Dal rappresentante della Santa Sede un appello alla pace e alla giustizia

L’Onu chiede il rilascio
di Aung San Suu Kyi

Buddhist monks march during a demonstration against the military coup in Naypyidaw on February 13, ...
13 febbraio 2021

Il Consiglio per i Diritti umani delle Nazioni Unite, riunito ieri a Ginevra in sessione speciale sulla situazione in Myanmar, ha adottato una risoluzione che chiede «il rilascio immediato e incondizionato di tutte le persone detenute arbitrariamente», compresi il presidente, Win Myint, e il consigliere di Stato e ministro degli Esteri, Aung San Suu Kyi, «e la revoca dello stato di emergenza».

Il testo, approvato senza ricorrere al voto dei 47 Paesi membri del Consiglio, deplora la destituzione del Governo e la sospensione dei mandati dei membri di tutti i Parlamenti, chiede il ripristino dell’Esecutivo eletto ed esprime «profonda preoccupazione» per la dichiarazione dello stato di emergenza da parte dei militari, il primo febbraio scorso.

Intervenendo alla sessione speciale, monsignor Ivan Jurkovič, Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevra, ha lanciato un appello alla pace e alla giustizia sociale nel Myanmar. Dopo avere ricordato come «fin dai tempi della sua visita apostolica del 2017, Papa Francesco ha portato il Myanmar nel suo cuore con tanto affetto», il presule ha auspicato che «coloro che hanno responsabilità nel Paese pongano se stessi e le loro azioni, con sincera disponibilità, al servizio del bene comune, dei diritti umani e civili fondamentali, così da promuovere la giustizia sociale, la stabilità nazionale e la convivenza armoniosa, democratica e pacifica». Esortando, quindi, le parti in causa a «mettere da parte tutto ciò che si frappone all'indispensabile processo di dialogo e di rispetto reciproco della dignità umana», monsignor Jurkovič ha invocato «una risoluzione pacifica e rapida delle tensioni in corso», dicendosi fiducioso del fatto che «un ulteriore dialogo possa portare alla pace tanto desiderata».

Rispetto ad una prima versione, il testo della risoluzione — promossa dall’Unione europea e dal Regno Unito — è stato mitigato nel corso dei negoziati che hanno preceduto il voto ed ha potuto essere approvato per consenso, anche se Cina e Russia si sono oralmente dissociati.

La risoluzione del Consiglio dell’Onu non fa cenno a sanzioni, ma invita fermamente le «forze armate e le altre forze e autorità di sicurezza del Myanmar» a prendere immediatamente provvedimenti per proteggere i diritti e le libertà fondamentali.

Secondo Nada al-Nashif, vice Alto Commissario per i diritti umani dell’Onu, sono oltre le 350 persone — tra politici e attivisti, ma anche giornalisti, monaci e studenti — arrestati in Myanmar dal primo febbraio scorso. Arresti che sono proseguiti anche oggi, ottavo giorno consecutivo di proteste contro il colpo di stato.