La docu-serie «Dottori in corsia»

La grande bellezza
della normalità

 La grande bellezza della normalità  QUO-007
11 gennaio 2021

Non parla solo di malattia, di sofferenza e inevitabilmente di paura, la docu-serie Dottori in corsia - Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Parla anche dell’amore profondo dei genitori per i figli e di quello dell’uomo per la vita: delle sue sfide per scrivere un futuro luminoso anche quando la corrente tira forte nella direzione opposta. Parla dell’amore che l’essere umano sa provare per il prossimo mettendo le sue competenze al servizio di ogni vita, per mantenerla dignitosa e il più possibile bella. Quell’amore che i medici e gli infermieri dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù versano nel lavoro delicato e rischioso che portano avanti quotidianamente in questa struttura d’eccellenza a livello europeo, nuovamente raccontata nella quarta stagione di Dottori in corsia.

Sono nove le nuove puntate del programma prodotto dalla Stand by me di Simona Ercolani in collaborazione con Rai Fiction, e vanno in onda dall’11 gennaio su Rai3 alle 23.15. Raccontano nuove battaglie contro malattie spesso molto complesse e rare, combattimenti lunghi, faticosi e sofferti. Lo fanno attraverso un viaggio sobrio ma mai freddo, asciutto ma partecipato, tra i reparti di cardiologia, chirurgia neonatale, epatologia, reumatologia, neurologia, nefrologia, terapia intensiva del Bambino Gesù, e nel suo Centro Covid di Palidoro, visto che «per la prima volta — come spiega il comunicato stampa — le telecamere sono entrate in un reparto Covid pediatrico per raccogliere le storie di bambini che hanno manifestato i sintomi della cosiddetta “Falsa Kawasaki”». Più in generale Dottori in corsia documenta come, «nel contesto inedito del covid-19, l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù non si sia fermato e abbia continuato a salvare e guarire i piccoli pazienti», e come, nonostante i difficili mesi del 2020, «non ha mai interrotto l’attività dei trapianti che è proseguita regolarmente tra tutte le difficoltà, come testimoniano le storie di due bambine sottoposte a trapianto a marzo in pieno lockdown».

Dottori in corsia le racconta senza voler speculare sul dolore o abusare della sofferenza dei giovani pazienti e dai loro familiari, con il desiderio, invece, di illuminare l’impegno corale che può fare la differenza nel contrasto alla malattia e per offrire coraggio e forza a chiunque entri in contatto forzato col nostro essere complessi e fragili. Per questo Mariella Enoc, presidente dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, ha spiegato che questa docu-serie «si conferma come espressione di autentico servizio pubblico» e per farlo non ha bisogno di aggiungere nulla alla verità delle sue testimonianze: la loro forza basta per far riflettere e commuovere.

Ci riesce, nella prima puntata, la storia di Mattia, che ha 17 anni e ama correre, ma soffre di una displasia al cervello che gli procura un’epilessia farmacoresistente. Ci riescono le parole dei suoi genitori dopo l’intervento e ci riesce, sempre nella prima puntata, il piccolo Davide che ha la sindrome di Vacterl e un padre al quale è molto legato. Si chiama Luigi e ha deciso di donare il rene al figlio perché possa guarire. Dal letto del Bambino Gesù in cui si trova dopo l’intervento, al piano superiore rispetto a quello in cui è ricoverato Davide, gli manda un videomessaggio in cui gli dice di avere «coraggio».

Lo stesso presente in una strofa della canzone Che sia benedetta di Fiorella Mannoia, scelta come nuova sigla di Dottori in corsia: quella che parla della possibilità di trovare se stessi attraverso il coraggio, attraverso quella «prova — spiega Federica Sciarelli — che in queste esperienze è sia dei figli che dei genitori». La giornalista torna, dopo la stagione scorsa, a incontrare i medici e ad ascoltare pazienti e familiari, a introdurre e descrivere con pudore e rispetto le loro storie, a guidarci con discrezione in un’immersione non leggera ma importante, forte ma educativa e non solo dolorosa. A farci ascoltare un racconto autentico del reale attraverso il quale proviamo compassione e tensione quando i medici spiegano quello che faranno e poi si mettono al lavoro. Desideriamo il risultato migliore per quella famiglia che non può far altro che aspettare l’esito di un intervento complicato e rischioso. Proviamo gioia all’arrivo della guarigione e al ritorno alla normalità di vite comuni e straordinarie che vivono come un grande risultato anche un piatto di spaghetti masticato senza problemi dal proprio figlio. Impariamo dalle parole del papà di Davide che dice «Da lì ho capito come bisogna vivere: pensando giornalmente a ciò che c’è da fare». È stata una «lezione sofferta»: ci ha messo anni per arrivarci, ma oggi può dire di essere «felice». E allora Dottori in corsia è anche il racconto della bellezza immensa ma sfuggente della normalità.

di Edoardo Zaccagnini