Atlante - Cronache di un mondo globalizzato

Stati Uniti: l’ora
della riconciliazione

Una donna piange la morte di Ashli Babbitt, uccisa durante l’assalto di mercoledì
08 gennaio 2021

Un Paese diviso a metà, fra due verità parallele, affronta un periodo incerto e pieno di incognite, quasi senza precedenti nella sua storia. E ora cerca la riconciliazione. L’assalto a Capitol Hill, partito fra toni farseschi e finito nella tragedia di cinque morti, è tuttavia una pagina che non sarà facile girare. E che ha inaugurato una stagione nuova della democrazia statunitense. Trump, e la sua eredità, non sembrano disposti ad uscire di scena anche se il presidente ha finalmente lanciato il segnale del via libera ad una serena transizione.

Le immagini del Campidoglio scalato, invaso, devastato, e dei parlamentari in fuga incalzati da personaggi coperti da pelli sintetiche di bisonte, ha scioccato tutta la Nazione. Ma la Nazione è divisa, secondo sondaggi ed analisti, fra chi pensa che si sia trattato di un oltraggio, di una ferita alla democrazia, e chi — pur condannando la violenza — ha accettato la narrazione del «furto delle elezioni». Non c’erano solo folkloristici personaggi fra i contestatori del congresso. Fra le migliaia di persone che hanno facilmente abbattuto le transenne di protezione del Campidoglio, tantissime appartenevano all’impoverito ceto medio bianco americano. Gente che si è messa in auto dai quattro lati degli Stati Uniti senza un’organizzazione ma solo per la convinzione di essere stati defraudati di qualcosa di prezioso: la verità che è stata loro narrata per due mesi, dai risultati elettorali del 3 novembre.

È questa la ferita americana. Una ferita da sanare. Non è un caso che Donald Trump abbia dismesso i toni incendiari e, riammesso sulla piattaforma Twitter che l’aveva bannato nei momenti tragici, abbia usato due parole nuove. «Guarigione» e «riconciliazione» ha raccomandato rivolgendosi in video «all’unica famiglia» americana. Rispetto a due giorni fa un completo cambio di passo. La transizione avverrà per le vie più serene, garantite da Trump per la prima volta dal 3 novembre, al presidente eletto Biden. Perché la grande famiglia americana ha bisogno di unità.

di Chiara Graziani