Dall’ultimo rapporto epidemiologico dell’Oms

Preoccupa
la veloce diffusione
della variante inglese
del virus

FILE PHOTO: People wearing face masks wait at a bus stop on London Bridge, amid the outbreak of the ...
20 gennaio 2021

L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha reso noto ieri sera che la variante inglese del nuovo coronavirus, al 17 gennaio, si era diffusa in 60 Paesi, ben 10 in più rispetto alle stime del 12 gennaio, ed ha ormai raggiunto tutte e sei le regioni geografiche in cui l’Oms stessa ha suddiviso la propria attività; mentre la variante sudafricana si sta diffondendo più lentamente e sarebbe presente in 23 nazioni. Secondo gli esperti, trattandosi di un virus, la sua evoluzione è considerata un fattore normale e le mutazioni dello stesso sono una consuetudine. Le varianti registrate finora sono numerose, spesso rare o non significative. In alcuni casi però, quelli più preoccupanti, mostrano caratteristiche diverse di trasmissibilità — molto più alta — e resistenza, intesa come capacità di sopravvivenza all’interno del corpo ospitante, eludendone la risposta immunitaria.

La sfida, in questo momento, è incentrata sul riuscire a valutare l’effettiva efficacia dei vaccini elaborati finora sulle nuove forme del covid-19. Questa mattina la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, intervenendo alla plenaria del Parlamento europeo, parlando di corsa contro il tempo, ha chiesto ai Paesi membri di «essere più veloci sulle vaccinazioni perché il ritmo è troppo variegato in Europa», invitando al tempo stesso a «dare maggiore sostegno alle imprese per aumentare la produzione e contrastare, seguire e tracciare chiaramente la diffusione della nuova variante». Von der Leyen ha affrontato anche la questione relativa alla chiusura a tappeto delle frontiere, giudicata senza senso in quanto «ostacola il funzionamento del mercato interno e non è così efficace come le misure mirate. Noi abbiamo bisogno di un approccio comune, test, tracciamento, viaggi e frontiere».

L’Oms, nel suo rapporto epidemiologico settimanale pubblicato ieri sera, ha precisato che la variante inglese è la più preoccupante e che, al tempo stesso, sono emerse due varianti brasiliane, sulle quali «attualmente sono disponibili poche informazioni per valutare se per effetto di queste nuove varianti ci sono cambiamenti nella trasmissibilità o nella gravità dell’infezione — si legge nel report —. Tuttavia, considerando che presentano mutazioni simili a quelle osservate nella variante inglese e in quella sudafricana, che hanno mostrato una maggiore trasmissibilità e potenziali impatti sulla neutralizzazione degli anticorpi, sono necessarie ulteriori indagini, già in corso».

Proprio il timore per queste nuove forme mutate del virus in molti Paesi sono state rafforzate le misure di contenimento. In diverse nazioni nell’ultima settimana sono stati registrati nuovi picchi, alcuni ancor più alti rispetto alla prima ondata della pandemia. È il caso del Regno Unito, del Brasile, della Germania che registrano morti giornaliere superiori al migliaio e una curva dei contagi in continua crescita. Sempre dal resoconto dell’Oms si evince che, a livello globale, la scorsa settimana sono stati segnalati 4,7 milioni di nuovi casi, un calo del 6% rispetto alla precedente settimana, e il numero di nuovi decessi è salito al livello record di 93.000, un aumento del 9% rispetto ai sette giorni prima, con un morto ogni sette secondi.

Secondo l’ultimo aggiornamento stilato questa mattina dalla Johns Hopkins University il numero cumulativo delle persone infettate ha superato i 96 milioni e 2.058.551 sono stati i decessi a livello globale dall’inizio della pandemia per complicazioni legate al virus. In questa drammatica graduatoria gli Usa sono al primo posto e proprio ieri hanno superato la soglia delle 400.000 morti.