Celebrate le esequie dell’arcivescovo Oscar Rizzato, già elemosiniere pontificio

Un uomo di preghiera
umile e attento ai più deboli

Oscar Rizzato (il primo da sinistra) negli anni del seminario a Padova
16 gennaio 2021

L’arcivescovo Oscar Rizzato è stato un pastore «discreto» nel servire la Chiesa, ha coltivato «la vita interiore e l’attenzione verso i più deboli, ha svolto con umiltà e dedizione il proprio ministero, in particolare presso la Segreteria di Stato e l’Elemosineria apostolica». Uomo «vigile e garbato, è stato premuroso e lieto anche nella collaborazione pastorale, specialmente nell’amministrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana». Con queste parole Papa Francesco ha ricordato — in un telegramma a firma del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato e pregando «per quanti, un tempo poveri in terra e ora ricchi in cielo, hanno beneficiato dell’aiuto del nostro compianto fratello» — monsignor Rizzato, già elemosiniere pontificio tra il 1989 e il 2007, morto, a quasi 92 anni, lo scorso 11 gennaio nell’ospedale di Padova, dove era stato ricoverato per le conseguenze del covid-19.

Il telegramma del porporato è stato letto dal vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla, all’inizio della messa esequiale celebrata nella mattina di sabato 16, nella chiesa parrocchiale di Arsego di San Giorgio delle Pertiche, dove Rizzato era nato l’8 febbraio 1929 e dove aveva maturato la sua vocazione sacerdotale sull’esempio del parroco don Bruno Cremonese, accanto al quale è stato sepolto nel cimitero del paese.

Il vescovo di Padova ha anche ricordato le tante testimonianze di affetto e di stima per il presule scomparso, confermate dalla sentita partecipazione di tante donne e tanti uomini che hanno seguito la celebrazione in diretta streaming, scrivendo sui social parole di gratitudine e di fede. Sempre all’inizio della messa nella chiesa di Arsego, sono stati poi un cugino del compianto presule e il vicario generale della diocesi, monsignor Giuliano Zatti, a tracciarne un ricordo sacerdotale e pastorale, appassionato e non formale.

Come certamente non formali sono stati la meditazione e il ricordo suggeriti nell’omelia dall’arcivescovo Antonio Mattiazzo, vescovo emerito di Padova — e amico di una vita di «don Oscar» — che ha subito proposto la questione essenziale: «Ci poniamo una domanda importante, forse la più importante in questo momento. Dov’è ora il nostro caro monsignor Rizzato? Il suo corpo è qui consegnato a noi — ha affermato l’arcivescovo Mattiazzo — ma la sua anima, che porta con sé tutto il vissuto dei 91 anni di operosa ed encomiabile esistenza terrena, dove si trova ora?». In questo particolare tempo di pandemia, ha fatto notare, «tutti i giorni ci viene comunicato il numero dei morti per coronavirus: una cifra fredda come il ghiaccio, ma nulla, assolutamente nulla ci viene detto di cosa avviene con la morte, quale senso può avere. La scienza, la politica, tutta la potenza dell’uomo si arresta alla frontiera invalicabile della morte».

Monsignor Mattiazzo, anche con la forza scaturita dalla liturgia della parola, ha riproposto la «visione di fede» che «ci apre alla più grande speranza, non solo alle speranze corte e a volte cieche, che non mancano, ma alla speranza certa e luminosa della vita eterna oltre la morte». Del resto, ha spiegato, «essere cristiano, oggi in modo particolare, vuol dire credere e avere nel cuore questa beata speranza, saperla testimoniare e annunciare come un dono prezioso». E «in questa prospettiva — ha aggiunto — è bello e consolante pensare che la vita di monsignor Oscar non è stata annullata, ma trasformata, nella luce e nel gaudio eterno del Paradiso, parola questa che dovremmo far rifiorire nei nostri cuori e sulle nostre labbra».

«Ho avuto la felice opportunità di poterlo conoscere in alcuni tratti del suo cammino terreno» ha confidato l’arcivescovo. «La prima immagine che di lui conservo — ha detto — mi riporta ai collegio vescovile di Thiene, dove egli iniziò il ministero come vice rettore del seminario minore. Lo ricordo inginocchiato in preghiera davanti al tabernacolo. Se conservo ancor viva quell’immagine è perché mi ha impressionato. Uno che prega, in ginocchio e in adorazione silenziosa: ecco cosa ho capito di lui».

Monsignor Mattiazzo ne ha poi ricordato stile e passione nel «servizio del Papa e della Chiesa universale». Egli «ha ampliato il suo animo ai vasti orizzonti, alle situazioni e problemi del mondo e della Chiesa nel periodo pre-conciliare, del concilio Vaticano ii e del post-concilio, accanto a Papi della statura di san Giovanni xxiii , san Paolo vi , Giovanni Paolo i e san Giovanni Paolo ii ». Un esemplare «servizio al Papa e alla Chiesa universale» che l’arcivescovo ha definito «competente, assiduo, umile e distaccato».

«Per quanto concerne il carattere di assiduità — ha aggiunto — riferisco un particolare: un giorno dovevamo partire insieme per le vacanze e ci demmo un appuntamento; visto che non arrivava, andai nel suo ufficio e gli dissi di sbrigarsi, ma egli mi rispose: devo prima finire questa pratica. Non ci fu verso di smuoverlo».

Davvero «servizio umile e distaccato il suo», ha proseguito. E proprio così ha vissuto la missione di elemosiniere, che «è un esercizio della carità evangelica, svolto a nome del Papa che nella Chiesa “presiede alla carità”». Monsignor Mattiazzo ha ricordato di aver egli stesso «ha sperimentato personalmente» questa passione dell’elemosiniere Rizzato, «perché — ha detto — ho ricevuto l’aiuto della carità per le missioni in Africa. E devo pure ringraziare il cardinale Konrad Krajewski, che ricopre attualmente questo ministero, perché mi donò un’importante offerta che mi permise di organizzare un pellegrinaggio in Terra Santa di sedici cristiani etiopi, metà dei quali provenienti da famiglie islamiche e che non erano mai usciti dal loro villaggio».

«È noto, poi, che il nome di monsignor Oscar Rizzato rimane impresso sulle innumerevoli pergamene con la benedizione del Papa che ha inviato in tutta la Chiesa» ha fatto presente l’emerito di Padova. Ed «è importante coglierne il profondo significato: esso evoca il ministero del Papa nella Chiesa e per il mondo, ministero di unità nella fede e nella comunione; e dona la benevolenza e la protezione del Signore». In realtà, ha ricordato, «monsignor Rizzato ne coglieva anche l’occasione per un incontro personale, un dialogo e una catechesi».

In conclusione monsignor Mattiazzo è tornato alla domanda iniziale: «Ora ci chiediamo: monsignor Rizzato dove ha trovato la sorgente viva del suo vivere e operare come sacerdote e vescovo, la falda profonda da cui ha attinto energie di fede, di speranza e di carità? Ho evocato all’inizio la sua preghiera. Al centro della sua vita spirituale — ha concluso — vi è stata l’Eucaristia, la comunione intima con il Signore Gesù». Un insegnamento che oggi più che mai vale per tutti.