Il cardinale Cantalamessa tiene la seconda predica di Quaresima

Gesù comunica la sua santità

Fausto Pirandello «Crocifissione»
05 marzo 2021

Un Padre Nostro e un’Ave Maria per il buon esito del viaggio apostolico di Papa Francesco in Iraq: invitando i presenti a recitare queste preghiere, il cardinale Raniero Cantalamessa ha dato inizio alla seconda predica di Quaresima, svoltasi venerdì mattina, 5 marzo, nell’Aula Paolo VI. Tema delle meditazioni: «Chi di voi può convincermi di peccato?, Gesù Cristo, “vero uomo”».

Il predicatore della Casa Pontificia ha offerto, tra l’altro, una riflessione sul significato dell’affermazione «Santificati in Cristo Gesù». In particolare, ha sottolineato l’importanza fondamentale della santità di Cristo per l’uomo. E in proposito, ha detto, «c’è una buona notizia, un lieto annuncio. Esso non è tanto che Gesù è il Santo di Dio, o il fatto che anche noi dobbiamo essere santi e immacolati». La «lieta sorpresa» è che «Gesù comunica, dona, regala a noi la sua santità. Che la sua santità è anche la nostra. Di più: che egli stesso è la nostra santità».

Del resto, ogni genitore può trasmettere ai figli «ciò che ha, ma non ciò che è». Se è un artista, uno scienziato, o anche un santo, non è detto che «i figli nascano anche loro artisti, scienziati o santi». Egli può al massimo «dare loro un esempio», ma non trasmettere queste caratteristiche «quasi in eredità». Gesù, invece, «nel battesimo, non solo ci trasmette ciò che ha, ma anche ciò che è. Egli è santo e ci fa santi; è Figlio di Dio e ci fa figli di Dio».

Ricordando gli insegnamenti del concilio Vaticano ii , il predicatore ha sottolineato come la santità cristiana, «prima che un dovere, è un dono». Ma, si è chiesto, cosa occorre fare per accogliere questo dono e farne una esperienza vissuta e non soltanto creduta? La prima e fondamentale risposta «è la fede»: non una fede «qualsiasi, ma la fede mediante la quale ci appropriamo di ciò che Cristo ha acquistato per noi»; la fede che «fa il colpo di audacia e che fa fare il colpo d’ala alla nostra vita cristiana». Cristo, ha fatto notare il cappuccino, è diventato, secondo l’apostolo Paolo, «per noi: giustizia, santità e redenzione». Egli «ci appartiene; è più nostro che se lo avessimo fatto noi!».

San Paolo, ha ricordato il porporato, «esorta spesso i cristiani a “spogliarsi dell’uomo vecchio” e “rivestirsi di Cristo”». L’immagine dello «svestirsi e rivestirsi non indica una operazione soltanto ascetica, consistente nell’abbandonare certi “abiti” e sostituirli con altri, cioè nell’abbandonare i vizi e acquistare le virtù». Alcuni padri della Chiesa, ha aggiunto, hanno «racchiuso in una immagine questo grandioso segreto della vita cristiana»: è come se si fosse «svolta, nello stadio, un’epica lotta». Un valoroso ha affrontato «il crudele tiranno che teneva schiava la città e, con immane fatica e sofferenza, lo ha vinto. Tu eri sugli spalti, non hai combattuto, non hai né faticato né riportato ferite». Ma se si ammira il valoroso, se ci si rallegra con lui per la sua vittoria, se ci si inchina «con gioia al trionfatore», se si condivide con lui quel momento al punto da considerare «come tua la sua vittoria, io ti dico che tu avrai certamente parte al premio del vincitore».

Ma c’è di più, ha sottolineato il cappuccino, invitando a supporre che il vincitore «non abbia alcun bisogno per sé del premio che ha conquistato, ma desideri, più di ogni altra cosa, vedere onorato il suo fautore e consideri quale premio del suo combattimento l’incoronazione dell’amico». In tal caso quell’uomo otterrà «la corona, anche se non ha né faticato né riportato ferite». Così, dicono i padri, «avviene tra Cristo e noi. È lui il valoroso che sulla croce ha vinto il grande tiranno del mondo e ci ha ridato la vita». Da noi si richiede che «non siamo spettatori distratti di tanto dolore e di tanto amore». Naturalmente, ha chiarito Cantalamessa, non tutto finisce qui. Dalla «appropriazione dobbiamo passare alla imitazione».

Il porporato ha poi offerto un piccolo proposito pratico. «La santità di Gesù — ha detto — è consistita nel fare sempre quello piaceva al Padre». Da qui l’invito a provare a domandarsi più spesso che si può, davanti «a ogni decisione da prendere e ogni risposta da dare», quale è, «nel caso presente, la cosa che piacerebbe a Gesù che io facessi» e farla «senza indugio». Infatti, ha aggiunto, sapere qual è la «volontà di Gesù è più facile che sapere in astratto qual è la volontà di Dio, anche se le due cose di fatto coincidono». Per conoscere la volontà di Gesù, ha fatto notare il predicatore, «non dobbiamo fare altro che ricordare ciò che dice nel Vangelo. Lo Spirito Santo è lì, pronto a ricordarcelo».