Dal restauro del Palazzo Silvestri Rivali

Torna alla luce
un’altra battaglia
di Ponte Milvio

Una delle decorazioni pittoriche presenti nelle sale del Palazzo Silvestri Rivali
16 gennaio 2021

C’è una grande scoperta che sta venendo gradualmente alla luce e che non può passare sotto silenzio, specie in un periodo in cui paiono mancare i doni. Nel palazzo di Eurialo Silvestri, segretario di Paolo iii Farnese, si ignorava che il salone d’angolo del piano nobile, l’ambiente principale — forse riservato al trono in occasione delle visite papali — decorato probabilmente da Perin del Vaga e dal Salviati, col “Salviatino” alle primissime armi, fosse illustrato da un tema raro in pittura, benché affermatissimo nella teologia: quello — diverso dalla Mater Ecclesiae — della Ecclesia mater. La Chiesa al femminile che abbraccia, riceve, trasforma e dona ogni bene nel trionfo della vita, nella generosa e gioiosa abbondanza di ciò che è naturale, nella bellezza che anche quando pare poterlo fare non può indurre in tentazione, ma solo stupire di meraviglia. Si dirà che si tratta piuttosto, con ogni evidenza, di divinità pagane, ma è pur vero che invece l’ultimo dei ritrovamenti dimostra come tutto possa cambiare, essere trasfigurato, trasformato. Diversamente riconosciuto. Gli uomini una volta tanto si fanno da parte di fronte a tanta infinita prosperità.

Cesare D’Onofrio ha già da tempo scritto (è trascorso quasi mezzo secolo) sul significato delle sedie gestatorie di porfido sulle quali sedeva il Papa al termine della processione del possesso lateranense e ha già sottolineato come in scultura sui basamenti del baldacchino del Bernini in San Pietro siano proposte da quattro facce in altorilievo le quattro espressioni femminili nel perpetuarsi della vita. Aveva scovato e indicato avvisaglie. Ma una novità trionfale del genere nel cuore di Roma, della Chiesa e del Rinascimento maturo era inattesa, pareva una anticipazione impossibile.

Come fissa la legge per i premi di ritrovamento, anche per questo straordinario rinvenimento va reso merito agli autori della scoperta che si articolano tra la proprietà degli Istituti di Santa Maria in Aquiro, che ha avuto la generosa disponibilità di concedere gratuitamente il palazzo per l’esecuzione di indagini e restauri, e il Ministero per i beni culturali che prima nella Soprintendenza archeologica e nell’Istituto Centrale del restauro, poi nella sua Direzione generale educazione e ricerca, ora estesa nella competenza anche agli istituti culturali, ha condotto e conduce un cantiere-scuola che vede il concorso di varie Università e istituti culturali. In tale ambito d’insieme le indagini in questo caso e per questo ambiente sono affidate al r.o.m.a. Consorzio. Affiancato all’intorno da molti altri gruppi di intervento.

Alle pareti, tra le porte e le finestre, è declinata, al di là di ogni specifica identificazione, la bellezza femminile dello stato interessante, attorniata da cornucopie, circondata dalla prole: le interpretazioni, per quanto varie, girano attorno ad un tema unico e inequivocabile. Quello della pace, della prosperità, dell’abbondanza.

Delle prime scoperte sul registro centrale questo giornale ha già dato notizia. Quelle nudità appena velate sono apparse verosimilmente provocanti e inadeguate quando furono celate e ricoperte da più semplici lineari e mute decorazioni a partiti architettonici, sovrammesse a più riprese, dal momento in cui il fabbricato fu destinato al Pio istituto voluto da Ascanio Rivaldi; o forse prima ancora, dagli inquilini del palazzo, dopo la morte del Silvestri.

In alto corrono scene di battaglia o di lotta che anch’esse paiono declinate al femminile col ratto delle sabine e in qualche modo perfino con la “guerra delle stoviglie”, nella centauromachia. Ma inaspettatamente al sommo della facciata di nord est, sopra le finestre che si aprono su via del Colosseo, è comparsa in scala ridotta una replica fedele quasi immediata, tratta dal Vaticano, da Giulio Romano su disegni di Raffaello: il trionfo della fede cristiana a Roma, con la vittoria a ponte Milvio di Costantino su Massenzio. Che è tanto più significativa qui, proprio nei pressi della loro basilica, elevata sul foro della pace.

Si comprende meglio allora tutto l’itinerario effigiato: grazie alla componente femminile della Chiesa, perfino dalla violenza discende e può discendere pacifica prosperità vitale, nella clemenza. Questa conversione, questa trasformazione può essere operata dolcemente, in modo materno. La lezione inclusiva della prima Roma è offerta come soluzione dal pennello nella Roma seconda.

Non si deve dimenticare che di questo palazzo è stata ripetutamente decisa, nel corso del Novecento, la demolizione (o in seguito trasformazioni tali che comunque non avrebbero mai consentito la scoperta e la restituzione di queste opere). Ma per fortuna quella ostinata quanto scellerata intenzione distruttiva è rimasta inattuata. La Velia e il palazzo Silvestri Rivaldi sono l’apologia del non finito: non finito di costruire, non finito di comprendere, non finito di indagare, non finito di demolire, non finito di ricostruire, non finito di acquisire, non finito di restaurare. Già nel 1983 Italo Insolera e Francesco Perego hanno riconosciuto e fissato questa caratteristica, evidenziandola perfino nel titolo del settimo capitolo del loro studio Storia moderna dei Fori di Roma (pp. 162-174).

di Francesco Scoppola