La storia della dispersione e della ricostituzione della biblioteca di Villa Emma a Nonantola

Salvezza e solidarietà

I ragazzi di Villa Emma in una foto d’epoca
27 gennaio 2021

Sono tornati a Nonantola i 96 libri di Villa Emma. Ciò è stato possibile grazie al restauro che li ha riguardati e che gli permetterà di affiancarsi ai documenti già raccolti per tenere viva la memoria. Del resto dietro a tali volumi si nasconde un’incredibile storia di salvezza e solidarietà collettiva. Una storia che come protagonisti, oltre alla comunità del borgo in provincia di Modena, ha un gruppo di bambini e ragazzi tra i 6 e i 20 anni d’età. Si tratta degli esuli ebrei provenienti da Germania e Austria o fuggiti dalla Bosnia e dalla Croazia, i quali, durante il secondo conflitto mondiale, trovarono riparo proprio nella Villa e poi, dopo l’8 settembre 1943, col pericolo ancor più concreto di rastrellamenti nazisti, si nascosero per circa un mese nelle case dei nonantolani. Ecco: i libri appena restaurati appartengono a loro, ai giovani di Villa Emma, davanti alla quale sorgerà presto un sito polifunzionale attraverso cui il mondo potrà ricordarli.

«I libri, 94 tomi a cui se ne aggiungono altri due frutto di una donazione, sono stati ritrovati nel 2002 nella cantina di una casa privata a Modena — spiega Fausto Ciuffi, direttore di Fondazione Villa Emma — Nel corso dei relativi lavori di ristrutturazione, saltarono fuori da tre casse di legno: tra le pagine dei volumi emerse il marchio che la Delasem, l’associazione ebraica italiana che curava l’assistenza degli ebrei internati e aveva accolto i ragazzi, era solita apporre». Oggi il laboratorio di restauro li ha pertanto salvati, senza cancellarne sottolineature o note a margine.

Insieme i libri rappresentano ciò che resta della storica biblioteca della Villa. «Il gruppo (73 giovani arrivati a Nonantola in due ondate, tra il 1942 e il 1943), nel corso della permanenza, non rimase inerte — aggiunge Ciuffi — Gli accompagnatori dei ragazzi strutturarono un programma teorico e pratico di formazione e così, pure secondo le ricostruzioni dello storico Klaus Voigt, sorse una biblioteca con oltre ottocento volumi, poi andati persi a causa dell’abbandono precipitoso della Villa e del suo smantellamento».

Uno degli elementi più significativi è, inoltre, legato alla provenienza dei libri: la biblioteca era sì, costituita dai volumi forniti dalla Delasem, ma anche da quelli che i ragazzi ebrei, fuggendo, avevano deciso di portare con sé, come fossero beni di prima necessità. «C’erano libri in tedesco, italiano, ebraico e inglese, manuali di pedagogia e grammatica, dizionari, testi di preghiere, romanzi e volumi in grado di restituire la grande cultura europea e mitteleuropea degli anni Trenta e Quaranta. In particolare — precisa Ciuffi — tra i libri ritrovati compaiono persino opere di Cervantes, Döblin, Mann, del quale, ad esempio, si ha una bellissima edizione de I Buddenbrook, datata Berlino 1932. C’è poi molto altro, libri che non hanno un grande valore antiquario, al contrario di quello storico che racchiudono: di alcuni ne è presente l’unico esemplare, poiché tutti gli altri furono messi al bando, ritirati dal commercio, bruciati nei roghi nazisti, cancellati dalla storia».

Un racconto, dunque, che non può prescindere dal contributo dei civili di Nonantola, gente comune che scelse di nascondere il gruppo d’ebrei e aiutarlo a organizzare la fuga in Svizzera, dimostrando coraggio, valori umanitari, etici e religiosi. «I nonantolani — afferma Ciuffi — hanno scritto una meravigliosa pagina di solidarietà rimasta per lungo tempo sotto traccia, in primis perché la società del dopoguerra si è concentrata sulle memorie della resistenza militare e poi perché i cittadini o gli esponenti del mondo religioso, che diedero un aiuto gratuito ai giovani nascosti nelle case o nel seminario del paese, non fecero vanto di quanto avvenuto. La memoria del bene non è stata esibita».

I ragazzi ebrei di Villa Emma (tranne un 15enne e un funzionario della Delasem) sopravvissero, raggiunsero la Svizzera e, alla fine della guerra, s’imbarcarono da Barcellona: alcuni arrivarono in Palestina, altri ritornarono nei Balcani o espatriarono negli Stati Uniti, pochi rimasero in Europa. La maggior parte instaurò una corrispondenza con gli abitanti di Nonantola, tornando a visitare i luoghi della salvezza. «L’accompagnatore Josef Indig tornò nel 1964 per annunciare la nomina a Giusti tra le Nazioni di don Arrigo Beccari e del medico Giuseppe Moreali, che svolsero un cruciale ruolo nella vicenda. In seguito — racconta Ciuffi — i nonantolani e gli ex ragazzi s’incontrarono prima in Israele e poi in Italia».

Da qui, la nascita nel 2004 della Fondazione Villa Emma (tra i soci fondatori figurano amministrazioni locali, la parrocchia di Nonantola e, tra gli altri, la comunità ebraica di Modena e Reggio Emilia) e l’inizio di una progettualità basata sulla ricerca storica, sull’attenzione al mondo della scuola e su iniziative culturali che pure comprendono riflessioni sulle emigrazioni contemporanee. «Col sito “Davanti a Villa Emma”, in fase di costruzione — conclude Ciuffi — implementeremo tali attività, inseguiremo la Storia». E lo si farà partendo dai libri. Libri in fuga, libri ritrovati.

di Enrica Riera