La sfida del libero

Quasi in sordina, senza che la stampa internazionale se ne accorgesse, lo scorso 1 gennaio è partito ufficialmente l’African Continental Free Trade Area (Afcfta). In ritardo di qualche mese a causa della pandemia di coronavirus (originariamente la data di entrata in vigore era stata fissata per il 1 luglio 2020), il trattato di partenariato definisce la nuova geografia economica a livello continentale.
Congiuntamente ai protocolli che regolano lo scambio dei beni e dei servizi e la risoluzione delle dispute, l’Af
Nel corso della 13a sessione straordinaria dei capi di Stato e di governo dell’Unione africana (Ua) sull’Af
Naturalmente, prima di raggiungere l’implementazione effettiva dell’accordo commerciale serviranno anni. Ad oggi, sono ancora aperti i negoziati sulle tariffe, mentre i Paesi che sono in conflitto tra loro, avendo chiuso le frontiere, devono impegnarsi nella normalizzazione dei rapporti. A ciò si aggiunga la definizione di un calendario certo degli impegni in materia di scambi di servizi. L’Af
La posta in gioco è alta se si considera che l’Af
Un dato molto interessante, che non deve essere sottovalutato, è il grande interesse manifestato dal governo di Pechino nei confronti dell’Af
L’Europa, dal canto suo, potrebbe assolvere questo compito soprattutto sul versante del Green Deal. E a questo proposito le sfide, non riguardano sole le energie rinnovabili, ma anche il settore agricolo. Guardando al futuro, soprattutto in considerazione dei cambiamenti climatici, occorre ridurre gli sprechi che oggi vedono molta parte della produzione agroalimentare deteriorarsi o perdersi, perché mancano sistemi di conservazione dei prodotti. Ma perché tutto questo sia possibile è importante che vi sia la volontà politica per rendere concretamente attuativo l’Af
Come ha osservato pertinentemente il professor nigeriano Ndubuisi Ekekwe in un articolo pubblicato sull’Harvard Business Review, «l’Africa deve incoraggiare il consumo interno e il commercio ad intra, portare avanti l’accordo di libero scambio continentale africano, creare una moneta unica africana, migliorare le infrastrutture e investire nell’istruzione». Sempre secondo l’autore, solo a queste condizioni il continente potrà industrializzarsi, poiché dispone di mercati considerevoli per sostenere la crescita delle proprie aziende.
L’Africa dunque in prospettiva potrebbe arrivare e basare la propria economia non solo sulle esportazioni di commodity, ma anche sulla produzione di beni a basso costo destinati al mercato interno ed eventualmente all’export fuori dal continente. Occorre tenere presente che la forza lavoro, per ragioni demografiche e sociali, sarà concentrata nei prossimi decenni prevalentemente in Africa. Una trasformazione dell’architettura economica africana di questo tipo non è certamente scontata, anche perché molto dipenderà dai reali investimenti nel settore industriale, dalle dinamiche difficilmente prevedibili all’interno dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) e dalla capacità dei governi locali di promuovere politiche di Welfare rispettose della dignità dei lavoratori.
Per venire incontro alle esigenze degli imprenditori è stato presentato ufficialmente, il 5 dicembre scorso, in occasione del vertice virtuale della Ua, un nuovo strumento di intelligence commerciale che consentirà alle aziende di esplorare e confrontare facilmente le opportunità commerciali in tutta l’Africa, nell’ambito della nuova area di libero scambio continentale. Si tratta dell’African Trade Observatory (Osservatorio sul commercio africano) presentato dall’Unione africana, dalla Commissione dell’Unione europea (Ue) e dal Centro per il commercio internazionale (Itc).
Questa piattaforma digitale fornirà una gamma di indicatori in tempo reale sui flussi commerciali, l’utilizzo delle preferenze tariffarie Af
Considerando gli effetti devastanti causati dal coronavirus sulle economie nazionali africane, spetta ora alle classi politiche l’impegno di promuovere lo sviluppo, innescando il circolo virtuoso di un libero scambio commerciale che impedisca la fuga di capitali, rafforzi l’economia reale e accresca il benessere. A questo dovrebbe servire il mercato africano, contribuendo in tal modo allo sviluppo economico sostenibile, in linea con l’Agenda 2030 incentrata sui Sustainable Development Goals (
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