Il Papa e i senzatetto

Uno “schiaffo salutare”
alla mondanità

 Uno “schiaffo salutare”  alla mondanità  QUO-022
28 gennaio 2021

Dio «rimane in attesa che si manifesti la sua presenza nell’incontro con i fratelli che usiamo chiamare ultimi. Ultimi secondo le graduatorie del mondo, ma primi secondo la novità del Vangelo». A scriverlo, in una lettera del 2017, ma nota solo a partire dell’aprile scorso, è Papa Francesco. Il Pontefice manifestava i suoi apprezzamenti per un film documentario — Al di qua, del regista Corrado Franco — interpretato dai senza fissa dimora di Torino.

Il tema è tornato in primo piano in questi giorni con la triste vicenda della morte, nei pressi del Vaticano, di alcuni senzatetto; vicenda che aveva sollecitato da parte del Papa — in particolare verso uno di loro, Edwin — un pensiero e una preghiera all’Angelus del 24 gennaio.

Il documentario, selezionato agli Oscar per concorrere alla categoria di miglior documentario nel 2018, nominato nella cinquina finalista dei Nastri d’Argento 2017, era stato trasmesso dalla Rai la sera di Pasqua dello scorso anno. Nella finzione filmica, la processione per assistere al funerale del senzatetto Rodolfo Spagone è un’occasione per gli emarginati di Torino per riflettere sulla loro vita, sulle circostanze che li avevano portati a vivere in strada, sul loro rapporto con Dio. Un percorso di redenzione simboleggiato dalla levitazione verso il cielo di Rodolfo, che dopo la morte “risorge” tra le luci della cappella di Santa Maria della Speranza dell’ospedale Martini, l’unico luogo “a colori” di una realtà raccontata con la durezza del bianco e nero.

A pochi mesi dall’uscita del documentario, in una tragica corrispondenza con la realtà, Rodolfo Spagone è scomparso veramente nel novembre 2017, all’età di 60 anni. Ed è a partire da questa circostanza, che il Papa esprime la sua riconoscenza per «questa preziosa produzione cinematografica» — in cui il regista e gli operatori «hanno saputo proporre verità e non finzione» — e incoraggia a promuovere capillarmente l’opera, definita un «salutare “schiaffo” alla mondanità».

«La “salita al cielo” del caro Rodolfo Spagone — scrive il Papa — è realmente avvenuta. Trova eco nel mio cuore la sua preghiera: “Signore dà a ciascuno la sua giusta morte, quel venir meno che procede da una vita in cui ha avuto amore e ancora conoscenza e pena”. La sofferenza inimmaginabile di un popolo di fratelli — sottolinea Francesco — ci interroga, interpella senza mezzi termini la nostra credibilità di uomini e di cristiani». Prosegue il Pontefice: «I loro sguardi si riassumono nell’interrogativo di Emanuel — uno dei protagonisti del documentario — “Dov’ è Dio?”. In quel grido esistenziale è Dio stesso che ci interroga».

«In una società lacerata dalla logica del profitto che produce sempre nuove povertà e genera la cultura dello scarto, non desisto dall’invocare la grazia di una Chiesa povera e per i poveri», concludeva il Papa, aggiungendo che «occorre guardare il mondo con gli occhi dei poveri per mettersi a servizio della salvezza di tutti».

Mai più quindi storie così. Tragedie che spesso avvengono nell’indifferenza e coinvolgono persone a cui il Papa, attraverso l’Elemosineria apostolica, dona il suo aiuto concreto. Dalle docce vicino al colonnato del Bernini, alla messa a disposizione di Palazzo Migliori e di altre due strutture per dare loro riparo, alla distribuzione di tamponi e vaccini, l’obiettivo è sempre quello di non considerare queste persone come una parte esclusa e separata dal resto della società.

Lo testimoniano storie come quelle di “Robertino” Molinari, che dopo anni vissuti in strada vicino alle Mura Vaticane si era trasferito negli ultimi al dormitorio Binario 95 alla Stazione Termini, dove era amato e benvoluto da tutti. Lì è morto a 64 anni, circondato dal calore dei volontari, ma dopo aver dormito per una vita “davanti a una porta”, come ha ricordato il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski, al suo funerale, citando la parabola di Lazzaro e del ricco Epulone.

di Michele Raviart