La poesia di lode

Giotto «Predica agli uccelli» (particolare)
16 febbraio 2021

...è come respirare ossigeno puro


Nella catechesi del 13 gennaio scorso il Papa ha riflettuto sul tema della preghiera di lode.

Dalla preghiera alla poesia della lode  il passaggio è stato breve e così sulle pagine di questo giornale abbiamo cominciato il 18 gennaio e oggi continuiamo a presentare al lettore luminosi esempi di opere poetiche che cantano la gioia della vita, la contemplazione del creato, la felicità gratuita dell’essere in vita.

Come ha osservato nella sua catechesi il Papa la lode ha senz’altro a che fare con la gioia, ma «paradossalmente deve essere praticata non solo quando la vita ci ricolma di felicità, ma soprattutto nei momenti difficili, nei momenti bui quando il cammino si inerpica in salita. È anche quello il tempo della lode, come Gesù che nel momento buio loda il Padre. Perché impariamo che attraverso quella salita, quel sentiero difficile, quel sentiero faticoso, quei passaggi impegnativi, si arriva a vedere un panorama nuovo, un orizzonte più aperto. Lodare è come respirare ossigeno puro: ti purifica l’anima, ti fa guardare lontano, non ti lascia imprigionato nel momento difficile e buio delle difficoltà».

Ed ecco quindi due esempi veramente luminosi che provengono dal momento più buio del secolo scorso: l’orrore nazista dei campi di concentramento. Da quell’abisso ci arrivano queste due affermazioni, la prima del neurologo, filosofo e psichiatra Viktor Frankl, la seconda dalla filosofa Etty Hillesum. Per Frankl la gioia intesa come il “gustare la vita” è un compito, un dovere: 

«L’uomo ha il dovere di gustare le gioie che gli si presentano. Chi, seduto in un tram, non si accorge di un meraviglioso tramonto o del profumo delle acacie in fiore che a lui giunge dai viali e continua a leggere il giornale, a ragione dovrebbe essere ritenuto, in quel momento, dimentico del suo dovere».

Per la Hillesum,  la vita è sempre sorprendente e il segreto per viverla pienamente è “osare il gran salto”:

«La vita è così curiosa e sorprendente e infinitamente ricca di sfumature: a ogni curva del suo cammino si apre una vista del tutto diversa. La maggior parte delle persone ha nella propria testa idee convenzionali su questa vita. Dobbiamo avere il coraggio di abbandonarle, dobbiamo osare il gran salto nel mondo e allora, allora sì che la vita diventa infinitamente ricca e abbondante, anche nei suoi più profondi dolori».

Cantico delle creature


Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione.

Ad te solo, Altissimu, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare.

Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.

Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento.

Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.

Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione.

Beati quelli che ‘l sosterrano in pace, ca da te, Altissimo, sirano incoronati.

Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare: guai a quelli che morrano ne le peccata mortali;

beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ’l farrà male.

Laudate et benedicete mi’ Signore et ringratiate et serviateli cum grande humilitate.

San Francesco d’Assisi


Pregare


Non deve essere
l’iris blu, potrebbe essere
l’erbaccia in un campo abbandonato, o poche
piccole pietre; solamente
presta attenzione, poi metti insieme
poche parole e non provare
a renderle elaborate, questa non è
una gara ma la via d’accesso
in un ringraziamento, e un silenzio in cui
un’altra voce può parlare.

Mary Oliver


Oscar e la dama in rosa


Il protagonista di questo romanzo di Eric-Emmanuel Schmitt, «Oscar e la dama in rosa», è un bambino di dieci anni malato terminale di leucemia chiuso dentro un ospedale che trova come compagna di questo ultimo tratto di strada Nonna Rosa, un’anziana volontaria che dedica il suo tempo a stare vicino  ai piccoli pazienti ammalati. È Nonna Rosa a suggerire a Oscar di scrivere a Dio: il bambino non ci crede a Dio ma provocato dalla sua saggia compagna, comincia una corrispondenza per “stanare” Dio e chiedergli una visita. All’inizio Dio sembra rimanere in silenzio, poi ad un certo punto, in modo del tutto speciale, la visita, “l’avvento”, accade. Il brano che il lettore trova in questa pagina è proprio la lettera di ringraziamento a Dio per essere venuto, per aver risposto alla sua preghiera.

Caro Dio,

grazie di essere venuto.

Hai scelto davvero il momento giusto, perché non stavo bene. Forse anche perché eri rimasto turbato dalla mia lettera di ieri...

Quando mi sono svegliato, ho pensato che avevo novant’anni e ho girato la testa verso la finestra per guardare la neve.

E allora ho indovinato che venivi. Era mattino. Ero solo sulla terra. Era talmente presto che gli uccelli dormivano ancora, che persino l’infermiera di notte, la signora Ducru, aveva dovuto schiacciare un pisolino e tu cercavi di fabbricare l’alba. Facevi fatica, ma insistevi. Il cielo impallidiva. Tingevi l’aria di bianco, di grigio, di azzurro, respingevi la notte, risvegliavi il mondo. Non ti fermavi. È stato allora che ho capito la differenza fra te e noi: tu sei un tipo infaticabile! Uno che non si stanca. Sempre al lavoro. Ed ecco il giorno! Ed ecco la notte! Ed ecco la primavera! Ed ecco l’inverno! Ed ecco Peggy Blue! Ed ecco Oscar! Ed ecco Nonna Rosa! Che salute di ferro!

Ho capito che eri qui. Che mi rivelavi il tuo segreto: ogni giorno guarda il mondo come se fosse la prima volta.

Allora ho seguito il tuo consiglio con impegno. La prima volta. Contemplavo la luce, i colori, gli alberi, gli uccelli, gli animali. Sentivo l’aria che mi passava nelle narici e mi faceva respirare. Udivo le voci che salivano nel corridoio come nella volta di una cattedrale. Mi trovavo vivo. Fremevo di pura gioia. La felicità di esistere. Ero incantato.

Grazie, Dio, di aver fatto questo per me. Avevo l’impressione che mi prendessi per mano e che mi conducessi nel cuore del mistero a contemplarlo. Grazie.

A domani, baci,

Oscar.

Eric-Emmanuel Schmitt


Una felicità fatta di nulla


Una felicità fatta di nulla  mi colma — e non è forse che l’arietta di questa mattinata di settembre… Come convalescente ch’esce a sole la prima volta, tutto quel che vede gli par di non averlo visto mai, ad ogni passo scopre nuovo mondo e di dolcezza quasi piangerebbe — il gallo che sull’aia raspa, il cielo  azzurro tra l’argento degli ulivi la casetta che fuma in mezzo agli orti  trasalendo di giubilo saluto. Così leggera è ora la mia anima, così poco m’appaga stamattina che direi per vivere mi basti vedere a ogni anno i fiori sulla terra rinnovarsi…

Camillo Sbarbaro


Il mondo


Dio si è nascosto perché il mondo si vedesse
se si mostrasse ci sarebbe solo lui
in sua presenza chi oserebbe mai notare la formica
la bella irascibile vespa affaccendata torno torno
il germano verde con le zampe gialle
la pavoncella che depone quattro uova in croce
gli occhi globosi della libellula e i fagioli nei baccelli
nostra madre a tavola che ancora ieri
teneva la tazza per il buffo manico a orecchio
l’abete che non perde le pigne ma le squame
la sofferenza e il piacere ambedue fonti di sapere
i misteri non più piccoli ma sempre diversi
le pietre che ai viandanti mostrano la direzione
l’amore invisibile
non fa schermo di sé

Jan Twardowski


La pace delle cose selvagge


Quando la disperazione per il mondo cresce dentro di me
e mi sveglio di notte al minimo rumore
col timore di ciò che sarà della mia vita  e di quella dei miei figli,
vado a stendermi là dove l’anatra di bosco
riposa sull’acqua in tutto il suo splendore  e il grande airone si nutre.
Giungo nella pace delle cose selvagge
che non si complicano la vita con previsioni
di dolore. Giungo al cospetto delle acque calme.
E sento su di me le stelle cieche di giorno
in attesa di mostrare la loro luce. Per un po’
riposo nella grazia del mondo e sono libero.

Wendell Berry


Il primo verso


Il primo verso lo sussurra Dio,
giunge dall’alto come una cometa,
ne osservo il corso quale anacoreta
ansioso di seguirne il luccichio.
Mi sveglia presto col suo mormorio,
una carezza languida e segreta
che mi riscuote come un’aria lieta,
appena un po’ più forte d’un fruscio.
Poi gli altri versi seguono sicuri,
si compongono come un universo
docili nello schema delle rime.
Mi sembra un’abitudine sublime guardare
innanzitutto al cielo terso
per iniziare a scriver versi puri.

Luca Alvino
(da: «Cento sonetti indie», 2021)


Io vivo nella Possibilità


Io vivo nella Possibilità,
una casa più bella della Prosa,
di finestre più adorna,
e più superba nelle sue porte.
Ha stanze simili a cedri,
impenetrabili allo sguardo,
e per tetto la volta
perenne del cielo.
L’allietano visite dolcissime.
E la mia vita è questa:
allargare le mie piccole mani
per accogliervi il Paradiso

Emily Dickinson


Qui ora


Pace qui con gli uccelli
dove si stirano i cani
e le erbe appena nate
brillano sotto il viola dei monti
e le case ocra fra gli ulivi.

Qui da millenni
mi attesero i sentieri
e, seduto a questa svolta, Dio,
pure lui da millenni,
sotto le guglie dei cipressi
crepitanti su erme badie.

Agostino Venanzio Reali


Si è immersi nel colore


Si è immersi nel colore
in quest’ora dolce dell’eterno.
La luce fa brillare le forme.
Tutto è lieve e si offre,
immagine di sé,
a raccogliere
il respiro dell’Universo.

È l’ora minima
quando tutto si concentra
in assolato riposo.
L’età dell’oro sembra rivivere
tra acque e canneti
e un cielo d’aria
avvolge e dilata
l’essenza e l’essere.

La luce sembra stillare
su ogni apice d’erba,
i prati brillare ovunque,
nitide le ombre si prolungano
in un tempo eterno, incorruttibile.

L’anima sazia di splendore
vive l’incanto
nel contemplare
l’approdo felice
alla sacralità naturale.

Questa vastità che irrompe nel cuore
è il palpito della luce,
così non puoi negarlo l’Infinito.
E l’anima prende volo  nella Bellezza.
Lo sguardo cerca il luogo d’elezione
ove s’annidi il cuore.

Le cose stanno tutte  in silenzio
aspettano che io senta
il respiro degli Angeli.
E Angeli si fanno gli alberi e le rose
nella trasparenza dell’essenza pura
della vita e dello spirito.

E la contemplazione
è già ringraziamento.
Nel mio sguardo
si specchia la Bellezza,
la conoscenza  del Divino.

Silvia Venuti


Originaria meraviglia


Passano i giorni e dimentico il mistero.
Problemi insolubili e problemi che offrono
le loro particolari soluzioni, ignorate,
si accalcano e vogliono la mia attenzione,
affollano la sua anticamera con una schiera
di distrazioni, cortigiane, con
vesti colorate, berretti a sonagli.
E poi
ancora una volta il quieto mistero
mi si presenta, il frastuono della folla
recede: il mistero
che ci sia qualcosa, una qualsiasi cosa,
per non parlare del cosmo, della gioia, della memoria,  di tutto,
invece del vuoto: e che, Oh Signore,
Creatore, Santo, Tu ancora
un’ora dopo l’altra la sostieni.

Denise Levertov