L’eroica fanciulla romana patrona dell’ordine della Santissima Trinità

Tra passato, presente
e futuro

Mosaico absidale della basilica romana di Sant’Agnese
21 gennaio 2021

«Morì a Roma nella seconda metà del iii secolo o, più probabilmente, all’inizio del iv secolo. In questo giorno, il santo Padre Giovanni de Matha, durante la celebrazione della sua prima messa, fu illuminato dalla visione celeste del Cristo Redentore tra due schiavi. Il santo Fondatore comprese che il Signore lo chiamava a fondare l’Ordine della Santissima Trinità». Così si legge nel calendario liturgico della famiglia Trinitaria. Sant’Agnese e l’ordine della Santissima Trinità: la storia della giovane martire romana e quella dell’ordine Trinitario si accavallano, come piccole onde di un fiume, per poi sfociare, insieme, nella memoria liturgica di questa santa che — a una prima lettura — poco avrebbe a che fare con i padri Trinitari. Eppure, proprio per questo importante episodio-visione avvenuto nella vita del professore francese de Matha — era il 28 gennaio del 1193, giorno in cui all’epoca si celebrava la memoria di sant’Agnese — la santa romana divenne sic et simpliciter la patrona dell’Ordine. Fu quella messa a dare vita a questo nuovo ordine religioso che — nell’arco dei secoli — si è sempre speso per la libertà, per la “redenzione degli schiavi”: liberare donne e uomini che non potevano professare la loro fede in Cristo. Non a caso, infatti, il nome completo dell’istituzione ecclesiastica è «Ordine della Santissima Trinità e redenzione degli schiavi».

L’antifona al Magnificat, per questa memoria liturgica, parla chiaro: «Sant’Agnese, in piedi in mezzo al fuoco, aprendo le mani, pregava il Signore: Onnipotente, degno di adorazione, di lode e di timore, benedico te e glorifico il tuo nome in eterno». È la lode al Signore, nella persecuzione. È il segno del martirio che ancora oggi — in diversi continenti del mondo — continua per molti cristiani. Agnese non è una figura così lontana nel tempo, come potrebbe sembrare. È una donna dei nostri giorni, di chissà quale paese del mondo in cui i cristiani vengono perseguitati, alla stessa stregua del primo cristianesimo. «Ci sono più martiri nella Chiesa oggi che nei primi secoli»: sono parole di Papa Francesco, all’udienza (sulle Beatitudini) del 29 aprile 2020. E l’ordine Trinitario conosce bene questa realtà. Tanto da avere — da tempo — istituito un organo, il Sit (Solidarietà internazionale trinitaria), che continua l’opera del fondatore Giovanni de Matha. Ma l’enciclica del Pontefice Fratelli tutti ci interroga su quali vie percorrere per trovare un dialogo fra i popoli, fra i diversi individui che formano la “fratellanza umana”. Ed è così che nel giorno della festa del fondatore francese, lo scorso 17 dicembre, l’ordine della Santissima Trinità ha aperto una nuova frontiera di studio, una nuova porta verso il mondo accademico per poter riflettere sulla libertà religiosa nel mondo. È stata, infatti, firmata dal padre generale dell’ordine, Luigi Buccarello, e dal rettore della Pontificia università di San Tommaso d’Aquino, il domenicano Michal Paluch, una convenzione d’intesa per una nuova cattedra che prende il nome dal santo fondatore: è la cattedra “San Giovanni de Matha” sulla libertà religiosa.

Il magistero del Pontefice — più volte — ha voluto chiamare tutta la Chiesa a lavorare per la libertà religiosa come soluzione all’annoso problema delle persecuzioni contro i cristiani. È importante «rispettare ovunque il diritto dei credenti a vivere liberamente il proprio culto e ad esprimere pubblicamente la loro fede. Allo stesso tempo, si invita tutti i cittadini europei a riconoscere il ruolo che il cristianesimo ha avuto nel formare la nostra cultura, e a rimanere aperti al contributo continuo che i credenti cristiani possono dare in questo senso» (messaggio di Papa Francesco al seminario di studio su «La libertà religiosa oggi. L’editto di Milano dell’Imperatore Costantino: 1700 anni dopo»).

Un passato che ritorna, dunque, con una forte proiezione verso il presente. E che lambisce il futuro. Una via che forse san Giovanni de Matha stesso, in quel giorno della memoria di sant’Agnese martire in odium fidei, non avrebbe mai pensato: il dialogo interreligioso come fonte di riscatto per la “redenzione degli schiavi”.

di Antonio Tarallo