Cantiere#Giovani
La lezione sempre attuale di don Milani

Maestri di vita
(e poi di cultura)

Don Lorenzo Milani con i suoi alunni
01 febbraio 2021

«Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi» (Marco 1,21-22). Da dove viene l’autorevolezza di un buon maestro, com’era Gesù? Potrà sembrare un po’ strano parlare d’insegnamento, specialmente oggi, con tutte le difficoltà che docenti e studenti di ogni ordine e grado debbono affrontare a causa della pandemia. Forse proprio per questo merita ragionarne, anche se in genere va più di moda parlare d’informazione piuttosto che d’insegnamento, per via del sapore antiquato del termine. Ovviamente, la questione non riguarda soltanto la scuola e la didattica, ma la ben più ampia esperienza — offerta e ricevuta mediante parole ed esempi — che permette di conoscere, decidere e agire liberamente. Se qualcuno non t’insegna, è difficile diventare persone in grado di autodeterminarsi, di crescere e di lavorare.

Per molto tempo si è creduto che l’insegnamento consistesse principalmente nell’accumulo di nozioni, dalle quali si è presa distanza considerando piuttosto il metodo. In contesti diversi da quello occidentale, invece, è prevalsa la forma sapienziale, diversa dal sapere che cosa e come. Un rischio odierno, globalizzato, viene dalla massa di informazioni che ci investono, vere o false che siano. Come se chi ne ha di più sapesse stare meglio al mondo. Allora, come imparare, e da quali maestri? Chi di noi non ha incontrato professori ossessionati, frustrati e frustranti? Come pure insegnanti attenti ai giovani, entusiasti ed entusiasmanti, veri maestri di vita oltre che di cultura? Don Lorenzo Milani scriveva: «Spesso gli amici mi chiedono come faccio a fare scuola e come faccio ad averla piena. Insistono perché io scriva per loro un metodo, che io precisi i programmi, le materie, la tecnica didattica. Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare per fare scuola, ma solo di come bisogna essere per poter fare scuola» (Esperienze pastorali – Libreria Editrice Fiorentina, 1957, pagina 239).

Quando s’incontrano adulti generosi e appassionati — specialmente in età giovanile — in grado di infondere fiducia, che partono da ciò che siamo e valorizzano il più piccolo passo in avanti, è allora che impariamo a ragionare con la nostra testa, diventiamo persone libere, capaci di affrontare nuove sfide, invece di evitarle. Ancora don Milani, nel suo “testamento pedagogico”, raccomandava: «Non ho bisogno di lasciare un testamento con le mie ultime volontà perché tutti sapete cosa vi ho raccontato sempre: fate scuola, fate scuola; ma non come me, fatela come vi richiederanno le circostanze».

E poco prima di morire ripeteva: «Guai se vi diranno: il Priore avrebbe fatto in un altro modo. Non date retta, fateli star zitti, voi dovrete agire come vi suggerirà l’ambiente e l’epoca in cui vivrete. Essere fedeli a un morto è la peggiore infedeltà» (dalla testimonianza di Adele Corradi).

di Maurizio Gronchi