Indagine dell’episcopato francese sulla situazione degli studenti di fronte alla pandemia

Soli e in difficoltà

 Soli e in difficoltà  QUO-035
12 febbraio 2021

Hanno la sensazione di essere stati messi da parte eppure si tratta di una delle categorie più vulnerabili della società in tempo di coronavirus: degli studenti, in Francia, non si parla né nei titoli dei telegiornali, né si ha l’impressione che facciano parte delle priorità del governo, denuncia la Chiesa cattolica, la quale, suonando un campanello d’allarme, non intende abbandonare i giovani che da quasi un anno non frequentano più le aule scolastiche. In risposta alle loro aspettative, la Conferenza episcopale francese ha lanciato una grande consultazione nazionale attraverso l’Ecclesia Campus — una rete di 220 cappellanie universitarie e 80 comunità cristiane di giovani sparse in cento città — per valutare come gli studenti stanno vivendo la crisi sanitaria. Nel frattempo, i centri di pastorale giovanile stanno moltiplicando le iniziative di sostegno materiale.

«Siamo stati avvertiti dalla cappellania nazionale della pastorale universitaria sulla situazione veramente catastrofica dei giovani studenti di oggi. Si sta ipotizzando un terzo periodo di confinamento, ma in realtà gli studenti sono gli unici che non sono mai usciti dall’isolamento visto che da quasi un anno i corsi in presenza sono stati interrotti nelle università francesi», racconta monsignor Laurent Percerou, vescovo di Nantes e presidente del Consiglio episcopale per la pastorale giovanile. «Degli studenti si parla poco, eppure oggi i giovani che non vivono in un appartamento condiviso con amici o che non hanno la possibilità di rientrare in famiglia per seguire la didattica a distanza in un quadro più accogliente si ritrovano isolati nelle loro stanze, potendo comunicare solo davanti allo schermo e privi di ogni possibilità di vita sociale a causa del coprifuoco alle sei di sera», denuncia il presule.

Sul territorio francese i responsabili locali della pastorale giovanile hanno notato che alcuni studenti sono ormai al margine del disagio psicologico: si tratta di stati di depressione, burn-out, ma a volte anche tendenze suicide, a cui si aggiungono le drammatiche conseguenze economiche, dal momento che sono scomparsi quei piccoli impieghi, spesso legati alla ristorazione, ai quali una parte degli universitari prima del periodo di confinamento faceva ricorso per soddisfare le loro esigenze. Senza o con pochissime risorse, gli studenti universitari sono costretti a frequentare i negozi di alimentari sociali, o a recarsi nei punti di distribuzione di pasti gratuiti. A questa situazione di grande precarietà la Conferenza episcopale tenta di rispondere al meglio, moltiplicando le iniziative di sostegno, senza distinzione di fede o di convinzioni; innanzitutto attraverso un aiuto materiale, a livello economico e alimentare, ma anche psicologico.

È in questo senso che è stata lanciata la grande inchiesta nazionale volta a esaminare come gli studenti stanno vivendo la crisi sanitaria, i cui risultati saranno condivisi nel quadro di un incontro con le autorità pubbliche e consentiranno alle cappellanie di accompagnare gli studenti nel modo più appropriato. Le domande riguardano l’impatto della pandemia sulla salute, la vita sociale, i risultati scolastici, l’inserimento professionale. Altro scopo dell’indagine è di capire cosa pensano gli studenti dei sacrifici necessari per il bene comune. Ai giovani cristiani viene chiesto, in particolare, in che maniera la loro fede li aiuta a superare le difficoltà, se sono soddisfatti del modo in cui il gruppo di appartenenza ha adattato le proposte pastorali alla crisi, e come possono contribuire a servire per il bene comune durante questa crisi sanitaria.

Terzo e ultimo obiettivo dell’azione dell’episcopato a difesa degli studenti: suonare il campanello di allarme presso le autorità pubbliche. «L’istruzione superiore non è solo apprendimento, ma anche incontro con gli insegnanti e confronto con gli altri studenti, è tutta una coscienza che si forma nell’ambito degli studi. Tutto questo è fermo da un anno, abbiamo una giovinezza perduta, in un certo senso sacrificata», denuncia monsignor Percerou, che invita il governo ad autorizzare gli studenti a ritrovarsi, condividere e riprendere la loro formazione, «anche se probabilmente in modo imperfetto». Ciò che sta accadendo ora «è molto preoccupante, le autorità devono prendersi cura di questa generazione che oggi si trova isolata, persa, smarrita», ritiene il vescovo di Nantes, che di persona ha potuto percepire la rabbia tra gli studenti, in particolare durante alcune manifestazioni di cui non si è parlato. «Non è consentito loro di guardare al futuro con speranza, né di assumersi la responsabilità di costruirsi un domani», conclude il presidente del Consiglio per la pastorale giovanile, chiedendosi: «Quanto vale una società che delude un’intera generazione chiamata tra qualche anno a esercitare responsabilità al servizio della società stessa?».

di Charles de Pechpeyrou