Il virus è costato mille miliardi di dollari e nel 2021 si tradurrà in 235 milioni di persone bisognose di aiuti

Il terremoto covid
fa tremare
l’economia mondiale

A woman wearing a face mask checks her mobile phone on a BTS commuter train in Bangkok on January 4, ...
04 gennaio 2021

Il terremoto covid, che ha fatto tremare l’economia globale, è costato finora mille miliardi di dollari e nel 2021 si tradurrà in 235 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria, con un aumento del 40% rispetto al 2020. A tracciare questo quadro desolante è il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo. «Le prospettive delle esigenze umanitarie nel prossimo futuro sono le più desolanti mai pensate» ha annunciato il responsabile degli Affari umanitari dell’Onu, Mark Lowcock, sottolineando il fatto che il covid ha causato «una carneficina in tutti i Paesi più fragili e vulnerabili del pianeta». Le sfide da affrontare nel 2021 sono dunque enormi e secondo il rappresentante Onu «sarà un risultato importante se concluderemo l’anno senza grandi carestie». Il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo aveva lanciato l’allarme su quali danni economici avrebbe provocato il virus già nel marzo scorso, prima che la diffusione del covid-19 fosse certificata come pandemia.

L’Agenzia dell’Onu aveva avvertito come la nuova ed inedita situazione fatta di divieti di viaggio, restrizioni alla circolazione, persone costrette a lavorare da casa, uffici chiusi e misure di contenimento avrebbe gravato pesantemente sull’economia mondiale. Per questo il Fondo monetario internazionale (Fmi) e la Banca mondiale avevano previsto un’iniezione multimiliardaria di fondi globali sostenuti dalle Nazioni Unite messi a disposizione dei mercati emergenti e a basso reddito. Nonostante questi aiuti, le prospettive, soprattutto per i sei miliardi di persone che vivono nei Paesi in via di sviluppo, sono fosche, secondo l’Agenzia dell’Onu. A maggio, il Dipartimento degli affari economici e sociali delle Nazioni Unite (Desa) aveva previsto che l’economia globale si sarebbe contratta di quasi il 3,2% entro il 2020, mentre l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) avvertiva che quasi la metà della forza lavoro mondiale avrebbe visto venire meno i propri mezzi di sussistenza a causa del continuo calo del numero di ore lavorate per il lockdown. Il mese successivo, la Banca mondiale ha confermato che il mondo era nel bel mezzo della peggiore recessione dalla seconda guerra mondiale.

In particolare la pandemia ha colpito duramente i lavoratori poco qualificati sia nei paesi ricchi che in quelli in via di sviluppo. Nel settore dei servizi si sono verificati licenziamenti di massa, in particolare in settori come il turismo, il commercio al dettaglio, il tempo libero e l’ospitalità, i servizi ricreativi e di trasporto. A dicembre, l’Oil ha pubblicato un rapporto che mostra come gli aumenti salariali stanno rallentando decisamente, le persone più colpite sono le donne, i giovani e i lavoratori meno retribuiti: un operaio su sei ha smesso di lavorare a maggio e chi ancora lavora ha visto il proprio orario ridotto di quasi il 23%. E questo andamento negativo, secondo gli esperti, dovrebbe continuare anche con l’arrivo dei vaccini.

Di fronte a questa ondata di segnali negativi, le Nazioni Unite hanno avanzato l’idea di un reddito di base universale. A maggio, una relazione della Commissione economica Onu per l’America Latina e i Caraibi ha proposto che i governi garantiscano trasferimenti temporanei immediati di denaro contante per aiutare milioni di persone che in quella parte del mondo lottano per soddisfare i loro bisogni di base. Secondo Kanni Wignaraja, esperto del Programma Onu sul commercio e lo sviluppo «se non c’è un reddito minimo su cui fare affidamento quando si verifica questo tipo di shock, le persone non hanno scelta e rischiano di soccombere alla fame o ad altre malattie, molto prima di ammalarsi di covid». Ecco perché, secondo l’Onu, è così «essenziale rilanciare il dibattito sul reddito di base universale e renderlo una parte centrale dei piani di stimolo fiscale che i Paesi stanno prendendo in considerazione».

Già l’estate scorsa il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo aveva raccomandato un reddito di base universale temporaneo per le persone più povere del mondo come mezzo per rallentare la diffusione del covid-19 e consentire a quasi tre miliardi di persone di rimanere nelle loro case. I lavoratori che non hanno una rete di sicurezza sociale non hanno altra scelta che cercare lavoro all’esterno, mettendo a rischio la loro salute e quella dei loro familiari. Il Programma per lo sviluppo rileva, dunque, che laddove il reddito di base è stato adottato è accertato che ha contribuito a rallentare la diffusione del virus e a fornire una rete di sicurezza per coloro che ne avevano bisogno e cita come esempio la Cambogia dove il governo ha istituito un sistema di trasferimento digitale di denaro contante per le persone che vivono al di sotto della soglia di povertà. Così come hanno fatto i governi del Bangladesh, dell’Indonesia, della Malesia, delle Filippine, del Vietnam e altri Paesi.

di Anna Lisa Antonucci