Si estende in India
la rivolta dei contadini

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05 febbraio 2021

Dopo tre mesi di dimostrazioni, largamente partecipate ma sempre pacifiche nello svolgimento, le proteste degli agricoltori indiani contro le riforme introdotte dal governo di Narendra Modi hanno portato per la prima volta a degli scontri fra i manifestanti e le forze dell’ordine. È quanto accaduto a Nuova Delhi lo scorso 26 gennaio durante le celebrazioni per la Festa della Repubblica Indiana, la ricorrenza dell’entrata in vigore della costituzione del 1950. In questa occasione alcuni manifestanti hanno forzato i blocchi stradali a bordo dei loro trattori e fatto poi irruzione nel Forte Rosso, un edificio di epoca Mughal altamente simbolico per la città. I disordini successivi hanno visto le forze dell’ordine scontrarsi con i dimostranti in diverse zone della città, causando una vittima e oltre 300 feriti fra manifestanti e agenti di polizia. Un rappresentante delle unioni agricole ha condannato gli scontri, attribuendone la responsabilità ad agitatori esterni al movimento e dichiarando che la protesta dei contadini rimarrà sempre pacifica come è stata in precedenza. Dopo i disordini di Nuova Delhi, i manifestanti si sono ritirati dalla città e hanno cancellato la marcia di protesta davanti alla sede del parlamento, prevista inizialmente per il 1° febbraio. Nei giorni successivi agli scontri si sono verificati diversi tafferugli di minore entità su tutto il territorio indiano. Una marcia di protesta nella capitale era già stata organizzata nel mese di novembre dagli agricoltori, ma la polizia ne aveva impedito lo svolgimento.

La contestazione dei contadini indiani è stata provocata dalle tre leggi agricole approvate a settembre 2020 dal governo indiano senza una previa consultazione con le organizzazioni del settore. I provvedimenti in questione prevedono un processo di liberalizzazione dell’agricoltura nazionale, mirato alla sua crescita esponenziale. L’agricoltura indiana è tuttora basata su un sistema tradizionale chiamato “mandi”, che prevede la vendita dei prodotti a punti di raccolta statale con un prezzo regolamentato.

I contadini indiani temono che la riduzione del ruolo dello Stato nel settore li lasci privi di tutele, favorendo le multinazionali e costringendoli a cedere i terreni. Al momento, quasi il 60% della popolazione indiana è impiegata nell’agricoltura, nonostante il settore rappresenti solo il 15% del prodotto nazionale. Dei 600 milioni di contadini, 9 su 10 sono piccoli agricoltori, la categoria che si oppone maggiormente all’introduzione delle nuove leggi. La situazione dei coltivatori indiani appare inoltre già molto difficile, in quanto è stato stimato che oltre il 50% di loro è indebitato.

I partecipanti alle proteste, accampati nei dintorni della città di Delhi dallo scorso novembre, sono in gran parte membri della comunità Sikh provenienti dagli Stati del Punjab e dell’Haryana, i territori più produttivi dal punto di vista dell’agricoltura. Questi hanno poi ricevuto supporto dagli agricoltori di altri Stati e anche da alcuni partiti politici all’opposizione.

Il governo centrale di Narendra Modi, attualmente al secondo mandato, è stato già oggetto di forti critiche da parte della popolazione indiana per alcuni provvedimenti adottati negli ultimi anni. Gli esempi più significativi a questo riguardo sono la revoca dell’autonomia costituzionale allo Stato del Kashmir nell’agosto 2019, denunciata dalla popolazione locale come un attacco all’identità culturale del territorio, e la risposta alla pandemia covid-19, giudicata tardiva e causa di un numero elevatissimo di contagi in un arco di tempo relativamente breve, oltre che della peggiore recessione vista dal Paese asiatico nell’ultimo quarto di secolo.

Le trattative fra il governo di Modi e i rappresentanti delle unioni agricole si stanno rivelando molto complicate: finora hanno avuto luogo 11 incontri, ma senza risultati concreti. A gennaio, la Corte suprema dell’India ha deciso di rimandare l’entrata in vigore delle leggi discusse e di formare un comitato di mediazione fra le due parti. Gli agricoltori hanno però rifiutato mediazioni nella trattativa. Il governo indiano appare intenzionato a mantenere una linea dura rispetto agli eventi di Nuova Delhi.

di Giovanni Benedetti