Ricordo del vescovo emerito di Vittorio Veneto monsignor Alfredo Magarotto

Pastore vicino a tutti
nella quotidianità

 Pastore vicino a tutti nella quotidianità  QUO-019
25 gennaio 2021

Nel pomeriggio del 22 gennaio, all’Opera della provvidenza di Sant’Antonio di Sarmeola di Rubàno (Pd), è scomparso improvvisamente monsignor Alfredo Magarotto, vescovo emerito di Vittorio Veneto. Il funerale sarà celebrato nella Cattedrale di Vittorio Veneto mercoledì 27 gennaio e sarà presieduto dal patriarca di Venezia Francesco Moraglia.

«Crescamus in Christum per omnia» (“Cerchiamo di crescere verso Cristo per mezzo di ogni cosa”) è stato il suo motto episcopale: un preciso riferimento cristologico che egli ha scelto per ricordare quanto i passaggi e le circostanze della vita possano portare a una migliore comprensione del mistero di Cristo. Nato a Pernumia, in provincia di Padova, il 16 febbraio 1927, in una famiglia di profonda fede, don Alfredo è il quinto di nove fratelli, tra i quali si contano anche un salesiano e tre suore salesiane. Ordinato presbitero il 9 luglio 1950, si laurea in Giurisprudenza presso l’università di Padova e ottiene la licenza in Teologia alla Lateranense. Dal 1958 insegna diritto, prima all’istituto Barbarigo e poi nel seminario maggiore. Nell’ottobre 1967 diventa vicario vescovile per l’apostolato dei laici. Sei anni dopo il vescovo Girolamo Bortignon lo sceglie come suo vicario generale. Riconfermato vicario generale nel marzo del 1982, durante la messa crismale del 31 marzo 1988, a sorpresa, amministra l’unzione degli infermi al vescovo Filippo Franceschi, già minato dalla malattia, e nel dicembre successivo, dopo la morte, gli succede come amministratore diocesano. Nel settembre del 1989, con l’arrivo del vescovo Antonio Mattiazzo, viene riconfermato vicario generale.

Nominato vescovo di Chioggia il 22 febbraio 1990, fa ingresso nella diocesi lagunare l’8 aprile: i sette anni di episcopato clodiense sono stati caratterizzati da un’intensa attività pastorale, che ha segnato profondamente la vita della diocesi. Il 31 maggio 1997 viene nominato vescovo di Vittorio Veneto. Nell’omelia di ingresso confida: «Ho lasciato Chioggia, dove ho trascorso sette anni indimenticabili, per “passare all’altra riva”. Non ho attraversato mari in tempesta per giungere a Vittorio Veneto, ma non vi nascondo che un po’ di tempesta l’ho dentro il cuore». Dopo due mesi dall’insediamento, nell’estate del 1997, partecipa alla xii Giornata mondiale della gioventù a Parigi: col berrettino, il fazzolettone e lo zaino del pellegrino condivide con i giovani l’esperienza parigina. Al ritorno si mette subito al lavoro per preparare la diocesi al grande Giubileo del 2000. In entrambi gli episcopati, monsignor Magarotto non si è risparmiato e si distingue per la sua dedizione pastorale, per la vicinanza ai preti e per il pressante richiamo alla vita spirituale e alla cura della pastorale vocazionale e del seminario.

Vescovo emerito di Vittorio Veneto dal gennaio 2004, decide di trascorrere qualche mese in Brasile, nello Stato di Bahia dove operavano alcuni preti fidei donum vittoriesi. Nella diocesi di San Tiziano ritorna come amministratore diocesano, su richiesta del collegio dei consultori, dal luglio 2007 al gennaio 2008, sino all’arrivo di monsignor Pizziolo.

Con la conclusione del servizio a Vittorio Veneto, decide di tornare a Padova, chiedendo ospitalità presso l’Opera della provvidenza di Sarmeola, contento di mettersi a servizio delle esigenze diocesane fin quando sarebbe stato possibile. Al compimento dei 90 anni dichiara al settimanale diocesano di Vittorio Veneto «L’Azione»: «Sento il bisogno di dire un grande grazie alla divina Provvidenza per la sua continua protezione... In 90 anni di vita non ricordo di avere mai passato una giornata in malattia. Mi sento privilegiato, pur avvertendo un progressivo decadimento generale. Gran parte della giornata... la dedico volentieri agli ospiti della Casa, oltre 600, che incontro nei vari reparti».

Monsignor Alfredo era un uomo umile, intuitivo, spiccato nell’ironia, laborioso, dal cuore e dai tratti di pastore. Possedeva una delicata umanità nel contatto con le persone. Era di poche parole, sia nel dialogo personale sia nei discorsi pubblici, ma capace di grande prossimità alle persone vissuta in punta di piedi, mediante gesti sobri e parole indovinate. «Come molti mi hanno ricordato — afferma il vescovo Corrado Pizziolo, in una lettera alla diocesi — si può dire che egli abbia scelto come stile pastorale proprio la presenza quotidiana e il contatto ordinario con le persone (preti, laici e consacrati) ai quali si rendeva frequentemente presente con una breve visita o con un messaggio sobrio, ma carico di significato».

di Alessio Magoga