CANTI DI QUARESIMA
Il «Miserere» nella devozione popolare

Coinvolge chi canta
e chi ascolta

Una pagina del manoscritto  del «Miserere» di Francesco Scarlatti (XVIII secolo)
31 marzo 2021

Durante il periodo quaresimale uno dei momenti di maggiore devozione popolare è l’esecuzione corale del Miserere, il più conosciuto dei 7 salmi penitenziali della liturgia cattolica, segnato con il numero 50. In questo salmo il peccatore esprime il suo pentimento e invoca la misericordia divina. La tradizione giudaica ha posto il salmo sulle labbra di Davide, sollecitato alla penitenza dalle parole severe del profeta Natan che gli rimprovera l’adulterio compiuto con Betsabea e l’uccisione di Uria, suo marito.

Durante il periodo quaresimale il Miserere fa da sfondo a numerose celebrazioni penitenziali e viene eseguito durante le processioni del Venerdì santo. A cantare le varie parti del salmo in latino sono gruppi di cantori appartenenti a varie confraternite protagoniste dei rituali. A Chieti, a Latera (Viterbo), a Conversano (Bari) o in tanti centri della Sardegna (Santu Lussurgiu, Castelsardo), o ancora in tante altre città della Sicilia e di molte altre regioni italiane, ogni confraternita ha il suo modo originale di cantare il Miserere, che viene eseguito prevalentemente in forma polifonica da voci maschili.

A Sessa Aurunca viene cantato dai confratelli dell’Arciconfraternita del SS. Crocifisso durante tutto il periodo quaresimale, dalla sera del Mercoledì delle ceneri fino alla conclusione della processione del Venerdì santo. Si canta a tre voci: la prima “alta”, la seconda “media” e la terza “bassa”. I cantori si dispongono molto vicini accostando le loro teste, per fondere meglio le voci e ricercare il particolare suono “lamentoso” che dà il carattere penitenziale del canto. Si eseguono solo le 10 strofe dispari del salmo e ogni strofa, che in dialetto viene definita “botta” è suddivisa in cinque sezioni musicali. Il suono delle voci è struggente e armonico. Coinvolge chi canta e chi ascolta. Con il suo carattere dolente, ricco di melismi e sonorità arcaiche, produce un’intensa commozione spirituale che infonde nell’animo un forte senso di struggimento mistico. Durante l’esecuzione della “botta” le tre voci a tratti si fondono in una sola, per poi dividersi e rimescolarsi ancora, generando così un effetto di grande suggestione. Per raggiungere una tale perfezione esecutiva i tre cantori devono sottoporsi ad una raffinata preparazione vocale. Pertanto una volta costituito il trio, i cantori tendono a cantare sempre con la stessa formazione.

Negli ultimi anni questo canto sta vivendo una grande diffusione tanto che durante il periodo quaresimale molti dei nuovi trii formati da interpreti giovanili caratterizzano con la loro devozione tutta la vita della comunità, trasformando questa città antica, custodita da torri e campanili, in una simbolica Gerusalemme della Campania.

In occasione di questa Pasqua, ancora “silenziosa” e priva di celebrazioni liturgiche, la ricchezza di questo repertorio è testimoniata in un volume-disco appena pubblicato dalla Collana Nubes Finisterre che raccoglie documenti sonori, testi dei canti in latino, spartiti, disegni originali e alcuni saggi brevi dedicati al valore simbolico della riscoperta del Miserere. Un canto di “passione”, con cui per secoli tanti uomini hanno cercato quell’unione ideale, “carnale e spirituale”, al mistero della Croce, e che continua ancora oggi a catturarci con la sua forza rigenerativa che crea conforto, misericordia e fraternità.

di Ambrogio Sparagna