Dopo un anno riparte il movimento Hirak

L’Algeria di nuovo in piazza

People gesture and carry a national flag outside the Kolea prison, west of the capital Algiers, ...
20 febbraio 2021

Dopo un anno di fermo a causa della pandemia covid-19, gli ultimi giorni hanno visto una ripartenza delle attività del movimento di protesta algerino Hirak. Lo scorso 16 febbraio, oltre 5000 persone sono infatti scese nelle strade della città di Kherrata, circa 300 chilometri a est della capitale Algeri, intonando slogan contro la classe dirigente e sventolando bandiere berbere e algerine.

Le dimostrazioni, definite da alcuni media come “rivoluzione del sorriso”, erano cominciate nel febbraio 2019, in seguito alla decisione dell’allora presidente Abdelaziz Bouteflika di candidarsi per quello che sarebbe stato il suo quinto mandato. Bouteflika aveva preso le redini del Paese nordafricano nel 1999, al termine del sanguinoso periodo di rivolte noto come il “Decennio nero” algerino.

La decisione di Bouteflika di candidarsi nuovamente aveva fatto esplodere il malcontento della popolazione algerina, già da anni critica verso la diffusa corruzione, le crescenti disuguaglianze, l’inefficienza della sanità pubblica e l’elevata ingerenza delle forze armate nell’esecutivo. Proprio da queste richieste di cambiamento è nato il movimento popolare Hirak, uno schieramento privo di leader riconosciuti e, come sottolineato dallo stesso nome (traducibile letteralmente come “il movimento”), di un orientamento politico ben definito.

Le prime proteste di Hirak avevano avuto luogo proprio nella città di Kherrata il 16 febbraio 2019. Da allora, il movimento antigovernativo si è rapidamente allargato nel resto del Paese, portando Bouteflika a ritirare la propria candidatura e, in seguito, a rassegnare le dimissioni.

Le elezioni, fissate per il mese di dicembre, hanno portato all’elezione di Abdelmadjid Tebboune, già primo ministro sotto Bouteflika per pochi mesi nel 2017. Il nuovo presidente ha poi cercato una mediazione con Hirak, ma senza raggiungere risultati degni di nota. La nuova costituzione algerina, entrata in vigore nel novembre 2020, non ha infatti apportato sostanziali modifiche al sistema politico del Paese, rimasto immutato dal 1962 e fortemente criticato dalla popolazione. Le proteste dei cittadini sono continuate con regolarità (ogni martedì gli studenti universitari, ogni venerdì tutta la popolazione) fino al marzo 2020, quando gli attivisti di Hirak hanno deciso di sospendere le dimostrazioni a causa dell’emergenza sanitaria.

In questi mesi, le attività di Hirak sono continuate, come molte altre, in forma telematica. Tuttavia, il governo algerino ha notevolmente intensificato le attività di censura informatica. Negli ultimi mesi sono stati infatti numerosi gli arresti di personalità legate al movimento a causa delle loro attività digitali. Secondo il Comitato nazionale per la liberazione dei detenuti (Cnld), al momento sarebbero circa 90 gli attivisti di Hirak in carcere. Questo maggiore controllo sulla comunicazione informatica sembra avere rinvigorito le proteste del movimento, portando i suoi membri a chiedere a gran voce una maggiore libertà di espressione e a organizzare nuove manifestazioni nei prossimi giorni. Nel frattempo, il governo algerino ha dichiarato che Tebboune è impegnato in consultazioni con gli esponenti dei maggiori partiti, allo scopo di organizzare delle elezioni anticipate.

di Giovanni Benedetti