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L’avventura ecumenica
di Grandchamp

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20 gennaio 2021

Nel cuore delle montagne svizzere vive una comunità di suore riformate che ha realizzato il sussidio per l’Ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani. La superiora, madre Anne-Emmanuelle Guy, spiega l’importanza del mettersi in ascolto della Parola di Dio e racconta della sintonia con i fratelli di Taizé


Una grande casa affacciata sul lago di Neuchâtel, a ridosso del massiccio del Giura svizzero, circondata dal verde. Un luogo di preghiera, di vita comunitaria e di accoglienza, dove vivono 38 religiose di tradizione riformata provenienti da diversi Paesi di mondo. Un ambiente ideale nel quale queste suore hanno potuto, per diversi mesi, approfondire la loro riflessione al fine di preparare il materiale liturgico e di meditazione utilizzato quest’anno per la tradizionale Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Una missione affidata alla Comunità di Grandchamp nel 2018 dalla Commissione internazionale del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e dalla Commissione Fede e costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese (Wcc), il cui direttore, il reverendo Odair Pedroso Mateus, conosce da anni il monastero. «Percependo l’urgenza di insegnare alle persone come ritrovare il tempo di meditare, ha ritenuto proficuo condividere, non solo con gli ospiti che accogliamo, la ricchezza della nostra spiritualità e della nostra liturgia», spiega a «L’Osservatore Romano» la superiora di Grandchamp, madre Anne-Emmanuelle Guy.

Il tema scelto per il 2021, «Rimanete nel mio amore: produrrete molto frutto», è ispirato dal capitolo 15 del Vangelo di Giovanni. «Si tratta di un testo che leggiamo spesso nella nostra comunità, che rispecchia la nostra vita basata prima sulla preghiera, radicata in Cristo», spiega la religiosa svizzera, che è entrata a Grand-champ nel 1982 dopo aver studiato teologia all’università di Neuchâtel. «Avevamo pensato anche al testo delle Beatitudini che ci è caro e che leggiamo tutti i giorni a mezzogiorno — prosegue — ma il brano del Vangelo di Giovanni ci permette di tracciare ancora più ampiamente il percorso della vita interiore verso l’esterno. È tutta la comunità che ha scelto insieme il testo e il percorso che abbiamo desiderato proporre». Il risultato finale, usato questa settimana, è stato frutto di un lavoro collettivo concluso alla fine del 2019 con la partecipazione della comunità monastica e delle due commissioni.

«Abbiamo concepito questa settimana di preghiera come se fosse un ritiro spirituale organizzato giorno dopo giorno, sottolineando che è necessario innanzitutto far silenzio per ascoltare Cristo, per sentire la chiamata di Dio», racconta madre Anne-Emmanuelle. «Essendo in silenzio, ascoltando tutti la stessa Parola, scopriamo che siamo molto uniti, in comunione con i nostri fratelli e sorelle», prosegue. «Lasciarsi trasformare dalla Parola di Dio è un lungo cammino personale che richiede anche di relazionarsi con gli altri. Solo così si è in grado di accogliere coloro che sono diversi da noi stessi. In questa accoglienza vediamo se siamo veramente radicati in Cristo». Parlando di ospitalità, la superiora sottolinea che la pandemia ha costretto la comunità a rinunciare a questa tradizione, che costituisce uno dei pilastri della vita delle religiose. «Durante il lockdown, Grand-champ è diventato un vero monastero di clausura, non c’era più nessuno che entrava, pregava o consumava il pasto con noi. Ora viviamo addirittura l’esperienza della quarantena, dato che dieci suore sono state contagiate. Ognuna di noi vive rinchiusa nella sua stanza e non possiamo più partecipare insieme alla preghiera comune, trasmessa su Internet e sempre molto seguita».

«L’avventura ecumenica di Grandchamp», come la definiva suor Minke de Vries — priora del monastero per oltre trent’anni e prima protestante a redigere le meditazioni per la Via Crucis al Colosseo nel 1995 — è iniziata novant’anni fa. Alcune donne di tradizione riformata della Svizzera di lingua francese, appartenenti ad un gruppo conosciuto come Les Dames de Morges riscoprono l’importanza del silenzio nell’ascolto della Parola di Dio, sul modello di Cristo, che spesso si ritirava da solo a pregare. Perciò iniziano ad ospitare ritiri spirituali, aperti anche ad altre persone e, a poco a poco, trovano nel villaggio di Grandchamp il luogo in cui poterle ospitare regolarmente. Una tappa importante della storia della comunità è l’incontro con Roger Schutz, che visita Grandchamp nel 1940. Negli anni si sviluppa un legame di comunione, approfondito nel 1953, quando le monache decidono di adottare la Regola di Taizé. «Subito dopo la pubblicazione del testo, le suore si sono riconosciute nella spiritualità della regola, e da allora ci nutriamo degli scritti del fondatore e dei fratelli di Taizé, che ci hanno aiutato tanto nella nostra vita comunitaria», indica madre Anne-Emmanuelle, precisando che ogni anno un membro della comunità si reca in ritiro nella cittadina svizzera. Ben presto, insieme ai fratelli di Taizé e alle Piccole sorelle di Gesù, anche le suore di Grandchamp si sentono chiamate a estendere la loro semplice presenza di preghiera e di amichevole vicinanza in piccole comunità, spesso in aree sfortunate, soprattutto in Algeria, Israele, Libano e tra le classi lavoratrici di vari Paesi europei. Immediatamente dopo la Seconda guerra mondiale le suore tedesche e olandesi, seguite dalle suore dell’Indonesia, dell’Austria, del Congo, della Repubblica Ceca, della Svezia e della Lettonia appartenenti a diverse denominazioni protestanti si uniscono alle prime suore francesi e svizzere. Oggi nel paese alpino si trova anche la casa di accoglienza Sonnenhof fondata a Gelterkinden, nei pressi di Basilea, nel 1954, dove vivono sei suore di lingua tedesca, mentre altre due di loro si sono trasferite nei Paesi Bassi. Adesso le monache di Grandchamp stanno valutando l’idea di un insediamento in Israele, a condizione di poter unire le loro forze e risorse con un’altra comunità. L’avventura ecumenica continua.

di Charles de Pechpeyrou