Appunti di viaggio

Culle vuote
La paura di invecchiare

 Culle vuote  La paura  di invecchiare  QUO-029
05 febbraio 2021

Negli anni Ottanta in Cina si scherzava sugli abitanti di Hong Kong, “programmati” con una corporatura alta e filiforme per occupare meno spazio possibile e catturare più ossigeno in una città dove la crescita demografica non si fermava più. Per la prima volta in 60 anni, nel 2020, nell’ex colonia britannica, le morti hanno però superato le nascite, 49.800 contro 43.100 bambini venuti al mondo, segnando bruscamente l’inizio di uno scenario che — secondo l’Accademia Cinese delle scienze sociali — riguarderà l’intera popolazione continentale a partire dal 2027. È quella la data in cui, dicono le previsioni, i cinesi cominceranno a diminuire.

Si potrebbe pensare che ciò costituisca una buona notizia per il Paese più popoloso del mondo — un miliardo 400 milioni di persone — guidato da un Partito comunista che, dalla fine degli anni Settanta, ha imposto un controllo delle nascite, attraverso la politica del figlio unico per famiglia. Viceversa i dirigenti cinesi — secondo quanto riferisce l’autorevole «South China Morning Post» — vedono con preoccupazione ed ansia un imminente calo demografico che finirebbe per mettere a rischio i risultati brillanti di un’economia in costante crescita e porrebbe serie sfide al sistema pensionistico nazionale e dunque al bilancio statale. Già dal 2016, il Partito comunista cinese ha autorizzato due figli per coppia. Il Paese sta però invecchiando e molti giovani, soprattutto coloro che vivono nelle grandi metropoli, rinunciano a fare figli per gli alti costi della vita e a causa delle forti pressioni sociali: «Tutti, a cominciare dai parenti, si aspettano da loro che posseggano un’automobile, che siano proprietari di una casa in un quartiere agiato e con buone scuole, prima ancora del matrimonio», spiega Alan Zhang, esponente di una ong che sostiene i diritti delle donne. «Ciò crea un diffuso senso di inadeguatezza nelle nuove generazioni di fronte alla prospettiva di crearsi una famiglia». Nel 2019, in Cina sono nati 14 milioni 650 mila bambini, mai così pochi dal 1961, quando il Paese fu colpito da una terribile carestia e la gente moriva letteralmente di fame.

In Cina, c’è già qualcuno che vorrebbe correre ai ripari, e dalla provincia dello Shanxi è partita una proposta perché il governo cinese adotti nuove misure per sostenere la natalità, promuovendo crescenti benefici per le coppie sposate e in particolare per le donne dai 21 ai 29 anni.

Tuttavia, secondo un esperto di popolazione, Liang Zhongtang, già membro dell’Accademia delle scienze sociali di Shanghai, e una delle voci più autorevoli in materia, difficilmente saranno varate nuove politiche demografiche a livello nazionale. «Penso che i dirigenti del Partito non abbiano più voglia di intromettersi nel controllo della popolazione o in faccende che provocherebbero un ginepraio di questioni etiche», ha detto al «South China Morning Post». Qualsiasi nuova politica demografica, compresa una campagna che incoraggi ad avere più bambini, rischierebbe di fare riesplodere le polemiche sui danni causati dall’imposizione del figlio unico. «Da tutti sarebbe sentita come un’interferenza alla libertà personale, riaprirebbe tante vecchie ferite e si potrebbe trasformare in un boomerang». «I cinesi hanno ormai il bisogno di essere lasciati autonomi nelle loro decisioni».

di Elisa Pinna