Una mostra curata da Diego Mormorio

Scatti (inediti) d’autore

Una foto scattata da Leonardo Sciascia ed esposta alla mostra allestita nella sua città nativa
08 gennaio 2021

Sono ventisette le fotografie inedite che caratterizzano e impreziosiscono la mostra, a Racalmuto, Leonardo Sciascia e la Fotografia, curata dal noto storico, critico della fotografia e saggista Diego Mormorio, e ospitata dalla Fondazione intitolata allo scrittore siciliano. Si tratta di istantanee scattate al principio degli anni Cinquanta del secolo scorso che fissano tappe del faticoso processo di rinascita di un mondo impegnato a ridestarsi dalle fumanti ceneri della seconda guerra mondiale.

Foto mai pubblicate prima: dunque una primizia che fa di questa esposizione un vero e proprio fiore all’occhiello nell’ambito delle celebrazioni indette per il centenario della nascita dello scrittore.

Attraverso una narrativa asciutta e rigorosa Sciascia si qualifica come un ricercatore, appassionato e accanito, della verità, nel segno di un’etica della coscienza che lo guida e lo rende refrattario a tergiversazioni e a compromessi.

Le sue fotografie si configurano come una perfetta integrazione di tale narrativa: anch’esse, infatti, nella loro spartana sobrietà, vanno alla ricerca di una verità che si manifesta nell’espressione di una quotidianità colta nella sua disarmante naturalezza. Sciascia ha sempre amato la fotografia. Tra i suoi amici si annoverano artisti dell’immagine, da Enzio Sellerio a Ferdinando Scianna, da Giuseppe Leone a Melo Minnella. Una passione, quella per il linguaggio della fotografia, che vede lo scrittore impegnato per anni, a partire da Feste religiose immortalate da Ferdinando Scianna nel 1965: si dispiegherà poi un ampio ventaglio di prefazioni e introduzioni. Ma fotografo egli stesso? Ebbene sì.

I suoi scatti celebrano paesaggi ancora poco toccati dall’uomo; le città sono colte nei momenti di quiete e di silenzio; vengono accarezzati teneri ricordi familiari. Spiccano le sagome di due ciclisti sotto gli archi di pietra del centro di Randazzo, in provincia di Catania, e s’impone una figura femminile ammantata di nero che si inerpica per le scale, verso le torri orientaleggianti di una chiesa.

Ci sono scatti che fissano, nella sua Racalmuto, ragazzi immersi nella polvere, e una contadina che, casa per casa, munge e vende il latte delle sue capre.

Per Sciascia la fotografia, scrive Mormorio nell’introduzione al catalogo della mostra, è «la forma per eccellenza: colta in un attimo del suo fluido significare, del suo non consistere, la vita improvvisamente e per sempre si ferma, si raggela, assume consistenza, identità, significato. È una forma che dice il passato, conferisce significato al presente, predice l’avvenire».

Anni fa, nella nota che introduce Gli scrittori e la fotografia, un volume curato da Mormorio, Sciascia scrive: «Per abolirlo o per fermarlo, per abolirlo fermandolo, la fotografia si può dunque dirla una guerra contro il tempo, non illustre, umile e quotidiana piuttosto, ma appunto nel suo essere umile, nel suo essere quotidiana, nel suo essere oggi ovunque in agguato e invadente, in un certo senso violenta, raggiunge e sorpassa — anche nei suoi risultati più grezzi, più brutali o banali — le altre forme già illustri, di guerra contro il tempo: la storia, il romanzo. Contemporaneamente — sottolineava Sciascia — la macchina fotografica, con la sua possibilità di fissare ogni attimo del divenire, forniva al nascente positivismo il più grande archivio di fatti, creando il mito della verità fotografica».

di Gabriele Nicolò