Sette religiosi del Pime stroncati dal covid-19

Una vita per la missione

Padre Innocente Bentoglio
18 gennaio 2021

Dopo un anno in cui avevano resistito, asserragliati come in una cittadella murata, i nostri cari missionari anziani e ammalati, sono stati raggiunti e colpiti dal contagio nella loro casa di Rancio di Lecco. Mancava poco perché potessero essere protetti dal vaccino: ora gran parte della comunità è positiva al virus, e sei missionari sono morti nelle ultime due settimane. C’è da temere che altri ci lasceranno nei prossimi giorni. Ma non sono solo vittime del covid 19: ognuno di loro merita di essere ricordato per la vita donata alla missione: la storia di ciascuno è unica e preziosa.

Padre Alfredo di Landa (Caserta, 93 anni) fu un docente gentile e apprezzato, bibliotecario e storico appassionato, scrupoloso e attento ai dettagli; padre Bruno Mascarin (Pordenone, 91 anni), missionario tra i lebbrosi e tra gli indios a Maués (Amazzonia), venne premiato con la Medaglia Guaranà in riconoscenza per l’eccezionale dedizione all’educazione dei giovani (il don Bosco dell’Amazzonia, come qualcuno l’ha definito); padre Mario Meda (Milano, 93 anni), missionario di Birmania fino all’espulsione del 1966, è considerato l’inventore dell’adozione a distanza, una forma oggi assai diffusa di condivisione dell’impegno missionario; padre Severino Crimella (Lecco, 90 anni), missionario in Brasile, è stato chiamato a ruoli di autorità, a Roma e in Brasile, per gran parte della sua vita, apprezzato per la gentilezza e capacità di comunione; padre Sandro Schiattarella (Napoli, 95 anni), già missionario in Brasile, amava diffondere la lettura della Bibbia tra le comunità di base brasiliane e gruppi di ascolto in Italia; padre Innocente Bentoglio (Bergamo, 97 anni) era rimasto l’ultimo missionario tra quelli espulsi (era il 1966) dalla nostra storica missione in Birmania (oggi Myanmar), aveva poi continuato la missione in Brasile.

A Catania, lo scorso 15 gennaio, è purtroppo deceduto, per complicazioni conseguenti al covid 19, anche padre Giuseppe Filandia (Siracusa, 79 anni), figlio di emigranti, missionario in tre continenti. Trascorse anni avventurosi nelle isole Trobriand in Papua Nuova Guinea, dove l’aveva raggiunto la televisione australiana per documentare i costumi della gente in quelle isole remote. Aveva raccontato, inventandosi un genere letterario singolare (Gesù che racconta la vita del missionario Pippo Filandia) le sue avventure tra l’Amazzonia e la Papua (Dall’Amazzonas alle barriere coralline). Era un missionario di straordinaria simpatia, semplicità e comunicativa. È davvero un peccato che non abbia potuto, per qualche anno ancora, continuare a testimoniare il suo contagioso entusiasmo per la missione.

Nella comunità di Rancio risiede anche padre Angelo Lazzarotto, 95 anni, a cui mi lega da tanti anni amicizia e amore per la Cina. Sta piuttosto bene e quando lo chiamo, mentre gli porto i saluti e la vicinanza di tanti amici che mi chiedono di lui, mi risponde con parole di semplicità, rassegnazione e pace. Dice di saper bene di aver vissuto la sua vita, di non poter attendersi nulla di più, se non di «incontrare il buon Dio».

Questi nostri missionari sono per me come il vecchio Simeone che, secondo il Vangelo di Luca, dopo aver preso il bambino Gesù tra le sue braccia, pronuncia le parole che ripetiamo prima del riposo notturno. «Ora lascia o Signore che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele».

di Gianni Criveller