Primo centenario della nascita di Angelo Ubiali sacerdote e poeta

Quell’anelito
ad un’alba senza fine

Claude Monet, «Impressione, levar del sole» (1872)
27 marzo 2021

Il 21 marzo scorso è stata celebrata la Giornata Mondiale della poesia, e in questo stesso mese ricorre il primo centenario della nascita del poeta-sacerdote bergamasco, Padre Angelo Ubiali (nato il 9 marzo 1921). Muoiono i poeti, ma non la loro poesia. Se parlare dei poeti è sempre difficile, Alda Marini infatti diceva «Non cercate di prendere i poeti perché vi scapperanno tra le dita», parlare di un «prete-poeta» lo è ancor di più, perché presuppone la conoscenza non solo del mondo simbolico-poetico comune a tutti i poeti, ma anche quello speciale della poetica religiosa e soprattutto, per comprendere tale poesia, è necessario conoscere almeno un po’ il Poeta del mondo. Padre Angelo scriveva: «La poesia — quando è veramente tale — è istintiva, innocente, avvolta di semplicità. Quello che mi sembra dare tono ai miei versi è la fede, che affratella uomini e cose al Creatore del Cielo, il vero unico poeta».

Angelo Ubiali, dopo aver perso il padre quando aveva cinque anni, entrò dodicenne nell’Istituto Sacra Famiglia di Martinengo (BG). Fu ordinato sacerdote nel 1947 e a soli 38 anni divenne Superiore Generale della Congregazione della Sacra Famiglia guidando la stessa per tre sessenni, negli anni difficili di grandi trasformazioni sociali segnati anche dall’irrompere del Concilio Vaticano ii e dei fermenti postconciliari. Oltre allo zelo e dedicazione alla sua Congregazione, padre Angelo svolse un’intensa attività letteraria collaborando con vari settimanali e quotidiani, tra i quali spicca l’«Eco di Bergamo», con il quale collaborò per più di 35 anni. Si dedicò agli studi letterari fin dalla giovinezza, svolgendo il compito di critico letterario su varie riviste. Pubblicò tre libri di poesie tutti e tre premiati in concorsi letterari. Nel 1996, a dieci anni dalla sua morte, la Congregazione della Sacra Famiglia raccolse e pubblicò tutte le poesie (molte inedite) di Ubiali, in un cofanetto di due volumi.

Il centenario della nascita è l’occasione per ripercorrere l’itinerario poetico e di fede di padre Angelo, dove poesia e preghiera si fondono e confondono. Rileggere le sue poesie non è solo un’esperienza poetica ma anche religiosa. Rainer Maria Rilke diceva che «Ai veri poeti il primo verso viene regalato da Dio, mentre tutto il resto è dura fatica dell’uomo». Questo vale anche per il nostro poeta che da giovanissimo scopre la sua vena poetica che coltiverà con sudore nel corso degli anni fino a far diventare tutta la sua vita poesia. Scriverà versi fino a pochi mesi prima della morte avvenuta i 2 agosto 1986.

Tra le centinaia di poesie che incontriamo nei due volumi Tutte le poesie, fissiamo l’attenzione sulla prima poesia Verrà un’ora e sull’ultima Arriverà l’Inaspettato che inaugurano e concludono la raccolta, come un sipario che si apre e si chiude sul palco di una vita fatta poesia.

Nei pochi versi della sua prima poesia, quelli che secondo Rilke dovrebbero essere stati regalati da Dio, sono racchiusi tutti i temi della sua poetica. Sono versi ineffabili, toccanti e crudi scritti quando ancora ventenne. Tocchiamo brevemente i temi principali.

“Verrà un’ora…”: è il tema dell’attesa! Quella di Ubiali è una poesia esistenzialista dove l’esistenza è sovente cruenta, drammatica, sospesa in un altalenarsi tra una promessa ancora incompiuta e una condizione umana avvilente e tragica. La sospensione e l’attesa sono il panno di fondo di tutta la sua poesia impregnata di una tensione verso qualcosa o Qualcuno che sta per venire.

La figura dell’alba: “In quest’alba vergine… Verrà un’ora piena di sole”. Ricorrente è l’anelito a un’alba senza fine: l’attesa, consumata il più delle volte nelle tenebre e nel dolore, è sempre attesa di qualcosa di luminoso, di una luce, un’alba, un’aurora. Questo motivo lo ritroveremo fino alla fine, nell’alba della Pasqua dell’ultima poesia.

“Ma per morire…”: Il tema della morte come il rintocco di una campana da morto, risuona costante dall’inizio alla fine. La morte prematura del padre ha segnato in modo indelebile la vita del nostro poeta e questo pensiero sarà sempre presente. Alla morte è spesso legato anche il ricordo della guerra e il dolore per le sue macerie.

Il ricordo dell’infanzia: “La mia dimenticanza…”. Assistiamo a un ritorno continuo ai momenti della sua fanciullezza, della sua casa sulla via dei pioppi, del suo paese natio.

Al ricordo del passato fanno eco le passioni esistenziali e il sentimento di solitudine: “Un tempo debole sulle città macchiate dai tentacoli esosi dei corpi”.

La natura assume spesso forme e sentimenti umani: “Quest’alba vergine che tende le braccia”.

Infine: “O Signore…”. Sarà soprattutto la fede che permea e come lui stesso dice, da tono a tutti i suoi versi così come a tutta la sua vita. Molte delle sue poesie sono rivolte al Signore, termine fisso dei suoi pensieri e della sua lirica, così che la preghiera diventa poesia e la poesia preghiera.

Riguardo allo stile, ci troviamo di fronte a versi liberi, con un ricorso continuo a immagini contrastanti, come vediamo esemplarmente nei pochi versi di questa prima poesia: alba vergine/città macchiate; braccia/tentacoli; monti/fango; un’ora piena di sole/un tempo debole. Ubiali ricorrerà magistralmente in tutta la sua poesia allo stile di contrapporre, spesso in modo violento e drammatico, figure, immagini e sentimenti come gioia/dramma; santità/debolezza; luce/tenebre; cielo/pantano; promesse/tradimenti.

Questi temi che abbiamo visto nella prima poesia, li ritroviamo in tutte le sue poesie e puntualmente anche nell’ultima: “Arriverà l’Inaspettato”. L’attesa: “Arriverà l’Inaspettato”. L’alba: ritroviamo tre volte la parola “alba” e altre simili come “primi luci”, “sole”, “nuova primavera”. Il rintocco della morte ritorna nel ricordo della “Croce”. La rimembranza del passato: “in memorie delle pasque dei giorni antichi” ripetuto più avanti “le antiche pasque celebrano riti di dolci memorie”. Le passioni esistenziali e la solitudine: “questi giorni murati”, “cuori in silenzio” e “albe amare”.

La natura e le cose mantengono sempre sentimenti umani: “merlo fuggiasco”, “albe amare”, “argento maledetto”, “città sonnolenta”.

Anche in quest’ultima poesia ritornano le immagini contrastanti: “pasque annebbiate” e “albe amare”. Ma soprattutto quello che ritorna sempre e rimane fino alla fine è la fede limpida, incrollabile nell’ “Inaspettato, Lui, la sempre unica e vera primavera”.

di Ezio Lorenzo Bono