Deraa, dieci anni dopo

(FILES) In this file photo taken on February 27, 2019, young children look at a member of the ...
15 marzo 2021

L’8 marzo è un giorno di festività nazionale in Siria. Si celebra infatti il Giorno della rivoluzione, ovvero la presa del potere da parte del partito Baath nel 1963. Esattamente sette giorni dopo ricorre invece un altro anniversario, quanto più lontano dall’idea di celebrazione o festeggiamento che generalmente accompagna la parola. Il 15 marzo 2021 segna infatti dieci anni dall’inizio della Guerra civile siriana, uno degli eventi più drammatici del secolo attuale e la causa della più grande migrazione forzata di persone dai tempi della Seconda guerra mondiale.

La data è stata scelta dagli studiosi per via degli eventi avvenuti nella città meridionale di Deraa, situata a 20 chilometri dal confine con la Giordania. In seguito all’arresto di 15 studenti liceali, che avevano dipinto su un muro slogan di protesta contro il presidente Bashar al-Assad, si scatenarono accese proteste e i manifestanti si scontrarono con le forze dell’ordine. I tafferugli portarono il governo siriano a imporre una quarantena sulla città e a mobilitare l’esercito. Molti militari decisero però di disertare e si unirono ai cittadini in protesta, creando il nucleo di quello che a luglio sarebbe diventato l’Esercito siriano libero (Esl), l’opposizione armata al governo di Assad.

Le proteste dei cittadini siriani, inquadrate dagli studiosi nel contesto più ampio della primavera araba, nascevano dalle diffuse richieste di riforme politiche ed economiche. Assad era salito alla guida del Paese nel 2000 alla morte del padre Hafez, il quale aveva governato la Siria dal 1971. Molti siriani vedevano in questa successione la possibilità di cambiamenti radicali nell’apparato statale, e giudicarono le riforme promosse da Assad come poco incisive. Ad aggravare il malcontento popolare vi era inoltre la situazione di estrema povertà nella quale versavano le campagne del Paese, a causa di una violentissima siccità iniziata nel 2006 e durata ben quattro anni.

A rendere successivamente lo scenario siriano differente rispetto agli altri Paesi teatro della primavera araba è stata soprattutto la complessa composizione etnico-religiosa dello Stato del Levante. La presenza di numerose forze portatrici di orientamenti politici molto diversi fra loro, ha infatti impedito la creazione di un’opposizione coesa e in grado di instaurare un dialogo unitario con le potenze esterne, dando vita ad un complesso sistema di alleanze regionali e internazionali. Ciò ha complicato ulteriormente la crisi, vanificando i numerosi tentativi da parte della comunità internazionale di fermare il conflitto: né la Lega araba né il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sono infatti riusciti a placare le ostilità.

La presenza di un’opposizione frammentata ha inoltre permesso ai gruppi jihadisti come Al-Nusra e il sedicente Stato islamico (Is) di sfruttare il conflitto per estendere il proprio controllo sulla regione. Le brutalità commesse dai gruppi terroristici ai danni della popolazione siriana hanno costretto milioni di persone ad abbandonare il Paese, trasformando quella che era iniziata come una democratica richiesta di riforme più inclusive (“karama”) in una sanguinosa guerra civile.

Dopo dieci anni di feroce conflitto circa 6 milioni di persone sono state costrette a lasciare la Siria, mentre gli sfollati interni sono circa 7 milioni. I siriani sono attualmente un quarto del numero totale dei rifugiati nel mondo, ospitati in 130 Paesi diversi.

di Giovanni Benedetti