In un messaggio al popolo del Myanmar e alla comunità internazionale

Il cardinale Bo
chiede il rilascio
dei leader politici arrestati

Police stand guard on a street in Yangon on February 4, 2021, days after a military coup. (Photo by ...
04 febbraio 2021

«I rappresentanti eletti del nostro popolo che appartengono alla Lega nazionale per la democrazia sono agli arresti. Così sono molti scrittori, attivisti e giovani. Vi esorto a rispettare i loro diritti e a rilasciarli al più presto. Non sono prigionieri di guerra; sono prigionieri di un processo democratico. Promettete la democrazia: essa inizia con il loro rilascio». È questo l’appello lanciato dal cardinale Charles Maung Bo, Arcivescovo di Yangon, che, all’indomani del colpo di stato, ha rivolto al popolo del Myanmar e alla comunità internazionale un accorato messaggio.

«Ho guardato con tristezza i momenti oscuri della nostra storia — scrive il cardinale — e ho osservato con speranza la resilienza del nostro popolo nella sua lotta per la dignità. Attraversiamo uno dei periodi più difficili della nostra storia. Scrivo con amore verso tutti, cercando una soluzione duratura, pregando per la fine dell’oscurità che avvolge la nostra cara Nazione».

Esortando a rifiutare ogni forma di violenza, il cardinale lancia un appello: «Ci sono sempre modi non violenti per esprimere le nostre proteste. Non diamo spazio all’odio in questo momento in cui lottiamo per la dignità e la verità».

A pochi giorni dal colpo di stato si intensifica intanto l’attività delle diplomazie. Il segretario generale dell’Onu, António Guterres, in un’intervista al quotidiano statunitense «The Washington Post» ha assicurato che sarà fatto «tutto il possibile». «Faremo di tutto — ha dichiarato — per mobilitare gli attori chiave della comunità internazionale, per mettere sufficiente pressione sul Myanmar ed assicurarci che questo golpe fallisca». «Sfortunatamente, il Consiglio di Sicurezza non ha raggiunto l’unità a questo proposito», ha proseguito Guterres, alludendo alla decisione di ieri della Cina di bloccare una risoluzione di condanna presentata dal Regno Unito davanti all’Esecutivo dell’Onu.

Il segretario generale ha poi definito «assolutamente inaccettabile» il fatto che l’esercito si sia reso protagonista di un golpe «per rovesciare il risultato delle elezioni e la volontà popolare» dopo le legislative di novembre, vinte nettamente dalla Lega nazionale per la democrazia. Elezioni, ha concluso Guterres, «che si sono svolte nella normalità e dopo un lungo periodo di transizione».

Citando un documento di polizia, la Bbc informa che Suu Kyi resterà agli arresti fino al 15 febbraio. Il premio Nobel si troverebbe nella sua residenza a Naypyidaw, con l’accusa di violazione della legge sull’import-export, per avere importato illegalmente e utilizzato dispositivi di comunicazione, walkie talkie, trovati nella sua abitazione. Stando ai documenti a cui fa riferimento la Bbc, resterà agli arresti per due settimane anche il presidente deposto.