Dopo il colpo di Stato

Sanzioni statunitensi
contro la giunta militare
del Myanmar

Protesters hold National League for Democracy (NLD) party flags as they take part in a demonstration ...
11 febbraio 2021

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha annunciato ieri sera sanzioni economiche contro gli esponenti della giunta militare in Myanmar, che attraverso un colpo di Stato ha preso il potere nel Paese asiatico.

«Va immediatamente restaurata la democrazia, e vanno immediatamente rilasciati tutti i leader politici e gli attivisti reclusi», ha affermato, puntando il dito, soprattutto, contro l'arresto del presidente del Myanmar, Win Myint, e del consigliere di Stato e ministro degli esteri, il premio Nobel per la pace (1991), Aung San Suu Kyi.

Biden ha quindi spiegato che le sanzioni colpiranno i vertici militari coinvolti nel golpe, con il congelamento dei loro beni ed asset negli Usa e del loro accesso ai fondi. Sanzionate anche alcune società ed entità complici dell’operazione che ha deposto Suu Kyi, ora ai domiciliari. A nulla finora sono valsi i tentativi di Washington (ufficiali e non) per mettersi in contatto con il premio Nobel. Ogni richiesta è stata finora respinta dai generali, spiegano al Dipartimento di Stato, dove non si escludono ulteriori misure punitive nei prossimi giorni.

«Tutti i passi vengono e verranno decisi in stretto coordinamento con gli alleati», ha spiegato il portavoce della Casa Banca, Jen Psaki. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, e il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, sono già al lavoro con diverse opzioni sul tavolo, compreso il taglio degli aiuti statunitensi al Myanmar, accusato da tempo anche di atrocità contro i rohingya, la minoranza etnica musulmana che vive nel nord del Paese asiatico.

Stamane, sfidando i continui divieti imposti dall'esercito, migliaia di manifestanti sono scesi lo stesso in strada per il sesto giorno consecutivo, chiedendo il ripristino del Governo civile e il rilascio di tutte le personalità arrestate.

In un comunicato diffuso dall'Unicef, l'agenzia delle Nazioni Unite si è detta «profondamente preoccupata» per l’impatto della crisi in corso in Myanmar sul benessere dei bambini, ricordando a tutte le parti i loro obblighi a rispettare i diritti dei minori sanciti dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, di cui il Myanmar è Stato Parte, e dalla Legge sui diritti dei bambini del Myanmar promulgata a luglio del 2019. Questi diritti — precisa il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia — includono quello alla protezione, alla partecipazione, a riunioni pacifiche e alla libertà di espressione. Inoltre, includono la libertà dalla detenzione illegale o arbitraria o dalla separazione dai genitori. In situazioni di crisi — si legge nel comunicato dell'Unicef — i bambini sono spesso colpiti in modo sproporzionato e, come prima considerazione, è fondamentale che le tutte le parti rispettino il superiore interesse dei bambini, uno dei principi centrali della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

Nel contesto delle manifestazioni e degli eventi in corso, e delle notizie di ferimenti, alcuni potenzialmente mortali, l'Unicef chiede a tutte le parti coinvolte, comprese le forze di sicurezza, di esercitare la massima moderazione, di risolvere le differenze attraverso mezzi costruttivi e pacifici, e di dare priorità alla protezione e alla sicurezza dei bambini e dei giovani mentre esprimono le loro opinioni.

Domani, intanto, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite terrà una sessione straordinaria sulla crisi in Myanmar.