Alla presentazione del messaggio del Pontefice per la Quaresima

Ritratto di famiglia
dall’inferno di Aleppo

Girls are seen next to laundry hanging to dry on a wire fence at a camp sheltering Syrians displaced ...
18 febbraio 2021

Il ritratto di una famiglia cristiana di Aleppo nell’inferno della guerra, disegnato da una ragazzina siriana di undici anni sopravvissuta all’orrore: con una coraggiosa scelta Marcela Szymanski — caporedattore del rapporto «Religious Freedom in the World» di Aid to the Church in Need (Aiuto alla Chiesa che soffre) — ha deciso di mostrarlo come chiave interpretativa del messaggio del Papa per la Quaresima 2021.

Collegata in videoconferenza da Bruxelles con la Sala stampa della Santa Sede (dov’erano intervenuti a illustrare il tradizionale messaggio pontificio per il tempo che conduce alla Pasqua il cardinale Turkson e monsignor Duffé, rispettivamente prefetto e segretario del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale), Szymanski ha voluto mantenere accesi i riflettori dei media sul dramma delle minoranze religiose in Siria e in tutti quei luoghi in cui alle persecuzioni a causa della fede si è aggiunta quest’anno la pandemia di covid-19. E raccontando la genesi di quel toccante “ritratto di famiglia”, un vero pugno allo stomaco di chi vive comodamente nella parte più fortunata del pianeta, ha parlato di una realtà che dista da Roma appena 2.200 km, in pratica come il sud della Spagna. «Ecco quanto Aleppo è vicina», ha commentato con amarezza.

Un insegnante aveva chiesto alla piccola “artista” un disegno sui tragici avvenimenti del settembre 2016, quando i terroristi islamici di Al-Nusra stavano imponendo il loro dominio in città. E lei si è raffigurata in uno scenario domestico agghiacciante: con sua madre, sua sorella, tutte con segni di violenza sul corpo; in ostaggio di tre miliziani vestiti di nero, circondati da strumenti di tortura tra cui apparecchi per l’elettroshock, pistole, granate, coltelli. Dalle donne «ci si aspettava che rinunciassero alla loro fede e diventassero musulmane. Sono sopravvissute solo perché l’esercito è arrivato in tempo e oggi sono tornate a una vita “normale” per gli standard di Aleppo. E hanno voluto condividere la loro esperienza, perché credono fermamente che Dio era con loro lì» ha spiegato la giornalista, prima di interpellare l’uditorio: «Cosa possiamo imparare per la Quaresima, da una famiglia passata attraverso un crudele Calvario ma che si considera “risorta” in Cristo? Che i perseguitati sono l’élite della Chiesa, e servirli non è un dovere, ma un onore».

Ma quella della ragazza di Aleppo non è l’unica storia sui frutti della fede e della preghiera che sono il perdono e l’amore.

Non lontano, a Qaratayn, nei pressi di Palmira, il monaco siro-cattolico Jacques Mourad, priore del monastero di Mar Elian, era stato rapito insieme a 250 cristiani dai militanti del cosiddetto Stato islamico.

Dopo tre mesi di torture e richieste di abiura, alla fine è stato permesso loro di tornare a casa. La spiegazione data dai carcerieri è che «i cristiani non hanno preso le armi contro i musulmani, a motivo della loro fede».

Come quella che ha mosso le opere dell’arcivescovo Silwanos della Chiesa siro-ortodossa, morto due mesi fa a 52 anni di cancro e per mancanza di cure. Orfano dall’infanzia, era stato allevato da suore, perciò ha lavorato instancabilmente per i bambini della regione di Homs.

Molti ricordano la sua sagoma scura nelle strade durante i bombardamenti, quando cercava i piccoli orfani per trarli in salvo. E non appena è cessato il fuoco, ha riaperto scuole e asili.

Nel bel mezzo della guerra, nel 2017, era andato a Bruxelles portando con sé grandi valigie piene di disegni fatti da bambini siriani: erano destinati ai politici europei, per chiedere di aumentare gli aiuti umanitari. Ecco dunque spiegata la provenienza del “ritratto di famiglia siriana” descritto da Marcela, che ha arricchito la propria testimonianza con altre storie di fede, di speranza e di carità: una delle quali proveniente dall’India.

Risale al periodo del lockdown, quando grandi folle di lavoratori rimasero bloccati per giorni senza riparo, in attesa di trovare un po’ di spazio in treno per tornare a casa. Fu il gruppo delle Small Christian Communities, che riunisce laici e religiosi, a prendere l’iniziativa di distribuire cibo e acqua, così come mascherine e gel disinfettante alla gente ammassata lungo i binari. I membri di queste piccole comunità cristiane sono poveri come coloro che aiutano, ma hanno fiducia nella Provvidenza. E così hanno organizzato preghiere nelle abitazioni, usando megafoni dai tetti, in modo che i lavoratori dai pressi delle rotaie potessero unirsi a loro.

di Gianluca Biccini