole più recenti dette da Papa Francesco lo scorso 14 marzo, quando ha fatto un appello per un decisivo e rinnovato impegno da parte della comunità internazionale, affinché quanti sono in conflitto depongano le armi e consentano che il tessuto sociale in Siria venga ricucito e la ricostruzione e la ripresa economica vengano avviate sul serio. Che l’indicibile sofferenza della nostra amata e martoriata Siria non venga dimenticata e che la nostra solidarietà ravvivi una nuova speranza (cfr. Angelus, 14 marzo 2021).