MUSICA POPOLARE
Il ruolo dei musicisti nelle rappresentazioni presepiali

Il sogno del pastore Benino

 Il sogno del pastore Benino  QUO-003
05 gennaio 2021

Un ventaglio di canti di alto valore simbolico


Nelle rappresentazioni presepiali tipiche della tradizione italiana i musicisti rivestono un ruolo simbolico molto importante. Cerimonieri dell’avvenuta profezia evangelica, i tanti suonatori che caratterizzano la scena presepiale vengono presentati all’interno di spaccati di storia quotidiana dove il fare musica è un elemento essenziale e naturale. È così importante la loro funzione che gli artisti presepiali da sempre ricostruiscono con pregevole attenzione miniaturistica i musicisti nell’atto di suonare collocando l’immagine all’interno di varie scene fra cui spiccano gli zampognari, sempre protagonisti delle rappresentazioni della Natività. Nei tanti presepi in stile settecentesco napoletano che ancora vengono allestiti sia nelle chiese che in moltissime case dell’Italia centro meridionale ai suonatori di chitarre e “tammorielle”, di "tiorbe a taccone” e “colasciune”, di “viole” e “violune” spetta il compito di animare molte scene ambientate nelle tipiche taverne. Nelle riproduzioni di strumenti a corde come la “tiorba a taccone”, un cordofono di grandi proporzioni suonato con un’apposita penna (taccone) o il calascione, gli artisti presepiali sfoggiano una straordinaria ricercatezza nei particolari, realizzando una serie di intarsi di osso, avorio e madreperla. Ma quello che più colpisce è la raffigurazione dei volti scavati e rugosi dei personaggi che sembrano richiamare alcune descrizioni di sant’Alfonso de’ Liguori sui “lazzari” napoletani, quei poveri e umili pastori costretti a vivere in condizioni esistenziali di indigenza e fame endemica a cui il messaggio evangelico dona fede e speranza.

Intorno alla presenza di questi personaggi si sono diffusi moltissimi canti che fanno da corona alle scene presepiali come quello riportata nell’esempio qui allegato che richiama i motivi narrativi tipici del repertorio di Sant’Alfonso: «Jettero li pasturi alla capanna / pe’ ritrovà Giuseppe co’ Maria / a mmiezz’’a loro c’era un bianco viso / ch’era ‘nu piezze de’ Paradiso / restareno incantate e a voccaperta / pe’ tanto tempo senza di’ parola / jettarono suspire da dint’o core / cacciarono a migliaia atte d’ammore / Pigliata confidenza se mettetero a sonare / e a cantà co’ l’angeli e co’ Maria / co’ ‘na voce ch’era accussì doce / ca ‘o Bammeniello s’addurmette in pace / E Ninnillo mio si’ tu / e si tu sole d’amore».

Un altro dei personaggi più affascinanti e di grande valenza simbolica delle raffigurazioni presepiali è il pastore Benino. La leggenda popolare presenta questo personaggio mentre sta dormendo nello stesso presepe che sta sognando e, poiché quel presepe è il frutto del suo sogno, svegliare Benino vorrebbe dire l’istantanea estinzione del presepe. Ispirato dal passo evangelico che descrive l’annuncio degli Angeli ai pastori dormienti, il sogno di Benino non deriva però da un semplice sonno ozioso di un giovincello stanco ma rappresenta invece il momento in cui l’uomo accoglie nella sua totale pienezza l’evento straordinario del mistero dell’Incarnazione. Tanto che nel suo sognare egli stesso diventa protagonista delle trasformazioni del creato e della natura che gli appaiono attorno.

Ed è per questo che nei presepi il pastorello Benino viene collocato nel punto più alto della scena: perché la sua visione, tra viottoli, discese, e dirupi, sfocia attraverso un viaggio denso di simboli ed interpretazioni nella grotta sottostante, dove sono collocati Giuseppe, Maria e Gesù Bambino.

Il valore simbolico di questo personaggio ha dato vita a numerose narrazioni fra cui quelle legate alla famosa Cantata dei Pastori, un’originale opera drammaturgica attribuita ad Andrea Perrucci, segnata da un successo plurisecolare nella forma sempre rimaneggiata e arricchita, pubblicata a Napoli nel 1698 con il titolo originale Il vero lume tra l’ombre. Nella Cantata la scena del primo atto si apre con il dialogo con Benino e il padre Armenzio che lo ha svegliato da un sogno straordinario in cui ha visto la terra trasformarsi in Paradiso. Attorno a questa scena sono nate anche alcuni componimenti musicali conosciuti come Il sogno di Benino, che vengono ancora eseguiti come prologo alle tante rappresentazioni di Presepi viventi meridionali, fra questi spicca l’esempio qui riportato diffuso nell’area del Lazio meridionale: «Mentre sognavo / d’un tratto si apre il cielo / piove argento e oro / il mondo era tutto un tesoro / I fiori erano pietre preziose / dai fiumi scorre l’argento / dalle viti pendevano grappoli / di brillanti topazi e rubini / E mentre guardavo estasiato / vedo apparire una luce / sorge dalla grotta di Betlemme / grande come cento soli / E mentre quella luce s’alzava / sento una voce che mi dice / Vieni a me figlio mio / che Io sono sceso in terra / In mezzo a quello splendore / vedo un bambino che mi chiama / ha sul viso raffigurato / il Paradiso».

di Ambrogio Sparagna