Spiritualità
«La morte mistica» di san Paolo della Croce

Con Gesù sul Calvario

San Paolo della Croce in un dipinto del XIX secolo
31 marzo 2021

Il piccolo trattato La morte mistica è un canto ardente d’amore sgorgato dalla penna del grande apostolo del Crocifisso, san Paolo della Croce, un gioiello luminoso che riproduce in sintesi i suoi principali insegnamenti spirituali. Nel secondo volume della sua opera monumentale dedicata al fondatore, il padre passionista Enrico Zoffoli ricorda che il santo compose questo testo per donarlo a suor Angela Maria Maddalena dei Sette Dolori, figlia del signor Stefano Cencelli, grande amico e benefattore dei passionisti. La giovane allora era novizia nel monastero delle carmelitane a Vetralla. Mentre si avvicinava l’anniversario della sua professione religiosa, ella ricevette una lettera datata 10 settembre 1762 da san Paolo della Croce che, fra l’altro, le scriveva: «Vorrei che lei leggesse spesso quella direzione della morte mistica, che io le mandai in quel libricciolo manoscritto, che so che molto le gioverà; ma non si ponga in fissazione di tutte quelle cose, ma faccia a poco a poco e prenda di mira quelle massime più necessarie di mano in mano, secondo le occorrenze.[…] Sia fedele nell’esercizio delle sante virtù, massime dell’umiltà di cuore, pazienza silente, mansuetudine e carità, ed amante molto del sacro silenzio, caritativa con tutte, ma confidenza particolare con veruna, sola, sola: Dio e non più. Morta sepolta agli occhi di· tutti, affinché Dio vi faccia santa grande, ma della santità segreta della Croce».

Nel 1764 suor Angela Maria Maddalena morì e le sue consorelle, dopo aver trascritto il testo per poter continuare a meditarlo, restituirono il prezioso documento originale ai passionisti del Monte Argentario. Il santo infatti desiderava averlo, per farlo leggere ai novizi. Una copia fu successivamente data alle monache passioniste di Tarquinia. Da qui il testo giunse nei monasteri delle passioniste a Mamers (in Francia), a Bilbao (in Spagna) e a Lucca. Infatti una grande religiosa passionista, madre Giuseppa Armellini del Sacro Cuore, la confidente e amica di santa Gemma Galgani, nel 1873 a Tarquinia lo aveva copiato a mano e nel 1905 lo aveva portato con sé a Lucca.

Oggi possiamo attingere a un’elegante edizione curata appunto dal monastero delle passioniste a Lucca che la prepararono per celebrare l’incontro di san Giovanni Paolo ii con le congregazioni claustrali dell’arcidiocesi, riunitesi nel santuario di santa Gemma Galgani il 23 settembre 1989. Il volume comprende: l’introduzione dell’allora arcivescovo di Lucca, monsignor Giuliano Agresti; la presentazione delle claustrali passioniste e di padre Vittorio Narducci; il contenuto integrale de La morte mistica di san Paolo della Croce; il commento teologico-spirituale del padre passionista Antonio Artola; la riproduzione fotografica della copia manoscritta eseguita da madre Giuseppa del Sacro Cuore; un’affascinante serie di tavole che illustrano i contenuti de La morte mistica, dipinte con intelligenza e sensibilità dal professor Luciano Bartoli; una preziosa bibliografia.

«La morte mistica — scriveva monsignor Agresti nell’introduzione — è una morte vitale con Gesù sulla Croce, una “morte d’obbedienza” nell’abbandono totale alla Volontà divina con l’esperienza del proprio nulla e del nudo patire. Il vertice della comunione d’amore del Crocifisso. Lui rende possibile e dolce un tale itinerario sublime. E se viene compiuto nella prospettiva luminosa della Risurrezione, è per la vita più piena e alta, è per la salvezza del mondo, per amare e aiutare l’uomo come Lui lo ha amato ed aiutato. Un cammino scosceso ed eroico non per distruggersi, il che è cristianamente incomprensibile, ma per farsi dono perfetto nella perfetta carità, pure per un mondo più umano».

In realtà la via che san Paolo della Croce svela nel suo prezioso libretto è precisamente la via della gioia e della pace del cuore, appunto perché è la via dell’amore puro, della donazione senza mezze misure, dell’abbandono fiducioso fra le braccia di Dio, della contemplazione innamorata del volto del Signore crocifisso e risorto. Perciò l’opera è ricca di consigli utili non solo per le claustrali, a cui innanzitutto il testo si rivolge, ma anche per quanti, catturati nel mondo dalla bellezza sempre nuova del Vangelo, sentono il bisogno di un’incessante conversione. Forse alcune espressioni a una prima lettura possono sembrare un po’ forti, ma l’autore desidera solo dare un aiuto concreto a chi lo legge, avvalendosi della sua ricca esperienza, e specialmente della sua profonda conoscenza dell’animo umano, da un lato, e dell’infinita misericordia di Dio, dall’altro. Appunto «all’àncora della potentissima sua misericordia» egli invita ad attaccarsi strettamente in ogni circostanza, e specialmente quando le tenebre interiori si fanno più fitte. Proprio allora è il momento di confidare maggiormente e di meditare di più sulla bontà di Dio. Mai diffidare della divina misericordia, raccomanda ancora il santo, perché «diffidando di essa, non faccia torto alla sua bontà tanto grande. Oh! Che bontà di Dio!».

Il testo scorre sotto forma di risoluzioni espresse in prima persona con massime intense e succose. Fra le righe talora si sente l’influsso di san Francesco di Sales, di san Giovanni della Croce, di Giovanni Taulero, ma il linguaggio è sempre quello tipico di san Paolo della Croce e rivela la sua ricca personalità, il suo temperamento affettivo e molto sensibile. Forse fu anche grazie al suo carattere così empatico, vibrante e generoso che egli riuscì a contemplare e a capire così profondamente la passione del Signore. Non a caso san Francesco di Sales nel Teotimo scrive che «il monte Calvario è il monte di chi ama».

Il tema della sequela del Signore crocifisso e risorto è il costante leitmotiv de La morte mistica. Solo con l’unione intima, piena di amore al Cristo sofferente, anche le pene del cristiano acquistano un senso, un orizzonte di luce e salvezza per sé e per il mondo intero. Perciò fra i propositi per suor Angela Maria Maddalena, nel quarto capitolo è scritto: «Procurerò a tutto mio potere seguire le pedate del mio Gesù. Se afflitta, abbandonata, desolata mi troverò, mi accompagnerò seco nell’Orto. Se disprezzata ed ingiuriata, mi accompagnerò nel Pretorio. Se depressa ed angustiata nelle agonie del patire, con fedeltà mi accompagnerò al Monte e con generosità alla Croce, colla lancia nel cuore. Oh! Che dolce morire!». Da ogni ferita del Signore crocifisso scendono fiumi d’amore per l’umanità assetata. E l’amore è l’unica legge del cristiano. «La carità — è scritto nel sedicesimo capitolo — ruba il cuore a Gesù. Con questo posso essere una grande santa. Sì, lo voglio essere». Il libro termina con parole piene di dolcezza, nella luce di Gesù «trionfante nel cielo», risorto e vivo: «Gesù sia sempre meco; Gesù, l’ultima mia parola sia il vostro Nome; Gesù, l’ultimo mio respiro sia il vostro Amore. Amen».

di Donatella Coalova