Tra ecclesialità e storia

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13 febbraio 2021

È interessante notare come l’istituzione della Colletta del Venerdì santo abbia due fondamenti: uno ecclesiale e l’altro storico. Il primo è radicato nella predicazione apostolica di san Paolo che raccomandava un concreto sostegno ai fratelli cristiani della Giudea attraverso la colletta. Il secondo, frutto di una esplicita volontà, è stato sancito da Clemente vi , il quale con la sua bolla Nuper Carissime, emanata il 21 novembre 1342, lo dava chiaramente a intendere, nel rivolgersi ai Reali di Napoli all’indomani della donazione al sultano di Egitto volta al riscatto dei luoghi santi, dicendo: «Perciò la sullodata Regina [Sancia di Maiorca, moglie di Re Roberto d’Angio’, fratello di san Ludovico di Tolosa] ci ha umilmente pregati che con la nostra autorità apostolica concedessimo in perpetuo al Re e a Lei nonché ai loro successori, di poter scegliere ed inviare le dette tre persone secolari, ogni qualvolta ce ne fosse bisogno, e mandare ogni anno il necessario per i Frati e i loro detti aiutanti». Continua poi nell’altra sua bolla Gratias Agimus, emanata sempre nella stessa data, riaffermando: «Poiché da parecchio tempo ella ha inteso mantenervi continuamente a sue spese dodici frati del vostro Ordine per compiere la Divina Ufficiatura... in adempimento alla sua pia devozione e a quella del Re in tale faccenda, ci supplicò umilmente d’intervenire con la nostra autorità apostolica al fine di provvedere a quei medesimi Santi Luoghi».

Era chiara volontà del Papa assicurare tutto ciò che in un modo o nell’altro avrebbe contribuito alla salvaguardia e alla dignitosa assistenza dei cristiani della Palestina che avrebbero costituito la peculiarità della presenza dei Francescani in Terra Santa, custodi di santuari, sì, ma anche solleciti pastori delle chiese e di ogni altra istituzione a garanzia del consolidamento e dello sviluppo della fede cristiana. Nel 1421 Papa Martino v estendeva a tutta la Chiesa cattolica e universale il dovere morale di contribuire alla conservazione, alla salvaguardia e al dignitoso servizio liturgico dei santuari di Terra Santa con volontari e testimoniare gesti di solidarietà con elargizioni ed elemosine. Negli ultimi tempi, Paolo vi , come devoto e riconoscente pellegrino in Terra Santa nel gennaio del 1964, attraverso la sua esortazione apostolica Nobis in animo datata 25 marzo 1974, giusto dieci anni dopo il suo pellegrinaggio, ha voluto che in tutte le diocesi tale colletta fosse organizzata il Venerdì santo o in altri giorni dell’anno se necessario come Giornata mondiale a favore della Chiesa in Terra Santa. Paolo vi era stato testimone oculare della feconda operosità missionaria dei Frati minori in Terra Santa, e aveva tutte le ragioni per insistere sulla necessità di una maggiore e costante cooperazione da parte del mondo cristiano, memore che, soprattutto a partire dall’inizio del diciannovesimo secolo, i Francescani avevano di gran lunga ampliato il raggio delle loro attività sociali, caritative, culturali e di beneficenza in Terra Santa a fronte delle crescenti difficoltà in cui versavano i cristiani locali.

Non deve sfuggire che la finalità della colletta pro Terra Santa, in un primo momento solo a essa destinata e, in seguito alla ricostituzione del secolare Patriarcato latino di Gerusalemme il 23 luglio dell’anno 1847 con il breve Nulla celebrior di Pio ix , a tutte le altre istituzioni cattoliche impegnate con anima e spirito missionario a vantaggio della locale comunità cattolica e, per riflesso, di qualsiasi altro cristiano ivi presente, adombrate nell’espressione “Chiesa in Terra Santa”, contribuisce a svariati compiti e mansioni che in questi ultimi tempi si sono ampliati a dismisura sia in termini quantitativi che in termini qualitativi, con spese e dispendi di forze alquanto elevati.

La Santa Sede indicò a tal proposito come far sì che tali offerte arrivassero concretamente ai frati di Terra Santa, disponendo che fossero «inviate, senza dilazione di tempo, o al più vicino Commissariato di Terra Santa, oppure a questo Sacro Dicastero, tramite il Rappresentante Pontificio in codesta Nazione». Ma fu anche necessario, sin dai primi tempi, preporre a tale riscossione o ricezione persone ben definite, come era stata cura del Sommo Pontefice Martino v , il quale nella sua bolla His quae pro ecclesiasticarum del 14 febbraio 1421 «autorizzava il Guardiano del Monte Sion ad istituire, destituire e sostituire Procuratori o Commissari nei Paesi cristiani per ricevere e raccogliere elemosine e donazioni, e procurare il necessario per sostenere la missione dei frati della Custodia di Terra Santa per la cura dei Luoghi Santi». Papa Martino v , assecondando il pensiero dei suoi predecessori, diceva: «Allo stesso modo, la stessa autorità conceda generosamente ai Fratelli quelle offerte che sono date secondo le circostanze dalla pia generosità dei fedeli e che servono a sostenere la vita del Guardiano e dei Fratelli dai loro Procuratori o Commissari, che i Fratelli stessi e i loro successori scelgono per questo ufficio». Con una sola pennellata, il Papa incastona la figura del commissario di Terra Santa, definendolo «Procuratore» per l’intrinseca sua funzione di «procurare il necessario» e altre volte con colorita espressione «ambasciatore di Gerusalemme». Sono oramai trascorsi 600 anni da quando Papa Martino v emanò la sua bolla nel 1421, che già delineava nettamente il profilo specifico di un procuratore o commissario di Terra Santa, il cui compito consiste nel far conoscere la Custodia e i suoi innumerevoli campi di servizio; incoraggiare, organizzare e accompagnare i gruppi di pellegrini a visitare i luoghi santi; promuovere l’annuale Colletta pro Terra Santa e altre forme di sostegno economico alla nostra missione; favorire le vocazioni a servizio della Terra Santa.

I commissari di Terra Santa non sono sempre stati necessariamente frati e religiosi dello stesso ordine di san Francesco. Non lo sono stati certamente all’inizio dell’epopea dei frati in Terra Santa. C’è stato un periodo nel quale i nostri missionari affidarono a dei laici il compito di gestire le elemosine ricevute. Fu con costoro che entrò in uso per la prima volta la parola «procuratore» di Terra Santa, dando vivida vita all’idea di una persona dedicata a questa funzione. Il primo laico citato nel 1392 è il mercante Ruggero Contarini1, assistito dal fratello, prima, e dal nipote, poi. Vicino a fra’ Gerard Chauvet, che divenne poi custode di Terra Santa (1387/1388-1398)2, Contarini fu nominato «procuratore per il territorio della Repubblica di Venezia» e mantenne una stretta corrispondenza con quest’ultimo, come con il suo successore fra’ Jean de Rochefort. Una sorta di “colletta” per i luoghi santi erano altresì le laute elargizioni e donazioni che i mercanti delle repubbliche marinare presenti in Oriente, soprattutto a Beirut, davano ai frati francescani perché assicurassero loro gli essenziali servizi religiosi e liturgici e provvedessero al decoro delle loro chiese e conventi, dove non rare volte trovavano anche ospitalità.

Una indubbia caratteristica dei frati della Custodia di Terra Santa è stata l’alto senso di profonda gratitudine e riconoscenza nutrito nei confronti dei suoi benefattori che a vario titolo e in diverse maniere hanno concretizzato le sollecitazioni dei Sommi Pontefici a sostegno dell’istituzione secolare della Custodia di Terra Santa, prendendosi particolarmente cura di quella tomba dalla quale la morte non uscì con nessun inno di vittoria, ma dalla quale venne la benedetta elargizione e donazione della vita eterna, alla quale ogni donazione ed elemosina per la sua dignitosa conservazione si associano.

di Sergio Galdi d’Aragona
Commissario generale di Terra Santa

 

1 Commissariato di Terra Santa di Venezia, a cura di Ivone Cacciavillani, stampato presso la Dipro di Roncade (Tv), 1992.

2 G. Golubovich, Biblioteca Bio-bibliografica della Terra Santa e dell’Oriente Francescano, Quaracchi, 1906, tomo v , pp. 268-270.