Nella memoria liturgica della beata Elisabetta Canori Mora

Il peso della fede d’oro

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05 febbraio 2021

«In famiglia si potrà sperimentare una comunione sincera quando essa è casa di preghiera, quando gli affetti sono seri, profondi, e puri, quando il perdono prevale sulle discordie, quando l’asprezza quotidiana del vivere viene addolcita dalla tenerezza reciproca e dalla serena adesione alla volontà di Dio». Così Papa Francesco, domenica 27 dicembre, durante l’Angelus nella festività della Sacra Famiglia. Anno 2021, anno della Famiglia Amoris laetitia”, indetto dal Pontefice: è necessaria, dunque, una riflessione — a cui siamo tutti chiamati — sull’importanza del sacramento del matrimonio, sul cosa voglia dire «essere e vivere la famiglia». A quali figure potersi rivolgere, allora, per chiedere spunti, idee, consigli su questo tema? La risposta è semplice: a chi, proprio nella famiglia, ha trovato una via per raggiungere la santità.

Elisabetta Canori Mora, terziaria dell’ordine della Santissima Trinità, ci è riuscita. E ci invita, ancora oggi, a perseguire questo speciale cammino di santità nel matrimonio che vede la presenza viva, tangibile, delle tre Persone di Dio. La Canori Mora ci ha insegnato che proprio in quel «peso delle fedi d’oro» — viene quasi naturale citare il testo teatrale La bottega dell’orefice di san Giovanni Paolo ii che la rese beata proprio in occasione dell’Anno della Famiglia del 1994 — vi è un mistero che va al di là dell’orizzonte terreno. È l’amore per Dio, è l’amore per il proprio Sposo che ci conduce in un’ottica che travalica il nostro presente quotidiano per farci volare verso l’alto che — al contempo — si serve dello stesso vivere quotidiano. Così è stato per la beata Elisabetta: una santità vissuta “nell’ordinario in modo straordinario”. L’esortazione apostolica Gaudete et exsultate sulla chiamata alla santità del mondo contemporaneo ce lo ricorda.

Una vita, quella di Elisabetta, vissuta tra preghiera e famiglia. Tra l’Eucaristia e il pane spezzato con il marito Cristoforo Mora. Anche dopo il tradimento del marito — avvenuto solo dopo due anni dal matrimonio — quel pane continuerà a essere condiviso con lui. “Sposarsi nel Signore” vuol dire accettare pienamente la volontà di Dio anche in frangenti difficili. Questa si chiama santità.

Elisabetta Canori nasce nel 1774 da un’agiata famiglia romana. Viene educata dalle suore Agostiniane di Cascia: una mente brillante e profonda, sensibile d’animo e soave nell’aspetto, questo — in pochi tratti — il suo ritratto. Il matrimonio con Cristoforo, giovane avvocato, a soli ventidue anni. Ma è un matrimonio che la porrà davanti a sacrifici, sconfitte e umiliazioni come lo stesso tradimento da parte di Cristoforo. Ma Elisabetta decide di camminare per una strada diversa dalla logica umana: non lascia il marito, non abbandona il tetto coniugale. La famiglia Canori Mora vivrà anche un periodo di difficoltà economica. Il marito ormai ha attenzioni solo per la sua amante, dimenticando del tutto i suoi doveri coniugali. Nascono da questo matrimonio così sofferto due figlie: Lucina e Marianna. Elisabetta si divide tra lavoro, preghiera ed educazione. Elisabetta davanti a questa situazione, forgia lo spirito. Tempra la fede, divenendo, così, donna di grande forza spirituale grazie alla sua perfetta unione con il Signore. Deciderà di entrare nel Terz’ordine Trinitario: sublime congiunzione fra le tre Persone Divine. Entra in questo mistero con tutta sé stessa.

Donare tutto. Sé stessa a Dio, sé stessa al proprio marito: forse, è proprio questo il riassunto più efficace della sua santità. La scelta di fede della Canori Mora è sfociata nell’amore che — in spirali vorticose e difficili — è venuto poi a saldarsi con un altro amore, ancora più grande: quello di Dio. Elisabetta, nel suo diario spirituale, ci parlerà, infatti dell’«uomo che ha bisogno di Dio per salvarsi e di un Dio che ha bisogno dell’uomo per realizzare il suo progetto d’amore». È un discorso basato, dunque, sulla relazione. Ed Elisabetta Canori Mora ha vissuto questa relazione con Dio, nel sacramento del matrimonio, nel tarare bene «il peso delle fedi d’oro» trovando in queste «il peso dell’intera esistenza umana» alla luce di Dio.

di Antonio Tarallo