Giornata mondiale delle malattie rare
A colloquio con il professor Bruno Dallapiccola

Mai soli di fronte all’ignoto

 Mai soli di fronte all’ignoto  QUO-048
27 febbraio 2021

«Siamo in quell’ambito della medicina in cui la ricerca scientifica si traduce in arte»: sono le parole con cui professor Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, si riferisce al campo delle malattie rare, al cui studio e alla cui cura ha dedicato buona parte della sua carriera professionale. Fondatore della Società italiana di genetica umana, è stato negli anni direttore scientifico della Casa Sollievo della Sofferenza, a San Giovanni Rotondo, e dell’Istituto Mendel, a Roma, specializzato in diagnosi e terapia delle malattie rare. Membro della Pontificia Accademia della vita, è componente del Comitato nazionale di Bioetica e decano del Consiglio Superiore di sanità. In occasione della xiv edizione della Giornata mondiale delle malattie rare, che si celebra ogni anno l’ultimo giorno di febbraio, il Bambino Gesù, illuminerà di verde, viola e blu l’ingresso del pronto soccorso del Gianicolo. L’ospedale ospita, infatti, la sede italiana di Orphanet, la più grande rete internazionale di informazione sulle malattie rare che coinvolge una quarantina di Paesi nel mondo, e fa parte di 15 reti Ern (European Reference Network) che condividono i progetti di ricerca e coordinano la presa in carico dei pazienti rari in Europa, stimati in circa 25 milioni, di cui circa due milioni in Italia.

Nonostante siano indicate come “malattie rare”, i dati epidemiologici concordano nel quantificare in una forbice compresa dal 3 al 6 per cento la popolazione affetta da tali patologie, corrispondente a circa 350 milioni di pazienti a livello mondiale. La parola «cu- rare », dunque, intende non solo sottolineare l’importanza dell’impegno sul fronte della ricerca e della cura, ma vuole anche richiamare l’attenzione sulle necessità sociali e cliniche di questi pazienti e delle loro famiglie, sulla necessità di non lasciarli soli di fronte all’incertezza della diagnosi o al disorientamento nella scelta del polo ospedaliero e dell’equipe medica a cui affidarsi per il percorso di cura. Non a caso da cinque anni è stato attivato un ambulatorio dedicato, nello specifico, ai pazienti rari senza diagnosi: qui, solo nell’ultimo anno, sono state effettuate, attraverso un iter diagnostico assistenziale, oltre 32.000 analisi genetiche, e, nel corso degli ultimi 7 anni, il programma di genomica del Bambino Gesù dedicato ai malati rari orfani di diagnosi ha permesso di identificare una cinquantina di nuovi geni a monte di patologie, e di caratterizzarne, o riclassificarne, alcune dozzine di nuove.

Proprio perché la diagnosi costituisce il punto fondamentale per l’aspettativa e qualità di vita di questa fetta di popolazione, dal 2015 per i pazienti senza diagnosi è in corso un progetto di genomica, teso a trasferire le nuove tecnologie omiche alla pratica clinica, così da diagnosticare precocemente la malattia e dare un nome alla causa molecolare in cui si identifica la problematica: con scienze omiche si intendono un gruppo di discipline che, attraverso il ricorso a tecnologie di analisi capaci di produrre una gran mole di dati, consentono di risalire al sistema biologico da analizzare. È il caso, per esempio, della genomica, relativa al complesso dei geni: «Le nuove tecnologie di sequenziamento permettono di analizzare l’intero genoma e di selezionare all'interno della variabilità genetica, grazie al supporto di analisi bioinformatiche complesse, la mutazione che causa la malattia: con la medicina di precisione è possibile intervenire sul bersaglio, ovvero sulla proteina prodotta dal gene mutato» spiega Dallapiccola, descrivendo il processo attraverso cui si interferisce con il meccanismo che genera la malattia e le tecniche con cui è oggi possibile aggredire il bersaglio, una volta identificato.

Professore, lei insiste sulla diagnosi precoce quale “conditio sine qua non” per ogni altro passo: fondamentale, però, per i progressi a cui stiamo assistendo in questo ambito è stata la rivoluzione genetica del 2000

Esatto, e questo perché tale rivoluzione ha avuto una natura essenzialmente tecnologica: basti pensare che in 20 anni il costo di una sequenza genomica è calato da 100 milioni di dollari a 500 euro. Nei nostri laboratori riusciamo a fornire, in condizioni di emergenza, una diagnosi nell’arco di pochissimi giorni: garantire un test genetico mirato a ogni bambino affetto da una malattia rara, fino a poco fa neppure clinicamente riconoscibile, significa riuscire a modificare il corso naturale di quella malattia. Ricordo che circa il 40 per cento dei bimbi che arrivano alla nostra struttura non hanno una diagnosi: qui riusciamo a dare un nome al 50-60 per cento delle malattie. Sapere quale proteina è coinvolta nel processo patologico è fondamentale per una presa in carico specifica, per avviare terapie mirate, per offrire una consulenza genetica adeguata alla famiglia. Poi, certo, oltre al genoma, sono straordinariamente importati l’ambiente e gli stili di vita (il cosiddetto esposoma): non dimentichiamo che ogni individuo porta con sé circa un chilogrammo e mezzo di batteri che hanno tra l’altro un effetto modulante sul genoma.

Numerose famiglie si trovano ad affrontare una sorta di “odissea”, prima alla ricerca della figura esperta in grado di diagnosticare la patologia, poi in quella del centro di riferimento per la presa a carico del paziente.

Purtroppo, l’85 per cento delle malattie rare oggi conosciute, circa 7.000, sono in effetti ultra-rare, avendo una frequenza inferiore a un caso per milione di persone. Per queste, non abbiamo nulla di codificato, non esistono linee-guida. Per orientare le famiglie, abbiamo reso disponibile su scala nazionale, attraverso un progetto di teleconsulenze, un modello di diagnosi applicato ai centri che aderiscono alla Rete Pediatrica degli irccs : questi, due volte al mese, si incontrano allo scopo di valutare i casi complessi e indirizzare l’approccio più adatto al singolo paziente. Questo metodo ha permesso di raggiungere una diagnosi nel 58 per cento dei pazienti arruolati nel programma.

Siamo di fronte, contrariamente alla definizione di “rare”, a una problematica di natura e portata sociale.

Queste malattie sono così definite perché colpiscono una persona su 2.000, ma, considerate nella loro complessità e globalità, il loro impatto socio-sanitario è enormemente rilevante. In particolare, oltre la metà delle malattie rare colpiscono i bambini e nel 60 per cento dei casi, la diagnosi arriva dopo un’attesa media compresa tra i 2 e i 7 anni, dalla comparsa dei primi sintomi. Di contro, dobbiamo evidenziare che 150 delle 7.000 malattie rare oggi note spiegano oltre l’80 per cento dei malati rari, dunque, la stragrande maggioranza.

L’Ospedale della Santa Sede ha in carico, per sua stessa missione, piccoli pazienti: ricordando che numerose malattie rare si manifestano in età pediatrica, quale è la situazione clinica in questo momento?

Il 12 per cento di queste malattie sono congenite, il 42 per cento dei casi si manifestano entro i 2 anni di vita e nel 25 per cento la malattia, purtroppo, è letale entro i primi 5 anni. Per quanto riguarda, poi, l’aspettativa di vita, è normale per circa il 37 per cento delle malattie, mentre in una analoga percentuale è variabilmente ridotta. Sulla qualità della vita e sul successo della presa in carico è spesso critica la precocità della diagnosi.

Ci può fare qualche esempio?

Un bambino su 8.000 è colpito da atrofia muscolare spinale: se diagnosticata e trattata con la terapia genica la malattia, da condizione letale, restituisce al piccolo paziente una qualità di vita molto buona. Nel caso dell’adenoleucodistrofia legata all’ x , nota come malattia dell’“olio di Lorenzo”, la terapia genica precoce previene il processo neurodegenerativo. Ma la medicina di precisione non riguarda solo molecole o terapie tecniche innovative. Basti pensare alla neurochirurgia: nel caso di alcune forme di epilessia farmaco-resistente piuttosto che della miotonia, della chirurgia supportata dalla modellizzazione con le stampanti 3d , della costruzione di protesi con il bioprinting, o della terapia radiante di precisione con la proton-terapia, che consente di risparmiare larghe porzioni del tessuto non colpito dalla malattia.

Il Bambino Gesù vanta una straordinaria tradizione nella ricerca e cura delle malattie rare. Le vostre attività sono proseguite con successo, anche nei mesi di emergenza sanitaria. Quali fattori concorrono a mantenere un livello di eccellenza internazionalmente riconosciuto?

I punti di riferimento della nostra ricerca traslazionale si riassumono nella disponibilità di una struttura moderna, dotata di uno straordinario parco di strumenti, continuamente aggiornati e integrati e, soprattutto, di un’equipe di circa 900 ricercatori preparati, fortemente motivati e appassionati. Il tutto coordinato da una amministrazione lungimirante, impegnata a concretizzare la nostra missione, che pone al centro il bambino e la sua famiglia.

di Silvia Camisasca