«Piccolo in città» di Sydney Smith, autore dei testi e delle illustrazioni

Attraversare la metropoli
per diventare grandi

 Attraversare la metropoli per diventare grandi  QUO-061
16 marzo 2021

Un bambino attraversa la città. Prima è quasi inghiottito dall’autobus, poi, una volta sceso, è quasi inghiottito da quel che incontra mentre cammina tra automobili che sfrecciano, clacson e sirene da ogni direzione, cantieri che «battono e trivellano e urlano e scavano», grattacieli che incombono, vicoli stretti e bui, cani ringhianti. Il bambino è minuscolo tra gli adulti che camminano veloci e distratti («La gente non ti vede, e i rumori forti possono spaventarti, e sapere cosa fare a volte è difficile»). Come se non bastasse, comincia a nevicare, prima quasi timidamente, ma in men che non si dica ecco la bufera.

Ad accompagnare il bambino c’è però una calda voce fuoricampo che conosce e comprende le sue paure, che gli dà suggerimenti e lo incoraggia, aiutandolo a vedere quel che di buono c’è («Io ti conosco. Ce la farai»). E così attraversare la città non è solo schivare pericoli e affrontare paure, ma è anche viverne la musica, mangiare cibo di strada, e, soprattutto, trovare qualcuno alla fine del cammino. Perché nonostante l’ambiente ostile e il tempo avverso (non è infatti solo la cosiddetta civiltà a metterlo in pericolo), il bambino riesce a giungere alla meta. È veramente bello Piccolo in città (Roma, Orecchio Acerbo 2020, pagine 40, euro 15, traduzione a cura della redazione) di Sydney Smith, disegnatore, per la prima volta anche autore dei testi. Due arti insieme per raccontare il viaggio verso l’autonomia di un bambino che impara a diventare grande, passo dopo passo, in un mondo infinitamente più grande di lui.

Le frasi sono poesia; le immagini (Smith ha avuto moltissimi riconoscimenti, tra i quali per ben due volte il premio assegnato dal «New York Times» al miglior albo illustrato) sono rumorose, attonite, ma anche capaci di avvolgere e riscaldare. Accompagnando il testo, ne diventano protagoniste, dialogano profondamente con la storia — in un’altalena tra toni scuri, chiari, caldi, tenui, nitidi, sfocati e, finalmente, felici.

Perché la città è fatta per essere attraversata, temuta, esplorata, conosciuta e infine apprezzata. La città con le sue altezze (ora minacciose, ora affascinanti) e il suo sottosuolo. Un sottosuolo che ha anche lui — come tutto, come tutti — due volti. Quello minaccioso della grata in terra nel vicolo o del cantiere che trivella e scava, ma anche quello riscaldante degli sbuffi d’aria. «C’è uno sfiatatoio da cui esce vapore caldo che sa d’estate. Puoi rannicchiarti lì sotto e farti un pisolino».

di Silvia Gusmano