Arrestata Suu Kyi e proclamato lo stato di emergenza per un anno

Colpo di Stato in Myanmar

 Aung San Suu Kyi in una fotografia del 2019 (Afp)
01 febbraio 2021

Colpo di Stato militare in Myanmar, dove ieri sera l’esercito ha preso il potere dopo avere arrestato il presidente, Win Myint, il consigliere presidenziale e ministro degli Esteri, Aung San Suu Kyi, e i vertici della Lega nazionale per la democrazia (Lnd), il partito politico che aveva vinto le elezioni di novembre. L'annuncio è stato dato dalla televisione militare Myawaddy.

L’esercito — informa l’emittente — ha preso il controllo del Paese del sudest asiatico e ha trasferito tutti i poteri al capo delle forze armate, Min Aung Hlaing, che sarà alla guida del Myanmar per un anno.

La presidenza ad interim, invece, sarà ricoperta dal generale in congedo e vice presidente, Myint Swe.

I militari hanno spiegato di avere agito per riparare a non meglio precisati «brogli elettorali». Da diverse settimane, i generali denunciano irregolarità avvenute durante le legislative di tre mesi fa, vinte in modo schiacciante dall’Lnd. Interrotte, invece, le trasmissioni della tv di Stato, mentre sono chiuse le banche e internet non funziona. Nel Paese è stato proclamato lo stato di emergenza di un anno. Le strade della capitale Naypyidaw, dove da ieri sera sono anche interrotti tutti i collegamenti telefonici, sono presidiate dai militari.

Gli arresti — una pesante battuta d’arresto per la nascente transizione del Paese alla democrazia — sono avvenuti poche ore prima della riunione inaugurale del Par-lamento, recentemente insediato.

Con il pretesto della pandemia di coronavirus, le elezioni «non sono state né libere né eque», ha assicurato in una conferenza stampa il portavoce dell’esercito, il maggiore generale Zaw Min Tun. I militari affermano di avere identificato «milioni di casi di frode», tra cui migliaia di centenari o minori che risulterebbero tra i votanti.

La Lnd, molto criticata a livello internazionale per la gestione della crisi della minoranza etnica musulmana dei rohingya, ha ottenuto una schiacciante affermazione a novembre scorso. Si è trattata della seconda vittoria nelle elezioni generali dal 2011, quando la giunta militare che ha governato il Myanmar per mezzo secolo è stata sciolta. L’esercito, tuttavia, mantiene un potere molto importante e ruoli nel Paese, avendo il controllo su tre ministeri chiave (Interno, Difesa e Confini).

Nelle elezioni, la Lnd di Suu Kyi ha ottenuto 396 seggi nell'Assemblea nazionale, più dei 322 necessari per formare un Governo. Si stima che l'affluenza sia stata pari a circa il 70% dei 37,3 milioni di persone aventi diritto al voto. Il partito ha anche vinto 524 seggi nelle elezioni tenutesi ai parlamenti statali e regionali, secondo i dati ufficiali. La commissione elettorale del Myanmar la scorsa settimana aveva definito il voto «trasparente ed equo».

Dura la condanna internazionale a quanto sta accadendo in Myanmar. Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha stigmatizzato «fermamente» in un comunicato l’arresto da parte dei militari dei leader politici. Con «la dichiarazione del trasferimento di tutti i poteri legislativi, esecutivi e giudiziari ai militari — ha commentato —, questi sviluppi sono un duro colpo per le riforme democratiche» in Myanmar.

Su Twitter, l’Alto rappresentante dell'Unione europea per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, Josep Borrell, ha chiesto un immediato rilascio dei detenuti. «I risultati elettorali e la costituzione — ha precisato — devono essere rispettati. Il popolo vuole la democrazia e l’Unione europea è con loro». Il rilascio immediato e incondizionato di tutti i detenuti è stato chiesto anche dal presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Riferendosi agli arresti eseguiti nell’ambito del colpo di Stato, il portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, ha detto che gli Stati Uniti «agiranno contro i responsabili se queste misure non saranno revocate». Da parte sua, il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha invitato l’esercito del Myanmar «a rilasciare tutti i funzionari governativi, nonché i leader della società civile e a rispettare la volontà del popolo espressa alle elezioni democratiche di novembre». Il 29 gennaio, gli Stati Uniti, come altri Paesi occidentali, avevano sollecitato i militari ad «aderire a standard democratici», mentre il generale Min Aung Hlaing — aveva dichiarato che la Costituzione del Paese asiatico poteva essere «revocata» in determinate circostanze. Come è infatti accaduto ieri sera.

In una dichiarazione diffusa stamane dalla Lega nazionale per la democrazia, secondo quanto riporta la Bbc, Suu Kyi — premio Nobel per la pace 1991 — ha esortato la popolazione a «non accettare il colpo di Stato, e a rispondere e a protestare con tutto il cuore contro i militari».