«Non stiamo tutti al mondo allo stesso modo» di Jean Paul Dubois

Cronache dalla reclusione

 Cronache   QUO-005
08 gennaio 2021

Cara Giulia, in pochi conoscevano Jean Paul Dubois prima che vincesse il premio Goncourt con Non stiamo tutti al mondo allo stesso modo (Firenze, Ponte alla Grazie, 2020, pagine 240, euro 16). Un romanzo avvincente, un lungo monologo che trascina il lettore perché pervaso da una malinconia profonda, ma al tempo stesso limpida, serena, capace di essere in bilico tra dramma e commedia. Chi è Paul Hansen, la voce narrante?

Cara Flaminia, Paul Hansen è in una prigione di Montereal. Sta scontando una pena ma noi lettori non sapremo, fino alla fine, di quale colpa si sia macchiato. La cella è il luogo dove Paul trascina i giorni e le notti, capiamo subito che è un mite, un uomo buono e generoso che non vuole sconti di pena perché non è pentito. Ha imparato a convivere con il gelo invernale che si fa sentire quando all’esterno la temperatura scende anche a meno trenta, con i topi che scorrazzano indisturbati, con i rumori che provengono dalle viscere dell’enorme edificio in cui è recluso.

Flaminia : Bello il personaggio del compagno di cella, Patrick Horton, un gigante d’uomo, accusato della morte di un motociclista in uno scontro tra bande rivali. Patrick è un duro, sempre carico di rabbia, ogni tre parole infila una parolaccia, lancia di continuo invettive ad alta voce con la promessa di «spaccare in due» l’oggetto della sua rabbia. Tra Paul e Patrick nasce una carica di umana simpatia che aiuta entrambi. Paul avverte «qualcosa di nobile nella selvatichezza animalesca di Horton, qualcosa che lo pone al di sopra dei suoi giudici e delle sue guardie».

Giulia : Sono per Paul un provvidenziale sollievo la compagnia di fantasmi gentili, quelli della giovane moglie Winona e della sua cagnetta Nouk. Sia Winona che Nouk sono morte ma Paul “sente” la loro presenza specialmente con l’arrivo della notte, quando finalmente le giornate cupe e identiche della vita carceraria si concludono e tra cielo e terra pare scendere una tregua, una specie di pace. E in questo spazio limbico, dove ogni separatezza tra vivi e morti scompare, Paul, confortato dai suoi gentili fantasmi, ripercorre a grandi tappe la sua vita.

Flaminia: Dall’infanzia e prima giovinezza in Francia, a Tolosa, dove la madre, in pieno Sessantotto, gestisce un cinema d’essais e partecipa alle lotte studentesche mentre il padre, un danese pervaso da una solida fede, è ministro di culto di una Chiesa riformata. In quel tempo Paul si vergognava d’essere figlio di un pastore e mentiva ai compagni di liceo dicendo che il padre commerciava in farina di pesce. Quando i genitori finiscono per separarsi (troppo differenti le strade che hanno preso), Paul segue il padre che è andato in Canada a gestire una piccola parrocchia nel Quebec. E qui, dopo esperienze varie di lavoro, trova una occupazione stabile: custode e tuttofare in un condominio alto borghese. L’incontro con Winona e poi Nouk ha reso perfetta la vita di Paul, non chiede altro. Ma la vita scompiglia le carte…

Giulia : Il lungo racconto che il protagonista fa a noi lettori è tutto un va e vieni dai sei metri quadri della cella al “fuori”, luoghi dove ha vissuto, è cresciuto, ha lavorato. Paul in realtà ha vissuto sempre senza ben sapere come dar forma alla sua vita, forse disorientato da genitori così diversi tra loro che però non giudica mai. Parla di quel tempo lontano come di un tempo in cui circolava tra loro una specie di felicità. Dubois mette in bocca a Paul un linguaggio pulito, senza sbavature, in molti tratti poetico.

Flaminia: Una felicità piena il protagonista la raggiunge negli anni vissuti con Winona, un personaggio bellissimo. Discende da una famiglia di nativi algonchini, di cui conserva gelosamente miti e leggende, dalla quale ha derivato un rapporto speciale con la natura, la capacità di leggere i messaggi del vento, ascoltare gli alberi stormire, l’amore per gli animali. È una donna intrepida, guida aerei che collegano le terre intorno ai grandi laghi.

Giulia : Io sono stata colpita dal personaggio del padre di Paul, il pastore Hansen, evocato dal figlio con toni di amore struggente e di profonda pietas, soprattutto quando ne tratteggia il declino come uomo e come pastore. Johanes Hansen infatti a un certo punto della sua vita si è reso conto di aver perso la fede ed è trafitto da questa rivelazione. Sbigottito e inerme perde il senso del suo stare al mondo e Paul, da figlio, diventa il padre di suo padre.

Flaminia: Tanti i temi che attraversano il romanzo: la colpa, la punizione, il giusto e l’ingiusto. E spesso i nostri giudizi di valore entrano in crisi, ci chiediamo come ri-definire concetti come il buono e il cattivo, il bene e il male.

Giulia : Non era facile raccontare la promiscuità di una cella di sei metri quadri, l’inesistenza di ogni forma di privacy, non era facile raccontare il carcere con i suoi odori, il gusto insipido quando non disgustoso dei pasti, l’afrore dei corpi, il gelo delle mura. Dubois non scade mai in descrizioni grossolane, volgari, crude. Al contrario di molta narrativa di moda che ammicca al gusto di un lettore avido di effetti pulp.

di Giulia Alberico
e Flaminia Marinaro