Multilateralismo
Secondo i dati delle Nazioni Unite

Il dramma delle migrazioni climatiche

A power-generating windmill turbine is pictured during sunset at a wind park at Bihucourt near ...
12 febbraio 2021

Dal Nord al Sud del mondo gli eventi atmosferici estremi, causati dai cambiamenti climatici provocati dalla mano dell’uomo, costringono ogni anno milioni di persone ad abbandonare la propria casa, la propria terra per cercare rifugio altrove. Cicloni tropicali, piogge torrenziali e inondazioni, desertificazione, aumento del livello del mare, l’acqua che invade e rovina per sempre il terreno faticosamente coltivato, la siccità che uccide il bestiame, le case distrutte dai tornado, e dunque la fame e la povertà che obbliga a partire.

Un esempio tra tutti è il dramma che ha coinvolto le popolazioni che abitavano le sponde del lago Ciad. In pochi anni le acque del lago, tra i più grandi dell’Africa, si sono ridotte fino a trasformare l’enorme bacino quasi in un acquitrino, intorno al quale si sta consumando una delle crisi umanitarie più gravi del continente africano. Le aree della Nigeria nord-orientale, del Niger sud-orientale, del Ciad occidentale e del Camerun settentrionale che si affacciano su quel che resta del lago sono colpite da profondi processi di desertificazione e siccità. Stagioni aride si alternano a periodi di rovesci torrenziali senza precedenti che causano inondazioni improvvise nei villaggi e nei campi costringendo migliaia di persone a spostarsi. Fame e malnutrizione sono a livelli critici: secondo gli ultimi dati delle Nazioni Unite circa 10 milioni di persone nell’area vivono una grave situazione di insicurezza alimentare.

Per sopravvivere, queste popolazioni sono costrette a migrare. I dati ci dicono che oggi, quasi 2 miliardi di persone nel mondo dipendono dai fragili ecosistemi delle zone aride e semiaride, e il 90% di esse vive nei paesi in via di sviluppo. Queste condizioni sempre più estreme aumentano la migrazione cosiddetta climatica che sta assumendo connotati da esodo biblico. Basti pensare che già nella prima metà del 2020, i disastri riconducibili al cambiamento climatico hanno provocato 9,8 milioni di sfollati e sono stati, anche in questo caso, il principale fattore di nuovi spostamenti interni a livello mondiale. E si tratta di numeri destinati ad aumentare, secondo gran parte degli analisti e ricercatori. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) stima che, entro il 2050, circa 200-250 milioni di persone si sposteranno per cause legate al cambiamento climatico.

Questo significa che in un futuro non troppo remoto, una persona su quarantacinque nel mondo sarà un migrante ambientale. Secondo il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, infatti, entro il 2100 si registrerà un incremento dell’innalzamento del livello dei mari di 98 centimetri. Inoltre se si raggiungessero e superassero i due gradi centigradi di aumento della temperatura, potrebbe verificarsi un innalzamento del livello del mare di 5 metri nell’arco di 50 anni. Ciò causerebbe la perdita della maggior parte delle città costiere, con conseguenze catastrofiche considerando che delle 50 città più grandi del mondo, ben 30 si trovano sull’oceano. E se questi argomenti sembrano lontani da noi nel tempo e nello spazio, forse è importante considerare l’allarme lanciato dall’Unhcr e dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) secondo cui il momento è drammatico per tutti perché l’emergenza climatica si combina ora con le conseguenze della pandemia di covid-19, i conflitti in corso, il numero record di persone sradicate dalla loro terra, la crisi economica e i crescenti disordini sociali.

Nel corso di una conferenza sul tema, Unhcr e Oim hanno dunque invitato gli Stati a rafforzare la protezione e l’assistenza alle popolazioni costrette a migrare a causa delle catastrofi naturali. «Dobbiamo investire ora per anticipare le future esigenze di protezione e prevenire ulteriori spostamenti causati dal cambiamento climatico. Aspettare che la situazione diventi critica non è un’opzione» ha detto l’Alto Commissario Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, annunciando che la rete migratoria delle Nazioni Unite, creata per sostenere l’attuazione del Global Compact on Migration, ha fatto della migrazione legata ai cambiamenti climatici una priorità assoluta per il 2021.

di Anna Lisa Antonucci