A causa del conflitto in Etiopia molti cercano rifugio in Sudan

Il Tigray sull’orlo
di una crisi umanitaria

Profughi etiopi, all’arrivo nel campo di Tenedba a Mafaza, in Sudan (Afp)
20 gennaio 2021

Dopo oltre due mesi di combattimenti nel tormentato Stato etiopico del Tigray, centinaia di migliaia di persone, scampate alle atrocità della guerra, rischiano di morire di fame. Secondo un rapporto dell’Onu, oltre 4,5 milioni di persone — su una popolazione compresa tra i 5 e i 7 milioni di abitanti — necessitano di aiuti alimentari di emergenza. Le Organizzazioni internazionali hanno lanciato nuovamente l’allarme e chiedono libero accesso a tutta la regione, dove la situazione umanitaria si aggrava di giorno in giorno.

Le drammatiche conseguenze del conflitto nel nord dell’Etiopia — scoppiato il 4 novembre 2020 fra le truppe federali di Addis Abeba e il Fronte di liberazione del popolo dei Tigray (Tplf), terminato con la presa della capitale tigrina, Macallè, il 28 dello stesso mese — hanno spinto alla fuga migliaia di persone, tra cui donne e bambini. Oltre 500 mila tigrini hanno cercato protezione, riversandosi nel confinante Sudan.

All’origine degli scontri l’attacco perpetrato dal Tplf contro l’esercito nazionale di stanza nella zona. La reazione dei militari è stata devastante. In oltre 70 giorni di buio e silenzio mediatico, migliaia di persone hanno perso la vita nei combattimenti e nelle atrocità che solo la guerra può generare.

Malgrado la presa di Macallè, i combattimenti sono però proseguiti in varie parti del Tigray — come confermato dall’Onu — inasprendo le sofferenze di una popolazione, assediata militarmente, privata di cibo, acqua, medicine, elettricità e comunicazioni. Le Nazioni Unite hanno definito «grave» la situazione umanitaria. Secondo i rapporti, i generi alimentari scarseggiano in tutta la regione, portando a un aumento dei rischi di malnutrizione. Si trova solo cibo prodotto localmente e i prezzi sono saliti alle stelle. Ospedali e altri centri sanitari, fondamentali nel trattamento della malnutrizione, sono stati distrutti.

Dall’inizio del conflitto solo poco più di 77.000 persone hanno potuto usufruire degli aiuti umanitari, per lo più gli abitanti di Macallè e dintorni, e i 25.000 rifugiati di due campi profughi (Mai Ayni e Adi Harush), mentre gran parte del nord-occidentale, orientale e centrale del Tigray resta inaccessibile, come pure gli altri due campi (Hitsats e Shimelba).

I primi operatori umanitari che hanno avuto accesso all’area descrivono bambini indeboliti, in condizioni di salute precarie, negozi saccheggiati e profughi affamati. Cala anche la disponibilità di acqua potabile: solo due dei 21 pozzi sono ancora funzionanti ad Adigrat, una città di oltre 140.000 abitanti, costringendo molte persone a bere dal fiume.

Lo scorso 8 gennaio l’Ocha, l’Ufficio dell’Onu per gli affari umanitari, ha riferito che, sebbene parecchi residenti di Alamata, Mehoni e Macallè stiano facendo ritorno alle loro case, molte abitazioni sono state distrutte o saccheggiate.

Resta comunque difficile verificare quanto accade nel Tigray: internet e le linee telefoniche restano tuttora interrotte, eccetto in qualche zona nel sud e nell’ovest della regione.

di Alicia Lopes Araújo