«Blackbird. I colori del cielo» di Anne Blankman

Che cosa
significa potersi fidare

Illustrazioni di copertina di Carla Manea
02 febbraio 2021

Una mattina di primavera del 1986 Valentina Kaplan e Oksana Savchenko si svegliano sotto un denso cielo rosso: il reattore della vicina centrale nucleare di Chernobyl è esploso. I padri delle due ragazzine, che erano insieme in servizio per il turno di notte, non sono ancora rientrati. Eppure da principio sembra che nulla sia cambiato nelle vite delle ragazzine, che frequentano la stessa classe: si va a scuola come sempre, dove — come sempre — Oksana bullizza Valentina. Perché se lei è di origine ebraica («Le persone aspettano solo un motivo per odiarci»), l’altra è cresciuta in una famiglia piena di pregiudizi, finendo per assimilarli. Diversissime — Valentina vuole diventare ingegnere, Oksana un’artista — le due si detestano, eppure quella domanda che si rivolgono a bassa voce («Tuo padre è rientrato?») è un filo tenue tra loro. Un filo che crescerà fino a diventare un’amicizia potente, e decisiva nella storia di entrambe.

È veramente un bel libro Black-bird. I colori del cielo (Bologna, Giunti, 2021, pagine 352, euro 14, traduzione di Rubina Ronci) di Anne Blankman, neo vincitore del National Jewish Book Award per la categoria middle grade (premio conferito dal Jewish Book Council, la più vecchia organizzazione letteraria degli Stati Uniti) e della medaglia d’argento del Sydney Taylor Honor Book assegnata dalla Association of Jewish Libraries. Lo spunto per la storia Blankman l’ha avuto grazie a colei che sarebbe diventata la sua migliore amica. Come racconta in calce al romanzo, infatti, è stato nella cittadina di Niskayuna, New York, dove è cresciuta, che da bambina ha conosciuto una compagna di classe sopravvissuta a Chernobyl. Il risultato è una storia di crescita, dolore e amicizia nata sotto la rossa nube del disastro nucleare attraversando intolleranza, antisemitismo, dispotismo e oppressione. Un libro per giovani lettori che, calandosi nel quotidiano di due ragazzine alle prese con una fase difficile delle loro vite, affronta temi molto importanti. Innanzitutto quello dell’impatto che Chernobyl ha avuto su intere popolazioni, a partire da quanti vivevano a Pripyat in Ucraina. Popolazioni decimate e conseguenze di breve, medio e lungo periodo; popolazioni che si sono fidate di una politica che non ha certo avuto tra le sue preoccupazioni la salute dei cittadini.

Ma il romanzo di Blankman è interessante anche perché richiama l’attenzione su un problema oggi tutt’altro che superato, quello dell’antisemitismo strisciante, radicato e vitale. Oksana comprenderà la sua colpa, l’infondatezza di stereotipi e luoghi comuni; si vergognerà della sua cattiveria, figlia di un ambiente che ha respirato appena nata. La ragazzina capirà, ma resta la desolazione umana e sociale di un problema ancora molto grave.

Ancora prima di sapere cosa sia successo alla centrale (e alle loro vite) Valentina e Oksana si ritroveranno in fuga, strette una all’altra su un treno che le porterà lontano, a Leningrado, dalla nonna di Valentina. E se la ragazzina dovrà custodire un segreto che potrebbe mettere tanti in pericolo (ma che le darà conforto), Oksana dovrà fare i conti con le bugie che i genitori le hanno raccontato — a ennesima dimostrazione di come, spesso, i carnefici siano a loro volta vittime.

Una spirale di odio che però è possibile spezzare, perché entrambe le ragazzine impareranno cosa significa potersi fidare di qualcuno.

di Silvia Gusmano