Il sussidio della Cei per la preghiera nelle comunità ecclesiali

La dimensione della carità
sulle orme di san Giuseppe

«San Giuseppe in adorazione del Bambino e un angelo» (anonimo, XVIII secolo)
22 marzo 2021

È intitolato Ite ad Ioseph il sussidio pastorale che l’Ufficio liturgico nazionale, a nome della Segreteria generale della Conferenza episcopale italiana, ha predisposto nell’anno speciale dedicato a san Giuseppe, dall’8 dicembre 2020 all’8 dicembre 2021, accompagnato da Papa Francesco con la lettera apostolica Patris corde. Il documento della Cei si pone come uno strumento efficace per sostenere la preghiera delle comunità ecclesiali con le parole dei Pontefici, alcune orazioni antiche e recenti dedicate al santo, e proposte di schemi per le celebrazioni. «Nelle diverse Chiese che sono in Italia non mancherà il costante e significativo richiamo alla dimensione della carità — scrive nella presentazione il vescovo segretario generale della Cei, Stefano Russo — evidenziando la particolare concessione dell’indulgenza plenaria a coloro i quali, sull’esempio di san Giuseppe, compiranno un’opera di misericordia corporale o spirituale». Particolare attenzione verrà riservata a santuari o a chiese parrocchiali intitolate al padre putativo di Gesù, «come punti di riferimento per la preghiera comunitaria e personale e per la celebrazione del sacramento della riconciliazione», afferma ancora Russo aggiungendo che «ogni diocesi saprà indicare i tempi e i modi più opportuni per venerare san Giuseppe e invocare la sua protezione sulla Chiesa, sulle famiglie e sull’intero popolo di Dio». Nello specifico il sussidio inizia dando indicazioni per una celebrazione vigiliare pensata, viene precisato, per essere vissuta in chiesa come preghiera in memoria di san Giuseppe nei giorni particolarmente legati alla figura del santo. Un rito da svolgersi in penombra, con il solo supporto di un lucernario e con il celebrante che, giunto presso l’immagine dell’artigiano, sosta in silenzio. Il momento di raccoglimento verrà interrotto dal canto del Salmo 62, con un fedele che deporrà una lampada accesa ai piedi della statua, seguito da orazioni tratte da Patris corde, Lettera ai Romani e Messale romano. Un secondo e un terzo momento, intitolati “Il suo linguaggio il silenzio” e “Il manto”, consisteranno anche nella lettura dell’omelia pronunciata da san Paolo vi il 19 marzo 1969 cui seguirà, per mano di un partecipante, la deposizione di un mantello davanti al sacro simulacro durante il canto delle litanie. Il rito si conclude con il celebrante che, tornato dinanzi all’immagine di san Giuseppe, recita la preghiera di affidamento letta da Papa Francesco il 19 marzo del 2020.

Prende spunto dalla terza edizione del Messale romano invece la messa votiva presentata nel testo episcopale mentre è di Leone xiii la preghiera al santo pubblicata a conclusione dell’enciclica Quamquam pluries del 15 agosto 1889. La devozione a san Giuseppe, già dichiarato patrono della Chiesa universale dal beato Pio ix l’8 dicembre 1870, fu particolarmente sostenuta dal Pontefice di Carpineto Romano che pose fin dall’inizio il suo pontificato «sotto la potentissima protezione» dello sposo di Maria. Non mancano nel sussidio altre invocazioni a lui rivolte, come la preghiera per gli emigranti, la preghiera a san Giuseppe lavoratore di san Giovanni xxiii , a san Giuseppe patrono della Chiesa, di san Paolo vi , e al glorioso patriarca san Giuseppe contenuta nella Patris corde. Significativo anche il risalto dato a La carezza di Dio. Lettera a Giuseppe del servo di Dio don Tonino Bello, vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi dal 1982 al 1993, opera in cui emergono purezza e profonda devozione: «Dammi della tua acqua, la quale è molto utile, et humile, et pretiosa et casta. Ma dammela soprattutto perché, da quando tuo figlio la userà per lavare i piedi ai suoi amici, in una sera di tradimenti, del mese di Nisan, diverrà il simbolo di un servizio d’amore che è la spiegazione segreta della condivisione, della gratuità e della festa».

di Rosario Capomasi