La venerabile Maria Bordoni e monsignor Marcello Bordoni

Due fratelli tra teologia e santità

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16 febbraio 2021

Il prete romano Marcello Bordoni nacque il 27 gennaio 1930. Nel 1954 fu ordinato a San Giovanni in Laterano e nel 1965, poco dopo aver conseguito il dottorato di ricerca in teologia, incominciò a insegnare cristologia nella Pontificia università Lateranense, dove ha passato tutta la vita, concludendo la sua docenza nel 2000. Quattordici anni prima di lui, il 13 ottobre 1916, era nata Maria, la primogenita, sorella maggiore tra i sei fratelli, ai quali nel tempo dedicò premure materne. Dopo circa un secolo, il 6 marzo 2018, Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle cause dei santi a promulgare il decreto circa le virtù eroiche di Maria Bordoni: da quel giorno è dichiarata venerabile.

Un professore e una venerabile. Si trattò di due vite comparate o di due vite parallele? La loro vicenda umana ed ecclesiale inevitabilmente induce a un impegno di raffronto, che grava su di noi con un pensiero docile alle parole della speculazione come alle elevatezze dell’indicibile. Due figli messi tra teologia e santità, non opposti, non concentrici, ma due vite compiute, due esistenze spiegate, aperte e chiare, due trasparenze affacciate su l’Oltre, due vele in dialogo d’attrazione con l’unico orizzonte. Oppure due vite riflesse? Alle domande fa specchio opportunamente un volume fresco di stampa che sembra volare alto, con felice leggera agilità, sulle pensosità ora mormorate, non dimenticandole, ma rendendone ragione con sicura evidenza anche nel titolo: Al centro il sacerdozio di Cristo. La spiritualità della Venerabile Maria Bordoni e i suoi riflessi nella teologia di Marcello Bordoni, Assisi, Cittadella Editrice, 2020, pagine 378, euro 23. L’autore è Nicola Ciola, docente di cristologia nella Pontificia università Lateranense, discepolo e successore del professore nella stessa cattedra.

L’intento programmatico del volume non è dei più semplici, posto com’è a collegare due vertici, non omologandoli, ma lasciando a ciascuno la sua acuta sovranità in campi limitrofi, di per sé irriducibili, eppure in perpetuo colloquio. Perché teologia e santità si parlano, qui anche con gli accenti della fraternità. Seguendo la guida del titolo scopriamo sacerdozio e spiritualità come un terreno di possibili reciproci incontri tra il professore e la venerabile. Ci si chiede inevitabilmente: il sacerdozio in teologia o il sacerdozio nella spiritualità? O nell’uno e nell’altra? Con quale tipo di relazione? Un rapporto di semplici riflessi come tra due distanze, come la voce e la sua eco, come la luna nel pozzo? La venerabile, con la sensibilità ascetica del suo tempo, coglie fin da subito, sul piano esistenziale, nella sua esperienza mistica e nella sua vita quotidiana di battezzata, l’intimo legame tra il sacerdozio di Cristo e il suo sacrificio per amore. Avverte che questa è la sua vocazione dichiarata: «Offrire e tacere, soffrire con gioia tutto fino alla fine per il bene delle anime e per aiutare il sacerdozio». Nella Bordoni si adempiva anche quella vita spirituale oggi denominata come mistica del quotidiano.

Il programma che prevede soffrire e tacere, soffrire e sorridere, soffrire e gioire porta a non appartenersi più, come vittima inchiodata insieme al Cristo sulla croce, in una esperienza di immedesimazione, per obbedienza al Padre e per amore delle anime. Si nota qui che il binomio sofferenza-offerta è inteso chiaramente come atto d’amore. Nella spiritualità di Maria Bordoni proprio questa dimensione agapica si afferma come motivazione dell’offerta di se stessa, apportando un significato nuovo al linguaggio vittimale. Occorre allora parlare per la Bordoni non di spiritualità vittimale, bensì di spiritualità oblativa, poiché la partecipazione al sacerdozio di Cristo consiste nel ricevere il suo stesso desiderio di amore nell’offerta totale di sé. Certamente ciò che la venerabile ha vissuto, fin nella sua carne, cioè l’ideale sacerdotale del dono di se stessa per associarsi al mistero della redenzione del Figlio di Dio, di fatto è ben interpretato dal fratello teologo. Si potrebbe dire perciò che nelle pagine dello studioso lateranense è presente tutto il significato della spiritualità sacerdotale della venerabile, la quale ha saputo intuire misticamente la motivazione della sofferenza di Gesù crocifisso nell’amore di Dio che sa cambiare il dolore in amore. Il suo stile di vita, incarnato in un’esperienza di eccezionale carità, è stato elevato dal fratello a tema teologico.

Al culmine dell’itinerario d’immedesimazione al sacrificio della croce, Maria Bordoni trova il compimento del suo carisma nell’immagine di Maria, madre del Crocifisso. Qui c’è originalità, che consiste nel portare decisamente il suo sguardo su Maria Vergine dentro il mistero di Cristo, nell’averla colta come Colei che è tutta di Cristo, nella docilità allo Spirito. La Bordoni contempla in vita la singolare unione sacerdotale della Madre di Dio con il Verbo incarnato. Ella va associata alle figure mistiche moderne che hanno declinato al femminile i doni di grazia ricevuti. Suo fratello non esclude la mistica dalla sua speculazione teologica, quando afferma in alcuni passi della sua poderosa opera cristologica: «In uno stesso Spirito si compie la mistica identità tra Cristo e la Chiesa, identità nella comunione di vita» (Gesù di Nazaret Signore e Cristo, ii , pagina 470), esemplificando poi: «La nascita mistica della Chiesa è impersonata nella Donna Maria, la madre di Gesù» (ibidem, iii , pagina 140). La nostra venerabile si è configurata marianamente perdendosi e ritrovandosi membro di Gesù Cristo sacerdote e vittima.

Nell’orizzonte della mistica nella Chiesa sorgono distintamente due individualità che si fatica a trascurare in questo discorso. Sorprende per circostanze esterne e soprattutto per caratteri spirituali un’affinità nettissima tra Maria Bordoni e la serva di Dio Luigina Sinapi. Ambedue laiche nate nell’autunno del 1916 (13 ottobre e 8 settembre), l’una e l’altra morte nella primavera del 1978 (16 gennaio e 17 aprile). Come Maria anche Luigina ebbe doni mistici fin da bambina, da giovane fu guarita da una malattia mortale, scelse come programma di vita “soffrire e offrire”, si offrì vittima per i sacerdoti, nutrì un’intensa devozione a Maria, la “Mamma celeste”. Quasi si impone spontaneamente il sogno di vedere insieme queste due creature romane nel cielo dei beati. Altra affinità addirittura nelle espressioni verbali si riscontra tra Maria Bordoni e sant’Angela da Foligno, come è notato anche nel volume (pagina 80). Valgano come esempio i passi della comunione dei cuori. Angela scrive: «E andavo pensando che il mio cuore sarebbe entrato nel cuore di Dio e il cuore di Dio nel mio». Fa eco Maria: «Una volta Gesù, molto tempo fa, me lo disse che mi avrebbe portato via il cuore per darmi il Suo».

Maria Bordoni ha coltivato una messe di relazioni e impegni, ma tutto ha compiuto in seno alla Chiesa, in vista dell’ascesi personale, della carità espressa anche nella fondazione di un istituto, immersa da laica nella concretezza della vita cristiana concepita come partecipazione al sacerdozio di Cristo riflesso nell’oblatività dell’agape. Il concilio Vaticano ii trova così un felice anticipo nella condotta esemplare di questa donna vissuta nel mondo, dotata di doni mistici e superdotata di immedesimazione con Cristo pontefice della Nuova Alleanza.

Si rischia di mortificare il volume così denso, facendo necessariamente ricorso a queste poche note iniziali, che potranno servire da stimolo alla lettura integrale. In esso comunque si ammirano due primati con la pubblicazione di due inediti: la relazione del fratello don Marcello per la positio nella causa di beatificazione e il sorprendente epistolario della sua corrispondenza, nientedimeno, con quell’altro prete romano che fu don Giuseppe De Luca. L’epistolario pubblicato, per la prima volta per intero, rimane un documento eccezionale a testimonianza di come un’amicizia spirituale tra due persone di età diverse abbia concorso a un servizio ecclesiale di prima grandezza, il primo nel mondo della cultura, la seconda nella carità operosa verso chi non pensava di poter essere amato. E così il De Luca che bussava alla porta della casa degli orfani dell’Opera Mater Dei di Castel Gandolfo si faceva discepolo della Bordoni; in quella creatura ritrovava un punto di riferimento per la sua vocazione sacerdotale.

La fraternità immersa tra teologia, mistica e santità fornisce un ultimo accento. Il professore Marcello Bordoni ha reso una testimonianza imponente circa la santità della sorella e i fondamenti teologici della sua spiritualità. Ma il suo scritto si ferma di fronte al mistero: don Marcello solo dopo la morte della sorella ha conosciuto i suoi doni mistici e il suo travaglio interiore. Le due vele, prima riflesse, ora sono fuse in unica trasparenza nello splendore della verità e della santità di Dio.

di Fortunato Frezza