Dentro il Vaticano
La Congregazione per la dottrina della fede

Una bussola per il cammino della Chiesa

 Una bussola  per il cammino  della Chiesa  QUO-025
01 febbraio 2021

Quasi cinquecento anni di vita e una missione che si confronta con le sfide della contemporaneità 


Ha quasi cinquecento anni di vita, ma la sua “missione” ne ha molti di più e risale alle origini stesse della Chiesa: promuovere e custodire la fede. Quello che nell’immaginario collettivo evoca ancora tribunali, processi e accanite dispute teologiche — con tanto di scenari a tinte fosche e ambientazioni romanzesche in stile Il nome della rosa — non è altro che il dovere primario assunto dalla comunità dei credenti sin dall’inizio: la trasmissione dell’insegnamento degli apostoli alle generazioni successive. Un compito che ha attraversato i secoli, sfidando non soltanto errori e responsabilità degli stessi ecclesiastici ma anche pregiudizi e stereotipi che vorrebbero una Chiesa perennemente arroccata sulle proprie certezze e sorda alla domanda di speranza insita nel cuore dell’uomo. Un compito di cui oggi, nel servizio al Papa e alla sua missione universale, si fa carico in maniera particolare la Congregazione per la dottrina della fede.

È il dicastero più longevo della Curia romana. E questo certamente alimenta luoghi comuni e persino “leggende” legate alle lunghe e complesse vicende storiche che ha attraversato. Fortunatamente la corretta comprensione del passato, e di conseguenza anche del presente, è favorita anche da una rinnovata ricerca documentaria che, tra l’altro, si avvale da oltre vent’anni dell’apertura agli studiosi del suo archivio storico, disposta dal cardinale Joseph Ratzinger — all’epoca prefetto — nel gennaio del 1998.

Senza complessi o reticenze, dunque, la Congregazione raccoglie oggi le sfide della contemporaneità. E si fa carico delle domande e dei problemi sempre nuovi che scaturiscono dal progresso della scienza e del vivere civile, mostrando il volto di una Chiesa che vuole farsi prossima a ogni persona e offrire la “bussola” di un cammino di umanità compiuto e realizzato alla luce della fede. Sono lontani i tempi dell’Inquisizione e dell’Indice. Ragion per cui al dicastero non tocca più un compito esclusivamente “difensivo” o “punitivo”: a questo si accompagna anche, e soprattutto, un’opera “positiva” di promozione della bellezza della fede e di sostegno alla missione della Chiesa nelle periferie umane e spirituali, in difesa soprattutto dei più deboli. Tra i quali oggi rientrano a pieno titolo i minori e le persone vulnerabili vittime dei terribili delitti di abuso, che la Congregazione è chiamata a perseguire, come e più di prima, in maniera inflessibile e rigorosa.

Sei cardinali all’origine di una storia


Le origini del dicastero — che nel suo campo di azione ha come orizzonte tutta l’attività della Chiesa (liturgia, predicazione, catechesi, vita spirituale, azione ecumenica, dottrina sociale) — risalgono al xvi secolo, quando Papa Paolo iii , con la bolla Licet ab initio del 21 luglio 1542, istituisce una Commissione di sei cardinali con l’incarico di vigilare appunto sulle questioni della fede. Sorta dalle ceneri della preesistente inquisizione medievale, la Commissione, conosciuta con il nome di “Santa Romana e Universale Inquisizione” (con sede in via di Ripetta), ha all’inizio esclusivamente carattere di tribunale per le cause di eresia e scisma, in particolare di fronte al diffondersi delle dottrine riformate. È Paolo iv , a partire dal 1555, ad ampliare notevolmente la sua sfera di azione, aggiungendo la competenza a giudicare anche questioni morali di diversa natura.

Il domenicano Michele Ghislieri — cardinale inquisitore generale divenuto Papa con il nome di Pio v — nel 1566 provvede a dotare l’organismo di una nuova sede al posto di quella originaria. Il Pontefice acquista e fa restaurare un edificio situato nelle vicinanze della basilica Vaticana, che all’epoca è in costruzione e i cui lavori vengono addirittura interrotti allo scopo di accelerare la ristrutturazione del nuovo palazzo, nell’odierna piazza del Sant’Uffizio dove ancora oggi risiedono gli uffici della Congregazione. Proprio Pio v , nel 1571, affianca all’Inquisizione la «Congregazione per la riforma dell’indice dei libri proibiti», con il compito specifico di esaminare le opere sospette, di correggere quelle che, dopo i dovuti interventi censori, possono continuare a circolare e di aggiornare periodicamente l’elenco dei libri vietati. Tale competenza, inizialmente attribuita all’Inquisizione, viene esercitata dal nuovo dicastero fino alla sua soppressione nel 1917.

L’ampliamento delle competenze prosegue nel corso degli anni. E così, in seguito alla riforma della Curia operata da Sisto v nel 1588, l’attività dell’Inquisizione si estende a tutto ciò che può riguardare direttamente o indirettamente la fede e la morale. Ruolo decisivo che, nella generale riorganizzazione del governo centrale della Chiesa e dello Stato pontificio, pone la Congregazione in una posizione di assoluto privilegio.

Bisogna arrivare ai primi anni del Novecento per registrare dei mutamenti sostanziali nella natura e nelle caratteristiche del dicastero. Innanzitutto Pio x , nel 1908, ne riorganizza struttura e funzioni, mutandone l’antico nome in quello di «Sacra Congregazione del Sant’Uffizio». In conseguenza poi della grande riforma della Curia, le viene conferito successivamente anche il titolo di “Suprema”, derivatole oltretutto dal fatto di essere presieduta dallo stesso Pontefice. Pochi anni dopo, nel 1917, Benedetto xv , nel sopprimere la Sacra Congregazione dell’Indice, trasferisce nuovamente la relativa competenza al Sant’Uffizio, mentre sottrae a questo dicastero l’ambito delle indulgenze.

Nel clima di fermento del concilio Vaticano II


Quasi mezzo secolo dopo, in un clima di grande fermento culturale, religioso e sociale, i padri del concilio Vaticano ii concordano nell’opportunità di un aggiornamento anche dei dicasteri della Curia romana, la cui riforma era stata, d’altronde, uno dei primi propositi di Paolo vi . Ma mentre l’apposita commissione cardinalizia lavora a questo progetto, Papa Montini lo anticipa riformando, nel 1965, il dicastero più prestigioso e discusso della Curia romana. Cambia il suo nome in quello di «Sacra Congregazione per la dottrina della fede» e ne attualizza i metodi operativi: sul carattere “punitivo” della condanna prevale quello “positivo” della correzione degli errori, insieme alla custodia, alla preservazione e alla promozione della fede. Nell’occasione, viene abolito anche l’Indice dei libri proibiti.

Giovanni Paolo ii , con la Pastor bonus (28 giugno 1988), decide un ulteriore riassetto dell’intera Curia, precisando anche la funzione, i compiti e le norme della stessa Congregazione per la dottrina della fede, alla quale viene assegnata la missione «di promuovere e di tutelare la dottrina sulla fede e i costumi in tutto l’orbe cattolico» (art. 48).

L’attuale organizzazione


Oggi il dicastero è costituito da un Collegio di membri — cardinali e vescovi — a capo del quale c’è il prefetto, che lo dirige e lo rappresenta: dal 1° luglio 2017 è il cardinale gesuita spagnolo Luis Francisco Ladaria Ferrer.

Il porporato è coadiuvato dal segretario, l’arcivescovo Giacomo Morandi, da due segretari aggiunti, gli arcivescovi Joseph Augustine Di Noia, domenicano, e Charles Jude Scicluna, dal sottosegretario, monsignor Matteo Visioli, e dal promotore di Giustizia, il gesuita Robert Joseph Geisinger.

Al loro fianco c’è la squadra di officiali (capi ufficio, aiutanti di studio, addetti di segreteria, addetti tecnici e scrittori) distribuiti negli uffici in cui si articola il dicastero. In tutto, compresi i sei superiori, la Congregazione ha 65 dipendenti, 22 dei quali sono laici. Dei restanti fanno parte 36 fra sacerdoti e consacrati (di cui 5 religiosi) e una religiosa. Quanto ai Paesi di appartenenza, provengono da Europa (Italia, Germania, Spagna, Francia, Polonia, Austria, Malta, Irlanda), Americhe (Stati Uniti, Messico, Brasile), Asia (India e Filippine) e Africa (Benin).

Il dicastero è assistito anche da trenta consultori di nomina pontificia, scelti tra personalità di tutto il mondo cattolico distintesi per competenza dottrinale e preparazione specialistica, preziosi interlocutori riguardo alle particolari esigenze delle diverse culture. A questi possono essere aggiunti, se la materia lo richiede, dei periti scelti in special modo tra docenti universitari, che possono essere chiamati anche a partecipare, se necessario, alle riunioni della Consulta.

Un lavoro distribuito in quattro uffici


Il lavoro è distribuito in quattro uffici. Il primo, l’Ufficio dottrinale (nel quale lavorano 13 persone), è dedicato alle materie che hanno attinenza con la promozione e la tutela della dottrina della fede e della morale. L’Ufficio disciplinare (con 19 persone) tratta invece i delitti contro la fede, nonché i delitti più gravi (delicta graviora) commessi contro la morale e nella celebrazione dei sacramenti, e inoltre esamina altri problemi connessi con la disciplina della fede. È qui che, in base al motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela del 2001 e alle relative Normae de gravioribus delictis (poi sottoposte ad alcune modifiche tra il 2010 e il 2019), vengono trattati i casi di abuso sui minori che coinvolgono sacerdoti o religiosi: proprio il 16 luglio scorso ha visto la luce il Vademecum su alcuni punti di procedura nel trattamento dei casi di abuso sessuale di minori commessi da chierici, annunciato durante il summit del febbraio 2019 in Vaticano e concepito come uno strumento per aiutare vescovi e superiori religiosi a istruire e gestire le cause che coinvolgono diaconi, sacerdoti o membri dell’episcopato. C’è poi l’Ufficio matrimoniale (con 3 persone) che si occupa di quanto concerne il privilegium fidei, interessandosi delle cause di scioglimento di matrimoni in favorem fidei e, di conseguenza, dei dubbi circa la validità del battesimo e, d’intesa con l’Ufficio dottrinale, di altri aspetti del vincolo matrimoniale. Infine l’Ufficio della Quarta Sezione (con 5 persone), al quale sono state trasferite le competenze della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, creata da Giovanni Paolo ii nel 1988, dopo l’atto scismatico di monsignor Lefebvre, per favorire la piena comunione ecclesiale con istituti e comunità legati alla celebrazione della liturgia romana preconciliare, e poi soppressa da Papa Francesco nel gennaio 2019. Completano l’organico del dicastero 9 persone che lavorano in archivio, 3 segretarie, 2 tra addetti al protocollo e alla posta, un amministrativo e 4 uscieri.

Le decisioni emanate dalla Congregazione possono essere, a seconda della materia trattata, dottrinali o disciplinari e, poiché sono di grande valore, in alcuni casi debbono essere approvate dal Papa. I documenti dottrinali, sempre sottoposti all’approvazione del Santo Padre, partecipano quindi al magistero ordinario del Pontefice.

Al passo con i tempi


Per quanto possa apparire pedante o astruso, il lavoro della Congregazione è continuamente al passo coi tempi e si misura di volta in volta con gli esiti sempre nuovi del dibattito culturale e teologico più aggiornato. Lo sforzo del dicastero è proprio quello di individuare, nel flusso delle problematiche e delle opinioni emergenti, i nuclei di pensiero e le proposte più significative. A questo punto entra in scena il ruolo degli studiosi, incaricati di esaminare temi e questioni, approfondendoli nelle loro radici ultime e proponendo valutazioni e linee orientative che si ispirino al Vangelo e alla Tradizione cattolica.

I documenti pubblicati dopo il concilio Vaticano ii , che hanno offerto risposte autorevoli a questioni nuove emerse in campi come quelli della cristologia, dell’ecclesiologia, dell’antropologia, della teologia della liberazione, della vocazione del teologo, della dottrina circa i sacramenti e della morale, sono stati raccolti nel volume Documenta inde a Concilio Vaticano secundo expleto edita (1966–2005) [Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2005], e pubblicati sul sito vaticano (http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith), che è anche la pagina di riferimento in rete giacché la Congregazione non ha un suo sito internet né è presente sui canali social.

La vita del dicastero, a dispetto dell’immagine “ingessata” che si ricava da certi stereotipi mediatici, risulta articolata e vivace, scandita com’è da colloqui, da sessioni di studio e da una fitta corrispondenza con vescovi, nunzi e superiori di istituti in tutto il mondo. I rapporti con gli altri dicasteri della Santa Sede si fanno più intensi in occasione della elaborazione di documenti ufficiali o della preparazione di decisioni che concernono la dottrina della fede e la vita morale. Così si comprende anche la presenza, presso la Congregazione, della Pontificia commissione biblica e della Commissione teologica internazionale, che le offrono il sostegno di una consulenza variegata e puntuale nei diversi campi di competenza. E allo stesso tempo con i loro documenti aiutano anche il cammino di approfondimento della fede di tutta la Chiesa.

di Maurizio Fontana