Storia di Adriane
«Pericoli di un viaggio nel tempo» di Joyce Carol Oates

Un futuro che assomiglia
al passato

Particolare della copertina
02 febbraio 2021

Avvincente come un thriller, inquietante come un incubo, tenero e commovente come una grande storia d’amore, Pericoli di un viaggio nel tempo (Milano, La nave di Teseo, 2021, pagine 352, euro 20, traduzione di Alberto Pezzotta), libro della prolifica scrittrice americana Joyce Carol Oates, è uno di quei libri che vanno diritto al cuore. E lo graffiano.

Ha 17 anni Adriane Stohl e vive nel 23-Snar, ossia nel ventitreesimo anno dalla fondazione degli Stati del Nord America Rifondati. Siamo in un futuro distopico, in uno Stato che è nuovo, sorto dopo gli anni dei Grandi Attacchi Terroristici e che ha scelto di chiedere/imporre ai cittadini una totale adesione alle regole che, sole, possono difendere la Vera Democrazia, assicurata da un rigido controllo sui cittadini da parte della Sicurezza Interna. È uno Stato dove la Verità è nei numeri, la maggioranza ha sempre ragione, il caso non esiste, esistono solo gli algoritmi.

Adriane è una ragazza serena, vive con i genitori e un fratello più grande, conosce le regole degli Snar e si è sempre adeguata. A scuola è diligente, studiosa, un po’ troppo curiosa. Pone agli altri e a se stessa domande che la Sicurezza Interna, incaricata di difendere la Vera Democrazia ha il dovere di reprimere. Pensa pensieri inaccettabili negli Snar. Per esempio che dentro ogni uomo c’è un’anima, che esiste il libero arbitrio. La madre le ha detto «Se lo Stato è senza anima e non vedete traccia del libero arbitrio, fidatevi della vostra anima, non dello Stato».

Per ordine di un giudice Adriane viene arrestata, sottoposta a un crudele interrogatorio, infine condannata a una pena in fin dei conti lieve: quattro anni di Esilio e Rieducazione. Poteva andare, lo sa, molto peggio, le condanne prevedono un crescendo che arriva fino alla Cancellazione. Viene così teletrasportata nella Zona 9 che è un tempo prima che un luogo, si tratta di un anno del secolo xx , il 1959. La pena la dovrà scontare in un college universitario a Wainscotia Fall, nel Wisconsin dove avrà un nuovo nome e sarà Mary Ellen Enright.

La storia si dipana e Adriane farà molta fatica ad essere Mary Ellen, ha paura, sa che un ie (Individuo Esiliato) è costantemente monitorato e la violazione di una qualunque regola darà luogo immediato alla Cancellazione. Adriane si sforza di essere una specie di robot e in gran parte ci riesce; persegue un volontario anonimato, diffida di tutti, soffre in modo lacerante la solitudine cui è condannata, soffre perché ha brandelli di ricordi, lacerti che come fulmini la trapassano e “vede” sia pure come attraverso una lastra di ghiaccio la sua casa, i genitori, l’altro tempo vissuto ma tiene chiusi in sé i sentimenti e gli interrogativi che potrebbero indurre i sorveglianti della Zona 9 a “cancellarla”.

Mary Ellen - Adriane vuole sopravvivere e si adatta. S’innamora, cresce, incorre in un tragico incidente, si salva. La vita vince, è un miracolo e lei è grata alla sorte («Sapevo di essere stata molto fortunata») però resta col cuore spezzato da un dolore inconsolabile, di cui non conosce la causa e i rimedi. Piange spesso, all’improvviso, per quel dolore antico e ignoto. Arriva infine una sorta di quiete quando incontra Jamie, un artista che vive in una fattoria in mezzo ai campi. E con Jamie Mary Ellen - Adriane potrà essere finalmente felice, affronterà quel presente che sta vivendo, un giorno alla volta, e resterà dentro quella vita che la rassicura e le dà amore e protezione. «Sono stata vicina alla morte. Adesso l’unica cosa che importa è questa vita».

Immergersi nel romanzo di Oates genera una vertigine. La realtà distopica, il viaggio nel tempo di Adriane - Mary Ellen siamo proprio sicuri facciano parte di un romanzo di fantascienza, come sostiene Mariarosa Mancuso su «Robinson»? In effetti ci sarebbero alcuni elementi per apparentarlo al genere: la collocazione della vicenda nel futuro prossimo, in un mondo che geograficamente si è formato unendo i vecchi Stati Uniti, Canada e Messico e si chiama Snar (Stati del Nord America Rifondati) dove l’avanzamento delle scienze e delle tecnologie informatiche è profondamente innervato nel quotidiano.

Ma gli umani che Oates ci racconta sono quelli di sempre, sono madri, padri, figli, fratelli. È gente che va a scuola, studia, lavora, soffre, ama, pensa…. Certo, la vita negli Snar è sottoposta ad un pervasivo controllo da parte della Sicurezza Interna che punisce ogni manifestazione di pensiero che non sia in linea con la Vera Democrazia che gli Snar hanno instaurato. Ma tutto questo mondo inquietante e totalitario è davvero un mondo fantascientifico?

Non ci richiama forse alla mente, con le punizioni inflitte a Adriane, allo zio Toby e tanti altri — punizioni che vanno dall’Esilio alla Cancellazione — tante pagine della storia già passata? Senza scomodare il Fascismo e il Nazionalsocialismo, ci dice forse qualcosa della Stasi nella Ddr? Dei Gulag e purghe staliniane? Di Sophie e Hans Scholl de La Rosa Bianca?

Il futuro prossimo e venturo — questo mi pare il nucleo del romanzo — può essere una riedizione (mutatis mutandis) di tempi andati, finiti solo in apparenza. In realtà sempre pronti a riemergere se ci si distrae, ci si omologa a subdole facciate di Vera Democrazia. Quella autentica va sempre tenuta al riparo, con fatica, giorno per giorno, praticando il pensiero, il libero arbitrio, ascoltando la Legge Morale che è dentro di noi.

Oates ha sempre scritto storie difficili, dure, dove ogni facciata consolatoria e rispettabile è un’apparenza che cela violenza, abuso del potere, legami oppressivi e fatali. Ma c’è sempre nelle sue storie una ruvida grazia che allude al potere salvifico che c’è nel mondo, basta cercarlo, spesso lo si trova e può riparare le ferite del cuore.

di Giulia Alberico