Per accompagnare gli esercizi spirituali quaresimali

Il Signore chiama
nella ferialità

Domenico Ghirlandaio, «Vocazione dei primi apostoli» (1481-1482)
23 febbraio 2021

«Redenti dal peccato, annunciatori del Vangelo»: è il titolo delle brevi riflessioni, che attingono a brani del Vangelo di Marco, preparate da monsignor Giacomo Morandi, segretario della Congregazione per la dottrina della fede. Realizzate con riprese video nella cappella del Centro Aletti a Roma, le proponiamo, in collaborazione con Telepace, in questi giorni in cui il Papa e la Curia sono impegnati, individualmente, a causa delle norme sanitarie vigenti, nei loro esercizi spirituali. Questo secondo appuntamento — dopo il primo dedicato ieri al battesimo di Gesù e alle tentazioni nel deserto — si sofferma sulla chiamata dei primi discepoli, sul senso profondo della conversione e della sequela.

Monsignor Morandi sottolinea che la predicazione di Gesù parte verso la Galilea, luogo particolarmente pericoloso perché infestato da briganti. «La priorità — spiega — è andare laddove la situazione sembra essere più compromessa». È proprio là che Gesù annuncia la buona notizia di Dio. Si parla di un tempo che è compiuto. In particolare l’evangelista Marco usa il termine kairos, quel tempo in cui si realizza il progetto di Dio, in cui si può sperimentare la fedeltà di Dio. Morandi cita Abraham Heschel e il suo Dio alla ricerca dell’uomo: Dio desidera la preghiera dell’uomo. «Non siamo in balìa del caso, del fato o del destino — spiega il teologo — ma siamo all’interno di un progetto in cui Dio padre ha saldamente le redini». L’invito è dunque a leggere la nostra vita nella prospettiva del suo piano di salvezza. E aggiunge che questa prossimità del Regno dovrebbe suscitare negli uomini gioia e disponibilità.

Morandi insiste sulla necessità di tenere insieme queste due espressioni: “convertitevi” e “credete”. La parola conversione è associata al credere, quindi non si tratta tanto di una “inversione a u ” ma di entrare in una buona notizia. «È la fede nel Vangelo che creerà le condizione per una autentica, stabile, efficace conversione», precisa. È la fede la vera conversione, il che vuol dire essere amati da Dio e fondare la vita su questa certezza. Il nemico, Satana, tenterà in tutti i modi di scalfire, corrodere questa fiducia in Dio facendoci vedere altre strade.

Gesù chiama i discepoli nella loro vita quotidiana, nella ferialità. «Noi ci aspettiamo sempre qualcosa di straordinario — spiega Morandi — ma Gesù entra nella normalità». L’avverbio “subito” con cui viene descritta la risposta di coloro che sarebbero diventati i primi seguaci, è fondamentale: non c’è una dilazione di tempo, non c’è l’idea di un percorso progressivo. Quegli uomini si rendono conto che devono rispondere immediatamente. «Ci sono dei momenti in cui appare con chiarezza la Sua chiamata, in cui ci rendiamo conto della Sua visitazione. È esattamente in quei momenti di grazia che noi dobbiamo essere pronti». Qui interviene la citazione di sant’Agostino quando diceva: «Temo il Signore che passa e non ritorna» per esprimere che ci sono degli eventi nei quali il Regno di Dio ci visita con una una luce del tutto particolare: un corso di esercizi, un pellegrinaggio, un incontro con una persona... Qui si dischiude una verità, il Signore ci chiama per nome e noi dobbiamo con tutta tempestività rispondere.

Gesù chiama alla comunione, a condividere la sua vita, non tanto prima di tutto ad assimilare un insegnamento, una dottrina. È un presupposto fondamentale a cui richiama Morandi. La vita cristiana del discepolato significa vivere una relazione. «Credere nel Vangelo non è aderire a un progetto ma entrare in una amicizia», sapendo che nella misura in cui noi assecondiamo questa amicizia inevitabilmente “la lingua parlerà della sovrabbondanza del cuore”, come dice Gesù.

Il teologo ripesca una immagine che secondo lui può bene rappresentare questo compito di annunciatori del regno. E quella in cui Alessandro Manzoni nei Promessi sposi racconta che il segreto in Perpetua, che lei aveva carpito da Don Abbondio, stava come un vino nuovo in una botte mal cerchiata. Come a dire che alla fine vincerà il vino nuovo.

di Antonella Palermo